LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13362-2020 proposto da:
B.C., nella qualità di titolare dell’impresa individuale A.B.C. di B.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE CORONAS, rappresentata e difesa dall’avvocato LUIGI BARBONE;
– ricorrente –
contro
R.B. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE SANT0,68, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA FONSI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato WILLIAM ARGENTI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3749/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 18/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.
RILEVATO
che:
1. B.C., quale titolare dell’impresa individuale A.B.C. di B.C., propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 6022/2015 reso dal Tribunale di Milano su istanza della R.B. S.p.A. quale concessionaria del ramo d’azienda della Sicam S.r.l. In via preliminare eccepì l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore del tribunale di Palermo o di Reggio Emilia. Nel merito contestò l’esistenza del debito, deducendo di aver già provveduto al pagamento dei corrispettivi delle fatture azionate monitoriamente, ed in ogni caso ne contestava la quantificazione.
Il Tribunale di Milano con sentenza n. 6463/2017 confermò la propria competenza territoriale e rigettò l’opposizione ritenendo che l’istante non avesse fornito prova adeguata del pagamento del credito vantato da B. nei suoi confronti.
La Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 3749/2019 del 13 settembre 2019, a conferma della decisione del giudice di primo grado, ha rigettato l’appello proposto dall’A.B.C. di Claudia B. ritenendo non provata l’estinzione del debito anche alla luce della documentazione contraddittoria e confusa allegata dall’appellante.
3. Avverso tale pronuncia Claudia Bizzaro, nella qualità di titolare dell’impresa individuale A.B.C. di B.C. propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi illustrati da memoria.
Resiste la R.B. S.p.A. con controricorso.
CONSIDERATO
che:
4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione gli artt. 1193 e 2697 c.c., nonché in relazione ai principi in materia di responsabilità contrattuale come codificati dalla Suprema Corte. La Corte d’Appello avrebbe violato il principio consolidato in giurisprudenza secondo cui allorquando il convenuto eccepisca il pagamento del debito dimostrando di aver corrisposto all’attore una somma idonea alla sua estinzione, l’attore, il quale controdeduca che l’eseguito pagamento sia da imputare ad un debito diverso da quello dedotto in giudizio, ha l’onere di provare l’esistenza di tale altro suo credito, nonché la sussistenza della condizioni necessarie per l’allegata diversa imputazione.
4.1 Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 115 e 116. Sostiene che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto adeguatamente in considerazione la documentazione allegata, attestante l’effettivo pagamento del credito vantato dalla B. ed avrebbe sollevato quest’ultima dall’onere di provare la diversa imputazione dei pagamenti ad altri debiti.
4.2 Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 112 c.p.c. La Corte d’Appello si sarebbe illegittimamente sostituita alla parte nell’onere di provare l’inidoneità dei documenti a dimostrare l’avvenuto pagamento delle fatture azionate monitoriamente.
5. I tre motivi congiuntamente esaminati sono inammissibili in quanto le censure avanzate dal ricorrente si sostanziano in una rivalutazione delle circostanze di fatto non suscettibili di essere oggetto di esame in questa sede.
Come costantemente affermato da questa Corte, spetta, in via esclusiva, al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne’ il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr., tra le più recenti, Cass. civ. Sez. I, 19/06/2019, n. 16497).
La Corte d’Appello ha esaminato e preso posizione su tutta la documentazione complessivamente allegata dalla ricorrente ed al giudice di legittimità spetta esclusivamente il controllo sulla correttezza giuridica e logica delle argomentazioni adottate dai giudici di merito, senza poter varcare tale limite.
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
6.1. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, a 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 5.000 oltre 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 18 maggio 2020.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2021