LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6947-2012 proposto da:
Agenzia del Territorio, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
Equitalia Polis spa, elettivamente domiciliata in Roma, via Sicilia 66, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Augusto Fantozzi, Edoardo Belli Contarini e Francesco Giuliani;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10/V/11 della CTR L’Aquila, depositata il 2 marzo 2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/05/2021 dal relatore DARIO CAVALLARI;
letta la memoria del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Celeste Alberto, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Gest Line spa (ora Equitalia Sud spa) ha impugnato davanti alla CTP di Teramo il provvedimento n. 8018 del 2006 con il quale l’Ufficio provinciale di Teramo aveva respinto la sua istanza di rimborso di somme pagate per visure ipotecarie e catastali, per complessivi Euro 2.455,00.
Essa ha evidenziato di svolgere l’attività di concessionario del servizio di riscossione e di avere conferito alla Sistemia spa un mandato speciale con rappresentanza affinché procedesse a varie attività, con facoltà di sostituire a sé altri mandatari.
A sua volta, Sistemia spa aveva nominato tali mandatari.
La CTP di Teramo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 247/02/2007, ha accolto il ricorso.
L’Agenzia del Territorio ha proposto appello che la CTR L’Aquila, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 10/5/2011, ha rigettato.
L’Agenzia del Territorio ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Equitalia Sud spa si è difesa con controricorso.
La Procura generale presso la Corte di cassazione ha depositato memorie. Parte controricorrente ha depositato memorie.
Fissato all’udienza pubblica del 4 maggio 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, sopravvenuto art. 23, comma 8 bis, inserito dalla legge di conversione L. n. 176 del 2020, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c. nonché D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, perché la motivazione della sentenza impugnata sarebbe stata apparente.
La doglianza è infondata.
Infatti, dalla lettura della decisione impugnata emerge come la CTR abbia affrontato in maniera compiuta le contestazioni di parte ricorrente, esponendo le ragioni in diritto del proprio convincimento, in particolare con l’esame dei rapporti fra mandante e mandatario nello specifico settore interessato, che non ostavano, alla luce della ratio del sistema e dei principi e delle direttive della riforma della riscossione del 1999, al riconoscimento delle esenzioni richieste alla società controricorrente.
La circostanza, poi, che la motivazione contestata sostanzialmente coincida con quella della sentenza di primo grado non ha alcun rilievo, atteso che le questioni giuridiche trattate erano le stesse e che, comunque, la CTR ha risposto ai motivi di appello dell’Agenzia del Territorio, come riportati nella sua sentenza.
2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia del Territorio lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 47 bis atteso che la CTR avrebbe errato nell’estendere le disposizioni di favore negoziale, i cui effetti si riversano direttamente nella sfera giuridica del mandante e sono ad esso immediatamente riferibili. Ne consegue che, nel caso di incarico conferito da un concessionario del servizio di riscossione ad una società di effettuare in suo nome e per suo conto visure ipocatastali, essendo l’attività’ svolta direttamente’ riferibile al mandahte, si applica anché al mandatario e al submandatario la cui nomina sia preventivamente autorizzata la previsione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 47 bis nel testo vigente prima della modifica di cui al D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 83, comma 23 ter, convertito in L. 6 agosto 2008, n. 133, che prevedeva il rilascio a titolo gratuito delle visure ipotecarie e catastali relative agli immobili dei debitori iscritti a ruolo e dei coobbligati solo “ai concessionari”. Ne’ tale interpretazione può ritenersi preclusa dal divieto di analogia, dall’attinenza dell’attività a rapporti pubblicistici o dalla citata modifica dell’art. 47 bis, che ha esteso la gratuità anche agli incaricati dei concessionari, poiché essa costituisce conseguenza diretta dell’applicazione dei principi generali in tema di mandato con rappresentanza, l’attività oggetto dell’incarico è estranea all’esercizio di pubblici poteri autoritativi, e la modifica normativa ha funzione interpretativa, volta anche a superare il contenzioso esistente” (Cass., Sez. 5, n. 20822 del 6 settembre 2017; Cass., Sez. 5, n. 9112 del 6 giugno 2012).
Pertanto, correttamente la CTR ha riconosciuto l’agevolazione in esame a parte controricorrente.
3. Con il terzo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1224 c.c. poiché la CTR, pur senza affrontare la relativa questione, aveva confermato la decisione di primo grado nella parte in cui l’aveva condannata a corrispondere, sulla somma oggetto di causa, la rivalutazione monetaria.
La doglianza è inammissibile.
Infatti, dalla lettura della sentenza impugnata e del ricorso non emerge che l’Amministrazione ricorrente abbia proposto appello davanti alla CTR in ordine alla menzionata questione.
4. Il ricorso e’, quindi, respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Non sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata prima della data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, n. 14515 del 10 luglio 2015).
P.Q.M.
La Corte:
– rigetta il ricorso;
– condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in Euro 1.400,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile, tenuta con modalità telematiche, il 4 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021