Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.20802 del 21/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9826/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

E.H.J., elettivamente domiciliata in Roma, via Giambattista Vico n. 29, presso lo studio dell’Avv. Mario Chibbaro, dal quale, unitamente all’Avv. Daniele Chibbaro, è rappresentata e difesa, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 5907/29/14 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 6 ottobre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 maggio 2021 dal Consigliere Raffaele Rossi.

RILEVATO

che:

1. A seguito di monitoraggio sulle movimentazioni di capitale da e verso l’estero compiute da persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, l’Agenzia delle Entrate procedeva, con metodo sintetico D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 38, alla ricostruzione per l’anno 2004 del reddito di E.H.J., soggetto che non aveva presentato dichiarazione per detto periodo d’imposta.

In specie, l’Ufficio acclarava in capo al contribuente un incremento patrimoniale generato da rimessa estera di Euro 999.990, avente come causale la sottoscrizione di un prestito obbligazionario ad una società, la disponibilità di un immobile di prestigio (con sopportazione delle spese per il mantenimento dello stesso) e di un’autovettura (con esborsi per il pagamento del relativo premio assicurativo); individuato l’importo reddituale attribuito ai singoli beni come indice di ricchezza in applicazione del c.d. redditometro, determinava il maggior reddito percepito ai fini IRPEF e recuperava a tassazione l’imposta non versata, maggiorata di sanzioni ed interessi.

2. L’impugnativa del contribuente veniva accolta in ambedue i gradi del giudizio di merito.

3. Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un motivo; resiste, con controricorso, E.H.J..

CONSIDERATO

che:

4. Con l’unico motivo, si denuncia “carenza della motivazione in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Ad avviso del ricorrente, la sentenza si basa su affermazioni in inconciliabile contraddizione tra loro: dopo aver dato conto della pluralità di elementi concorrenti alla determinazione del reddito, il giudice del merito ritiene giustificata l’intera capacità contributiva in base alla rimessa ricevuta dall’estero ma, al contempo e in maniera logicamente incompatibile, considera la rimessa finalizzata soltanto al prestito obbligazionario erogato alla società Fail (e, quindi, come tale, inidonea giustificare il lussuoso tenore di vita della contribuente).

5. Il motivo è fondato e va accolto.

5.1. E’ doveroso premettere che l’accertamento delle imposte sui redditi oggetto del contendere concerne un’omessa presentazione della relativa dichiarazione ad opera del contribuente, vicenda nella quale, a mente del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, il potere dovere dell’A.F. di determinazione del reddito può fondarsi su qualsivoglia elemento probatoio (“sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza”) ed anche con ricorso al metodo induttivo basato su presunzioni c.d. supersemplici (ovvero prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza), comportanti l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, tenuto a dimostrare che il reddito non è stato prodotto o che è stato prodotto in misura inferiore a quella induttivamente quantificata dall’Amministrazione (da ultimo, Cass. 16/07/2000, n. 15167; Cass. 03/03/2020, n. 5800).

Va altresì rammentato che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, il processo tributario non ha natura esclusivamente impugnatoria e di legalità formale (di giudizio “sull’atto” da annullare, in guisa di “impugnazione-annullamento”), bensì di “impugnazione-merito” (cioè a dire di giudizio -anche e principalmente- sul rapporto sostanziale tra amministrazione finanziaria e contribuente), in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’Ufficio (ex plurimis, cfr. Cass. 09/02/2021, n. 3080; Cass. 10/09/2020, n. 18777; Cass. 6/04/2020, n. 7695; Cass. 30/10/2018, n. 27560; Cass. 15/10/2018, n. 25629).

Spetta dunque al giudice tributario il potere – dovere di stabilire i limiti quantitativi di fondatezza della pretesa impositiva, onde adottare una pronuncia sostitutiva sulla sussistenza ed entità dei presupposti della pretesa fiscale: in tema di accertamenti compiuti a mezzo del c.d. redditometro, ciò importa che all’inversione dell’onere della prova (che grava il contribuente di allegare prove contrarie a dimostrazione dell’inesistenza del maggior reddito attribuito dall’A.F.: Cass. 24/03/2021, n. 8186; Cass. 31/10/2018, n. 27811; Cass. 10/08/2016, n. 16912) deve seguire un esame analitico da parte dell’organo giudicante, riferito a tutti i fattori-indice di capacità contributiva considerati dall’Ufficio e non già limitato a valutazioni sommarie e complessive (Cass. 08/10/2020, n. 21700).

5.2. Ciò posto, la motivazione della gravata sentenza è inficiata da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, anomalia che ne giustifica la cassazione (sui vizi motivazionali sindacabili in sede di legittimità, basti il richiamo a Cass., Sez. U, 22/09/2014, n. 19881 e a Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).

L’assunto (in cui si esaurisce il percorso argomentativo del giudice di prossimità) “la supposta presenza di una capacità contributiva dell’appellata deriva in realtà da rimesse legittimamente effettuate dall’estero da parte del marito (…) finalizzate alla sottoscrizione di un prestito obbligazionario a favore di una società italiana” si pone in irrimediabile e logica contraddizione con l’affermazione (contenuta nella parte narrativa della decisione) di una pluralità di beni – indice posti a base dell’accertamento sintetico de quo, in dettaglio elencati (la disponibilità di un immobile in Roma e di un’autovettura, il pagamento di un premio assicurativo).

Invero, la destinazione degli importi di provenienza estera al prestito obbligazionario, proprio in quanto ritenuta di natura integrale dalla C.T.R., poteva coerentemente giustificare l’insussistenza di quella parte di reddito induttivamente accertato ascritto a quota di incrementi patrimoniali (di importo pari ad Euro 198.198,00 per l’anno in discorso) ma non già fondare la dimostrazione della ulteriore capacità contributiva denotata dagli altri indici considerati dall’Ufficio nella ricostruzione reddituale.

Vi e’, dunque, contrasto irriducibile tra la premessa argomentativa (ora descritta) e la conseguente statuizione di annullamento totale dell’avviso di accertamento.

6. Accolto il ricorso per quanto sopra, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il primo ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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