LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7633/2014 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12.
– Ricorrente –
contro
Mondadori Direct s.p.a., (già Mondadori Retail s.p.a.), in persona del legale rapp.te p.t., rappresentata e difesa, come da mandato in atti, dall’Avv. Giancarlo Zoppini, dall’Avv.to Giuseppe Russo Corvace e dall’Avv. Giuseppe Pizzonia con i quali è elettivamente domiciliata in Roma, Via della Scrofa n. 57, presso lo studio dell’Avv.to Zoppini.
– Controricorrente –
avverso la sentenza n. 84/19/13 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, depositata in data 08/08/2013 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 giugno 2021 dal Consigliere Rosita D’Angiolella.
RITENUTO
che:
1. La controversia trae origine da una verifica della Guardia di finanza, Nucleo di polizia tributaria di Milano, nei confronti della società Mondadori Retail s.p.a. e della società ADR s.p.a., a seguito della quale la società Mondadori Retail s.p.a. veniva raggiunta da avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 2004, con il quale l’Agenzia delle entrate recuperava a tassazione maggiori imposte, ai fini Irap, per operazioni commerciali inesistenti e consistenti nella fornitura, da parte di ADR s.p.a. alla società Mondadori Retail s.p.a. (di seguito, per brevità, “Società” o Mondadori), di telefonia cellulare destinata alla vendita all’ingrosso, che l’Amministrazione finanziaria inquadrava nell’ambito delle cd. frodi comunitarie ritenendo che la Società fungeva da cd. società filtro/beneficiaria, essendo consapevolmente inserita nel sistema fraudolento (cd. frode carosello) realizzato nell’ambito del commercio infracomunitario di telefonia cellulare.
2. La Società impugnava l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano (di seguito, CTP), che accoglieva il ricorso dichiarando la nullità dell’avviso di accertamento per violazione del termine, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5, per la permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente nonché per integrale infondatezza dell’avviso.
3. L’Agenzia delle entrate proponeva appello avverso tale sentenza innanzi alla Commissione Tributaria regionale della Lombardia (di seguito, per brevità, CTR), la quale, con la sentenza in epigrafe, respingeva il gravame confermando l’assunto dei primi giudici.
4. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione avverso la sentenza della CTR affidandosi a due motivi.
5. La società ha resistito con controricorso ed ha presentato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c..
6. A seguito di istanza di riunione con il giudizio pendente tra le stesse parti e recante il numero di ruolo generale 16345/16, con ordinanza di questa sezione, resa in data 04/11/2020, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per trattazione congiunta con l’altro giudizio n. R.G. 16345/16. All’udienza camerale del 10 giugno 2021, il Collegio, non ravvisando profili di unitarietà sostanziale e processuale tra i due ricorsi, ha proceduto all’esame separato degli stessi.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione di legge (L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, cd. “Statuto dei diritti del contribuente” e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42) nella parte in cui i secondi giudici hanno ritenuto la nullità dell’avviso di accertamento per non aver fatto riferimento alle tesi difensive della società contribuente espresse con le memorie integrative, depositate in sede di contraddittorio pre-contenzioso, in data 24 dicembre 2008 ed in data 5 marzo 2009. Deduce la ricorrente Amministrazione erariale che l’assunto della CTR è erroneo, sia perché il superamento delle tesi del contribuente sottoposto a verifica prescinde dall’inserimento nella motivazione dell’avviso di accertamento di clausole espresse mirate allo scopo, traendosi dal complesso della motivazione dell’atto impositivo, sia perché le disposizioni che regolano la materia (L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7) non hanno carattere sanzionatorio avendo la funzione di garantire l’effettività del contraddittorio endoprocedimentale.
1.2. Col secondo motivo deduce, sempre in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, la violazione e la falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 12, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto la nullità dell’accertamento per violazione del termine di durata delle operazioni di verifica, così violando i principi di carattere generale previsti dal sistema secondo cui le nullità e le decadenze per inosservanza di norme procedurali debbono essere previste espressamente dalla legge e secondo cui la nullità di un atto non può essere dichiarato quanto esso abbia raggiunto il suo scopo (art. 152, comma 2, e art. 156, commi 1 e 2); secondo l’assunto della ricorrente la decisione impugnata avrebbe stravolto le norme regolatrici della verifica tributaria e del contraddittorio endoprocedimentale, e segnatamente, dell’art. 12 dello Statuto del contribuente, tesi a garantire la partecipazione del contribuente alle operazioni di verifica nonché l’esercizio del diritto di difesa con l’impugnazione attraverso ogni mezzo, dell’avviso di accertamento.
2. La società controricorrente, in via preliminare, eccepisce l’inammissibilità del ricorso introduttivo per essere stato redatto secondo la tecnica cd. “ricorso farcito/sandwich” e perché privo del necessario momento di sintesi delle questioni e dei fatti rilevanti; nel merito sostiene la totale infondatezza di entrambi i mezzi di gravame.
3. Il ricorso è ammissibile alla stregua dei principi di diritto affermati da questa Corte secondo cui il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, richiesto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, a pena d’inammissibilità del ricorso per cassazione, è soddisfatto anche là dove sia incorporata nel ricorso una copia della sentenza impugnata o altri atti del giudizio, in modo da costituirne parte integrante, sempre che, mediante la lettura del ricorso, sia consentita la conoscenza e l’intellegibilità della vicenda processuale (ex plurimis, cfr. Sez. 5, 11/03/2011 n. 5836 e Sez. U, 27/12/2019, n. 34469). Nel caso in esame, la trascrizione del testo delle decisioni di primo e di secondo grado è accompagnata da una compiuta ed intellegibile esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto per quali l’Amministrazione finanziaria assume il vizio di violazione di legge, così, rispettandosi i limiti contenutistici di cui all’art. 366, comma 11 n. 3) e 4), c.p.c. e consentendosi a questo giudice di esercitare il controllo di legittimità secondo il paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (cfr., ex pluribus, Cass., Sez. 5, 30/04/2020 n. 8425; sulla compatibilità tra i requisiti previsti dall’art. 366 c.p.c. e il principio di effettività della tutela giurisdizionale, sancito dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Cass., Sez. L, 03/01/2020, n. 27).
4. Il primo mezzo è fondato. La questione posta ha trovato soluzione nei recenti e condivisi arresti di questa Corte secondo cui è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ai sensi della L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, atteso che, da un lato, la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo (v. Sez. 6-5, 31/03/2017, n. 8378; Sez. 5, 24/02/2016, n. 3583; Cass., Sez. 5, 15/11/2018 n. 29487).
4.1. Tale interpretazione si ricava dal raffronto tra la prima e la seconda parte della disposizione in parola (secondo cui: “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine salvo casi di particolare e motivata urgenza”) che nel prevedere l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di “valutare” le osservazioni presentate dal contribuente ai sensi dell’art. 12 cit., comma 7, non aggiunge l’ulteriore obbligo di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo a pena di nullità, conseguendo il regime di invalidità soltanto in ipotesi tassative o che comunque ledano specifici diritti o garanzie del contribuente. In altri termini, l’Amministrazione finanziaria ha l’obbligo di “valutare”, in sede endoprocedimentale, le memorie difensive al p.v.c. depositate dal contribuente nel termine di cui alla L. cit., art. 12, comma 7, conseguendo inevitabilmente all’omissione di tale obbligo la nullità dell’atto impositivo successivamente emesso, ma non ha alcun obbligo di esplicitare in motivazione il superamento delle tesi difensive specificamente addotte.
4.2. Quanto al rapporto tra motivazione dell’atto impositivo e garanzie poste dalla legge a tutela dei diritti del contribuente – che tanta parte occupa negli scritti difensivi delle parti -questa Corte, in sequenza giurisprudenziale univoca, ha affermato che: “In tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente Iman” ed il “quantum debeatur”, sicché lo stesso è correttamente motivato quando fa riferimento ad un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza regolarmente notificato o consegnato all’intimato, senza che l’Amministrazione sia tenuta ad includervi notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti o a riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto” (cfr. Cass. 30/10/2019 n. 27800 e, tra le più recenti, Cass., 21/07/2020, n. 15543).
4.3. Il Collegio intende dare continuità ai principi di diritto richiamati, di contro considerando che il diverso approccio offerto dalla società contribuente in controricorso e nella memoria, non offre elementi diversi per superare il condiviso orientamento di questa Corte.
5. Anche la censura di cui al secondo mezzo trova soluzione ad essa favorevole nella giurisprudenza di questa Corte che con la sentenza n. 7584 del 15 aprile 2015, dando seguito a precedenti orientamenti (n. 26674 del 2009; Sez. 5, 11/11/2011 n. 23595 e 16323 del 2014), ha affermato il principio di diritto secondo cui “In tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 5, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati”. In tal senso è stato chiarito (v. Cass., 18/04/2018, n. 9448) che: “in tema di verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto art. 12, comma 5, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati”.
5.1. Anche riguardo a come il termine debba essere computato (se con riguardo ai giorni di verifica effettiva o con il riguardo al mero decorso del termine di legge) è stato affermato (Sez. 5, 12/05/2017, n. 11878) che “la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 5, nel fissare agli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria il termine di trenta giorni lavorativi (successivamente prorogabile) di permanenza presso la sede del contribuente, si riferisce ai soli giorni di effettiva attività lavorativa ivi svolta, escludendo, quindi, dal computo quelli impiegati per verifiche ed attività eseguite in altri luoghi; né, in materia, assumono ancora rilevanza le disposizioni, peraltro di natura meramente amministrativa, assunte – come il D.M. Finanze 30 dicembre 1993 – per mere finalità di autorganizzazione e di coordinamento della capacità operativa dell’Amministrazione finanziaria da destinare all’azione accertatrice”.
5.2. S’intende dare seguito a tale principio di diritto non essendovi ragioni ostative di segno contrario (v. controricorso e in memoria). La questione della sopravvenuta illegittimità parziale delle sanzioni a seguito della D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, evocata in memoria, è del tutto irrilevante in questa fase di legittimità, dovendo essere trattata dal giudice di merito in sede di rinvio.
6. In conclusione, il ricorso va accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021