LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15993/14 R.G., proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;
– Ricorrente –
contro
Luna s.r.l., rappresentata e difesa, giusta mandato in margine al controricorso, dall’Avv. Roberto Atzeni, con il quale è
elettivamente domiciliato in Roma, Via Flaminia n. 441, presso lo studio dell’avv.to Pier Francesco Carpitelli;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 944/26/14 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata in data 08.06.2014, non notificata;
Udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella camera di consiglio dell’10 giugno 2021.
RILEVATO
che:
1. L’Agenzia delle entrate notificava alla società Luna s.r.l. avviso di accertamento, per l’anno 2006, con il quale accertava, maggiori ricavi, pari ad Euro 285.458,71, derivanti da compravendite di immobili effettuate dalla società, nonché accertava ricavi non dichiarati, pari ad Euro 8.778,00, quali interessi attivi, derivanti da finanziamenti infruttiferi, non dichiarati., determinando maggiore Iva per Euro 27.668,00, maggiore Ires, per Euro 94.202,00, maggiore Irap, per Euro 11.759,00, oltre sanzione (unica) per Euro 141.303,00.
2. La società ricorreva avverso il predetto avviso alla Commissione tributaria provinciale di Vicenza chiedendone l’annullamento ed in subordine, la riduzione dell’accertamento.
3. La Commissione tributaria provinciale (di seguito, CTP) accoglieva in parte il ricorso, considerando, da un lato, corretta la determinazione dei valori operata dall’Ufficio sulla divergenza tra i prezzi di vendita dichiarati e quelli, invece, risultanti dalla perizia redatta dall’Agenzia del territorio nonché dalle quotazioni OMI, dall’altra, la legittimità della concessione di finanziamenti infruttiferi generanti gli interessi attivi, in relazione ai quali, annullava la pretesa impositiva.
4. La società proponeva appello alla Commissione tributaria regionale del Veneto (di seguito, per brevità, CTR) insistendo per la riforma della sentenza di prime cure per la parte relativa alla plusvalenza derivante dalle cessioni immobiliari, assumendo che il metodo di calcolo dell’Ufficio era scorretto in quanto non aveva tenuto conto della perizia di parte che attribuiva al compendio immobiliare il minore valore di Euro 482.029,51, riferito al luglio 2001, data della stipula dei contratti preliminari, dai quali considerare il relativo valore.
L’Agenzia delle entrate proponeva appello incidentale relativamente alla parte della sentenza della CTP che aveva annullato il rilievo relativo alla omessa contabilizzazione di interessi attivi.
5. La CTR, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello principale della società contribuente e respingeva l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate.
6. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi a due motivi.
7. La società Luna s.r.l. ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione di legge e, segnatamente, dell’art. 2704 c.c., nella parte in cui, ignorando che i contratti preliminari erano privi di autenticazione delle firme, ha ritenuto che il calcolo dei maggiori ricavi dovesse risalire all’epoca della stipula dei preliminari di vendita (2001) e non a quello dei contratti definitivi (2006). Deduce, altresì, che i secondi giudici hanno compiuto un’interpretazione inesatta del contenuto del verbale di contraddittorio del 26 aprile 2012 in quanto, contrariamente al loro assunto (il riferimento è al paragrafo n. 7 dei “motivi” della sentenza, ove è affermato che la “Direzione provinciale di Vicenza dell’Agenzia delle entrate, pur precisando che non sono stati registrati, ammette non solo l’esistenza ma anche il rispetto dei contratti preliminari e il versamento da parte dell’acquirente di una caparra confirmatoria risultante dalla registrazione in contabilità e dai documenti bancari del 2001)”, l’Ufficio, con quel verbale, non aveva formalizzato alcuna posizione circa l’esistenza ed il rispetto dei contratti preliminari limitandosi a verbalizzare le osservazioni di parte contribuente, di cui alla memoria dell’11 aprile 2012.
1.2. Con il secondo mezzo, censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione di legge (art. 89 t.u.i.r.) nella parte in cui ha annullato l’avviso con riguardo alla ripresa a tassazione degli interessi attivi ritenendo privo di rilievo l’antieconomicità del comportamento della società contribuente che, invece, aveva agito violando il principio di correlazione tra costi e ricavi che, con il finanziamento infruttifero, aveva patrimonializzato i costi relativi agli interessi passivi addebitati alle banche e gli oneri accessori.
2. Il primo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Appare utile una breve premessa sui fatti che hanno originato la pretesa fiscale per la mancata dichiarazione dei ricavi conseguenti alla cessione, da parte di Luna s.r.l., di alcuni immobili.
2.2. A seguito di verifica fiscale eseguita dalla Guardia di finanza di Tenenza di Schio, si appurava che la Luna s.r.l. aveva omesso di contabilizzare i ricavi derivanti da un’operazione di trasferimento con la quale la Luna s.r.l. (venditrice) trasferiva alla Cà Ross s.p.a. (acquirente), un complesso immobiliare, sito in *****, stipulando, contestualmente, 18 contratti preliminari con i quali la società venditrice (Luna s.r.l.) prometteva di acquistare dalla Cà Ross s.p.a., che a sua volta prometteva di vendere, parte degli immobili originariamente ceduti per un prezzo superiore a quello della vendita originaria e con il versamento di una caparra confirmatoria di Euro 1.007.090,95. Tali contratti preliminari, portarono, poi, ai contratti definitivi di vendita, nell’anno 2008, degli immobili oggetto di preliminare, e, quindi, alla restituzione della caparra, da Luna s.r.l. alla Cà Ross, per Euro 281.469,01. Secondo l’assunto dell’Amministrazione finanziaria i beni in questione erano stati venduti ad un prezzo inferiore rispetto a quello che risultava essere il valore di mercato desunto dalle quotazioni OMI, nonché dalla perizia di stima redatta dall’Agenzia del territorio provinciale di Vicenza, che avevano determinato il valore dei beni in complessivi Euro 807.360,00, contro il prezzo di Euro 530.679,29 fatturato dalle società con le vendite del 2008. Tale differenza, tra il dichiarato ed il valore effettivo dei beni, portò all’emissione, a carico di Luna s.r.l., dell’avviso di accertamento del maggior reddito di impresa, pari ad Euro 276.680,71 e del recupero delle relative imposte ai fini Ires, Irap ed Iva, oltre sanzioni.
2.3. E’ circostanza pacifica che le sottoscrizioni dei contratti preliminari in questione non siano state autenticate, così come è pacifico che le relative scritture non siano state registrate (v. controricorso, pag. 8, secondo cpv., e pag. 2 della sentenza, ove è trascritto, in parte, il verbale di contraddittorio del 26/04/2012, secondo cui “viene approfondita la questione dei contratti preliminari che, seppur non registrati, sono stati rispettati…”).
3. Osserva il Collegio che, se è vero, come assunto dalla ricorrente, che la regola di cui all’art. 2704 c.c. stabilisce che la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è opponibile ai “terzi”, se non dal giorno in cui essa è stata registrata, e, se è vero, che in base alla normativa tributaria vigente, il concetto di terzo, cui fa riferimento l’art. 2704 c.c., comma 1, ricomprende anche l’Amministrazione finanziaria, quale titolare di un diritto di imposizione collegato al negozio documentato e suscettibile di pregiudizio per effetto di esso, come, ad esempio, attraverso fittizie retrodatazioni (cfr., Cass., Sez. 5, 17/12/2008, n. 29451; id. Sez. 5, 03/03/2000, n, 2402 per le agevolazioni in tema di Iva, Sez. 5, 11/04/2014, n. 8535), è pur vero, che, là dove manchino le situazioni tipiche di certezza contemplate dalla norma in parola, la data della scrittura privata è opponibile ai terzi qualora sia dedotto e dimostrato un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento (v. Cass., 03/08/2012, n. 13943).
3.1. L’assenza di un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura priva non autenticata possa ritenersi opponibile nei confronti dei terzi, consente, dunque, al giudice di merito di valutare, col suo prudente apprezzamento, se sussiste un fatto, diverso dalla registrazione, che sia idoneo nei termini riferiti – specifica attitudine a dimostrare l’anteriorità della formazione del documento – a dare certezza alla data della scrittura privata (Cass., 12/09/2016, n. 17926) 4. Applicando tali principi alla fattispecie in esame, non pare affatto che la CTR abbia violato la regola di diritto posta dall’art. 2704 c.c. nella misura in cui, pur dando atto della contestazione dell’Agenzia delle entrate dell’inopponibilità per mancata autenticazione delle firme, ha desunto l’esistenza della data dei contratti preliminari (09/97/2001), da opporre all’amministrazione finanziaria, sulla base dei seguenti “dati oggettivi” (così, a pag. 4, primo capoverso, della sentenza): 1) contenuto del verbale del contraddittorio del 26/04/2012 attraverso il quale la Direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate, pur contestando l’opponibilità di tali atti negoziali, prende atto del loro contenuto (“ammette non solo l’esistenza…e il versamento da parte dell’acquirente di una caparra confirmatoria”); 2) il contenuto di cui alla produzione documentale della società contribuente (libro giornale, estratto bancario e atto di fideiussione) riguardante il pagamento della caparra confirmatoria in data 09/07/2001.
4.1. D’altro canto, come si evince dallo stralcio della motivazione dell’avviso di accertamento (pagina 17 del ricorso in cassazione), è la stessa Agenzia delle entrate che, nel riportare il contenuto dell’avviso di accertamento, non nega l’esistenza dei preliminari ma contesta solo l’efficacia degli stessi nei confronti di essa Amministrazione (“(…) induce a ritenere che nessuna valenza assumono gli impegni contrattuali assunti dalle parti per effetto dei compromessi di vendita (…) I verificatori ritengono che non possa essere opposta all’amministrazione finanziaria il contenuto di atti negoziali cui le stesse parti hanno convenuto di non dare esecuzione”), il che non incide sulla questione della data dei preliminari, questio facti accertata dalla CTR, in conformità all’art. 2704 c.c. in base agli elementi indiziari appena indicati.
4.2. Da tanto ne consegue che la decisione impugnata non merita censura nella parte in cui ha datato, sulla base di un accertamento condotto nei limiti consentiti dall’art. 2704 c.c., al luglio 2001 l’epoca a cui fare riferimento aì fini della determinazione del valore degli immobili per il calcolo dei ricavi imputabili all’impresa (sul calcolo dei maggiori ricavi derivanti dalla cessione di beni immobili sulla base del loro valore normale risultante dalle quotazioni dell’OMI e sulla necessità della sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, cfr. Cass. Sez. 5, 12/04/2017 n. 9474, secondo cui, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dalla D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, conv., con modif., dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi (così ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta “anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”), l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti; id. Cass., Sez. 5, 04/04/2019, n. 9453; Cass., Sez. 5, 20/02/2020, n. 4410).
5. Il secondo mezzo è fondato.
5.1. Dagli atti risulta che la Luna s.r.l. ha concesso, nell’esercizio 2002, finanziamenti infruttiferi ad aziende socie e, segnatamente, Euro 260.000 alla Meridiana SRL ed Euro 600.000 alla società “Castellare Immobiliare”, entrambe detentrici di un pacchetto di quote della società ricorrente pari al 20%. Secondo l’assunto dell’Agenzia delle entrate la cessione di crediti di ingenti importi, senza addebito degli interessi attivi, aveva determinato un comportamento antieconomico e contrario al principio imprenditoriale di massimazione dei profitti. La CTR ha ritenuto che la concessione del finanziamento infruttifero, essendo testimoniata dal contenuto degli atti di finanziamento, aventi data certa, rispondesse alla libertà di iniziativa economica dell’impresa rispetto alla quale nessun elemento era stato addotto l’Agenzia delle entrate per ritenere che gli accordi risultanti dai predetti documenti e dalla contabilità ufficiale di Luna SRL fossero antieconomici ed inattendibili.
5.2. La fondatezza del mezzo si trae dagli arresti di questa Corte in materia, che, con condivisi argomenti ha ritenuto che qualora non è superata la presunzione legale di onerosità per i versamenti effettuati dal socio alla società, prevista dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 43, ai fini della determinazione del reddito di capitale, gli interessi attivi, anche derivanti da finanziamento a terzi, concorrono a formare il reddito prodotto dall’impresa (individuale o collettiva), come espressamente previsto dal D.P.R. n. 917 cit., art. 45 e confermato dall’art. 95, nella parte in cui considera il reddito complessivo delle società quale reddito d’impresa “da qualsiasi fonte provenga” (numerazione delle norme anteriore al D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344; cfr. Cass., Sez. 5, 19/05/2010, n. 12251; id. Sez. 5, 23/01/2020, n. 1475).
5.3. In base a tali principi, gli interessi attivi, in quanto costituenti ricavi, sono stati legittimamente recuperati a tassazione dall’Agenzia delle entrate, con conseguente erroneità della decisione impugnata.
6. In accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame della controversia nei termini indicati al p. 5.2. Il giudice di rinvio è tenuto a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso per quanto in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V sezione civile, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021