LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria – rel. Consigliere –
Dott. CASTORINA Rosaria Mar – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al n. 26674 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:
B. Group s.p.a. a socio unico, in amministrazione straordinaria, in persona del Commissario straordinario Dott. D.A.F.R., rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso, dal Prof. Avv.to Riccardo Vianello e dal Prof. Avv.to Giuseppe Marini, elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Roma, Via di Villa Sacchetti, n. 9;
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Nonché:
Equitalia Sud s.p.a. – Agente della riscossione per la provincia di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 3190/18/15, depositata in data 3 aprile 2015, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 giugno 2021 al Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.
RILEVATO
Che:
– con sentenza n. 3190/18/15, depositata in data 3 aprile 2015, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Campania, rigettava l’appello proposto da B. Group s.p.a. a socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, e di Equitalia Sud s.p.a. – Agente della riscossione per la provincia di Napoli, avverso la sentenza n. 575/05/13 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società avverso la cartella di pagamento n. ***** emessa, ai sensi degli artt. 36bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54bis, per l’anno 2008, nei confronti della Life Collection s.r.l. e notificata anche alla B. Group s.p.a. quale responsabile in solido, del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 14, nella qualità di cessionaria dell’azienda condotta dalla società destinataria degli atti impositivi;
– in punto di fatto, dalla sentenza impugnata emerge che: 1) avverso la cartella di pagamento n. *****, la B. Group s.p.a. a socio unico, quale responsabile in solido ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, nella qualità di cessionaria di azienda della società verificata Life Collection s.r.l., aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli deducendone la nullità, in quanto non preceduta dalle comunicazioni di irregolarità di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, nonché per mancata allegazione degli atti alla stessa presupposti e per difetto di motivazione in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7; 2) la CTP di Napoli, con sentenza n. 575/5/13, aveva rigettato il ricorso; 3) avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello la società contribuente e avevano controdedotto l’Agenzia ed Equitalia Sud s.p.a., chiedendo la conferma della decisione della CTP;
– in punto di diritto, la CTR, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) era fondata l’eccezione di tardività dell’appello in quanto proposto il 30.7.2014, oltre il termine utile del 10.7.2014, considerando l’interruzione del termine per proporre l’impugnazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 40 e la decorrenza della proroga di sei mesi dalla data dell’evento interruttivo – nella specie, verificatosi non come dedotto dalla società contribuente, il 13.1.2014, data del provvedimento del Tribunale di Roma con cui era stata dichiarata aperta la procedura di amministrazione straordinaria nei confronti della B. Group s.p.a. ma il 10.1.2014, data di verificazione dell’evento interruttivo come si evinceva nella visura camerale; 2) ad abundantiam, anche esaminando il merito, il gravame era infondato, avendo la CTP correttamente rigettato le eccezioni della contribuente sulla base di dati obiettivi e avendo quest’ultima riproposto in appello, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, le medesime doglianze avanzate con il ricorso di primo grado con la conseguenza che le argomentazioni vaghe e generiche dell’appellante non erano atte a scalfire la decisione di primo grado;
– avverso la sentenza della CTR, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate; rimane intimata Equitalia Sud s.p.a.;
– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.
CONSIDERATO
Che:
– con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 40 e del combinato disposto del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 19 e dell’art. 43 L. Fall., per avere la CTR ritenuto erroneamente tardivo l’appello della contribuente, ancorché, a fronte della sentenza della CTP depositata il 27 marzo 2013, e della proroga di sei mesi del termine per impugnare, del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 40, a decorrere dalla data dell’evento interruttivo, verificatosi il 31 gennaio 2014 (nomina del commissario straordinario nella procedura di amministrazione straordinaria della società) o, quantomeno, il 13 gennaio 2014 (sentenza del Tribunale di Roma con cui era stata dichiarata l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria nei confronti della società), il gravame proposto il 13 luglio 2014 fosse tempestivo;
– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, e dell’art. 327 c.p.c., comma 1, per avere la CTR ritenuto intempestivo l’appello, essendo stato presentato il 30 luglio 2014, ancorché tale data fosse quella non già di proposizione dello stesso (avvenuta il 13 luglio 2014) ma di costituzione in giudizio dell’appellante;
– i primi due motivi di ricorso – da trattare congiuntamente per connessione – sono fondati per le ragioni di seguito indicate;
– dalla sentenza impugnata si evince che la CTR, accogliendo l’eccezione di tardività dell’appello sollevata dall’Agenzia ha ritenuto sostanzialmente inammissibile il gravame per essere stato proposto-in data 30.7.2014 – oltre il termine di legge che sarebbe scaduto il 10.7.2014, considerando la proroga di sei mesi ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 40, comma 4, decorrente, ad avviso del giudice di appello, dalla data del 10.1.2014, in cui l’evento interruttivo (sottoposizione alla procedura di amministrazione straordinaria) risultava essersi verificato come dalla visura camerale e non già dal 13.1.2014, data del provvedimento del Tribunale di Roma che aveva dichiarato aperta tale procedura; la CTR, ha poi esaminato “ad abundantiam” il merito del gravame, rigettandolo, e ritenendo, sul punto, di condividere le argomentazioni della sentenza di primo grado non scalfita, a suo avviso, dalle censure vaghe e generiche dell’appellante;
– ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3: “Se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l’art. 327 c.p.c., comma 1. (…) “; in forza dell’art. 327, comma 1, come modificato dalla L. n. 69 del 2009 – applicabile al caso di specie, trattandosi incontestabilmente di giudizio di primo grado instaurato dopo il 4 luglio 2009 -: “Indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per Cassazione e la revocazione per i motivi indicati nell’art. 395, nn. 4 e 5, non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza”;
– ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, “Il ricorso in appello è proposto nelle forme di cui all’art. 20, commi 1 e 2, nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato a norma dell’art. 22, commi 1, 2 e 3.”; l’art. 20, comma 1, dispone: “Il ricorso è proposto mediante notifica a norma dei commi 2 e 3 del precedente art. 16” mentre l’art. 22, comma 1, prevede che “entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d’inammissibilità deposita, nella segreteria della commissione tributaria adita, o trasmette a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l’originale del ricorso notificato a norma degli artt. 137 e ss. c.p.c. ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale (..)”;
– costituisce ius receptum, in tema di contenzioso tributario ed in ipotesi di notificazione a mezzo posta, alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002 e n. 520 del 6 dicembre 2002 – aventi ad oggetto, rispettivamente, la normativa riguardante il momento del perfezionamento delle notifiche a mezzo posta nel rito civile e quella riguardante l’utilizzo del servizio postale per il deposito degli atti nel giudizio tributario – il principio generale non è più quello del perfezionamento al momento della ricezione, ma quello del perfezionamento, per il notificante, al momento della spedizione, a condizione che la ricezione avvenga. Ne consegue che, ai fini della tempestività del ricorso, è rilevante e fa fede, in caso di spedizione tramite servizio postale la data di spedizione dell’atto (Cass. n. 10481/2003, n. 8447/2004, n. 5967/2005; Cass. n. 23665 del 2013); – ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 40, comma 4, “se uno degli eventi di cui al comma 1, lett. a) (il venir meno, per morte o altre cause, o la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti, diversa dall’ufficio tributario, o del suo legale rappresentante o la cessazione di tale rappresentanza), si verifica durante il termine per la proposizione del ricorso il termine è prorogato di sei mesi a decorrere dalla data dell’evento. Si applica anche a questi termini la sospensione prevista dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742.”;
-l’art. 43 L.F., nel testo novellato per effetto del D.Lgs. n. 5 del 2006 (entrata in vigore il 16.7.2006), nel prevedere che “L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo” stabilisce un automatismo che sottrae la facoltà di allegazione alla parte per rendere l’interruzione operante ipso iure, indipendentemente da una pronuncia giudiziale, la quale ha valore meramente dichiarativo (Cass. n. 2659 del 30/01/2017; Cass. n. 15996 del 14/06/2019; Cass. n. 29865 del 19/12/2008; Cass. n. 6098 del 20/03/2006). La normativa fallimentare, invero, costituisce una disciplina speciale rispetto a quella prevista dall’art. 300 c.p.c. ed anche rispetto a quella prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 40, comma 2, (cfr. Cass. n. 31010 del 30/11/2018; Cass. 9 marzo 2020, n. 6567); simile effetto interruttivo si raccorda anche alla sottoposizione ad amministrazione straordinaria (ai sensi del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 18 “La sentenza che dichiara lo stato di insolvenza determina gli effetti previsti dalla L. Fall., artt. 45,52,167,168 e 169”);
– la CTR non si è attenuta ai suddetti principi per avere ritenuto – a fronte della sentenza di primo grado depositata il 27 settembre 2013-tardivo l’appello della contribuente, da un lato, identificando il dies a quo per la decorrenza della proroga di sei mesi del termine per impugnare ex art. 40, comma 4, cit., nel giorno (10.1.2014) di asserita verificazione dell’evento interruttivo (sottoposizione della società alla amministrazione straordinaria) come risultava dalla visura della Camera di commercio, in luogo che nella data (13.1.2014) della sentenza del Tribunale di Roma dichiarativa dello stato di insolvenza e, dall’altro, considerando proposto l’appello in data 30.7.2014 (coincidente con la data di costituzione in giudizio ex art. 22, comma 1 cit.) e non già il 14 luglio 2014 di spedizione dell’atto di gravame (alleg. n. 4) per la notifica, a mezzo servizio postale, nel termine ultimo tenuto conto della proroga ex art. 40 cit.;
– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per avere la CTR ritenuto erroneamente generici i motivi di gravame, ancorché, anche in base al principio devolutivo dell’appello, non fosse necessaria una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni di impugnazione, nella specie, comunque, proposte con riguardo alla assunta nullità della cartella in questione per non essere stata preceduta dalle comunicazioni di irregolarità della L. n. 212 del 2000, ex art. 6, comma 5, per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, stante la mancata allegazione degli atti presupposti e per difetto di motivazione sotto il profilo della asserita responsabilità solidale della contribuente ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 14, comma 4;
-premesso che “quando il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare queste ultime, perché esse debbono considerarsi tamquam non essent” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007; Cass. n. 20931 del 2015; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30393 del 19/12/2017), nella specie, il motivo si profila inammissibile per difetto di interesse in quanto aggredisce le argomentazioni della sentenza impugnata sul merito della controversia (di condivisione delle argomentazioni del giudice di prime cure per ritenuta mancanza di nuove e puntuali censure in grado di appello) e svolte dalla CTR “ad abundantiam”, dopo essersi spogliata della potestas iudicandi a seguito della sostanziale pronuncia di inammissibilità del gravame per ritenuta tardività dello stesso;
– in conclusione, vanno accolti i primi due motivi di ricorso; dichiarato inammissibile il terzo; con cassazione della sentenza impugnata – in relazione ai motivi accolti- e rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per il governo delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso; dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata – in relazione ai motivi accolti – e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per il governo delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021