Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.20822 del 21/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sezione –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. DORONZO Adriana – Presidente di Sezione –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14996/2020 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CIRO CENTORE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL DEMANIO – DIREZIONE GENERALE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 1615/2015 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE de LAZIO;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/05/2021 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ROBERTO MUCCI, il quale chiede dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda al vaglio, per quel che qui rileva, può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– B.A. impugnò innanzi al TAR della Regione Lazio l’intimazione, datata 21/11/2014 (nonché gli atti presupposti e consequenziali), con la quale l’Agenzia del Demanio gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 117.255,87, costituente recupero coattivo per l’utilizzo di un alloggio demaniale;

– il Giudice amministrativo, davanti al quale la p.a. si era costituita, contestandone, in primo luogo la giurisdizione, negava la chiesta misura cautelare, assumendo che, “prima facie”, appariva difettare la di lui giurisdizione, ai sensi dell’art. 133, lett. b), cod. proc. amm.;

– sopravvenuto avviso di perenzione ultraquinquennale, il B., con il ricorso qui al vaglio chiede regolarsi preventivamente la giurisdizione, assumendo, in sintesi, che:

– l’atto impugnato conteneva l’avviso sulla possibilità di ricorrere in via gerarchica, ovvero a mezzo ricorso giurisdizionale e, in alternativa, nel termine di 120 giorni, mediante il ricorso straordinario al Capo dello Stato; di conseguenza, inequivocamente, l’interessato era stato indirizzato, nel rispetto del principio di buona fede, alla giurisdizione amministrativa, non accennandosi in modo alcuno nell’atto in parola al giudice ordinario o a quello tributario; infine, il ricorrente precisava essere opportuno che questa Core specificasse, nel caso in cui fosse stata affermata la giurisdizione del giudice ordinario, se dovevasi escludere comunque quella del giudice tributario;

– l’Agenzia del Demanio con il controricorso afferma che trattavasi di richiesta di pagamento di canoni afferenti a un bene demaniale dato in concessione e, pertanto, la controversia si appartiene alla giurisdizione ordinaria, poiché non coinvolgente l’apprezzamento di poteri discrezionali della p.a., ma ha ad oggetto diritti soggettivi a contenuto patrimoniale e, nel caso di specie, non pare che il ricorrente contesti l’esercizio di un tal potere discrezionale;

– l’Avvocatura erariale conclude nei termini seguenti: “pur rimettendosi al prudente apprezzamento di codesta Ecc.ma Corte al fine di individuare, in via definitiva, l’Autorità munita di pertinente potestas iudicandi, questa Pubblica Difesa assume la presente controversia tendenzialmente idonea a radicare la giurisdizione del giudice ordinario, pur non potendosi escludere a priori con margini di assoluta certezza la (opposta) giurisdizione del G.A.”, evocando, per il dubbio, la pronuncia n. 4803/2020 di questa Corte;

– il Procuratore Generale ha, in primo luogo, eccepito la improcedibilità del ricorso per tardività, poiché lo stesso risulta essere stato depositato il 29 maggio 2020, oltre il termine di venti giorni dalla notificazione (25 febbraio 2020), ai sensi dell’art. 369 c.p.c., scaduto il 19 maggio 2020, tenuto conto della legislazione emergenziale COVID, che ha disposto la sospensione dei termini processuali civili fino all’11 maggio 2020 (D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 2, convertito con modifiche nella L. n. 27 del 2020, dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020, poi prorogato all’11 maggio 2020 dal D.L. n. 23 del 2020, art. 36, comma 1, convertito con modifiche nella L. n. 40 del 2020);

– di poi, precisa non ostare all’ammissibilità della richiesta avanzata dall’Avvocatura dello Stato, la improcedibilità del ricorso della parte privata, assumendo che alla predetta richiesta va assegnato valore di autonomo regolamento preventivo (S.U. n. 17935/2013);

– nel merito conclude per la giurisdizione del giudice ordinario, in adesione al principio enunciato da questa Corte con la decisione n. 28973/2020;

– con “nota di precisazione”, datata 28/5/2020, il B. evoca genericamente “lo slittamento” dei termini processuali ad opera della legislazione emergenziale;

– considerato in via prioritaria che il ricorso del B. risulta tardivo, e, quindi, improcedibile, essendo corrette le osservazioni del P.G.; nel mentre il controricorso deve dirsi tempestivo, essendo stato notificato il 26/5/2020, entro venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, siccome prorogato dalla legislazione emergenziale di cui s’e’ detto;

– considerato che deve farsi applicazione del principio enunciato da questa Corte, secondo il quale la dichiarazione d’improcedibilità dell’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, non depositata nel termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., non osta all’ammissibilità di una successiva richiesta di regolamento, che può essere avanzata anche dalla controparte nella stessa fase processuale; a tal fine, non è rilevante che essa sia stata proposta con (controricorso e) ricorso incidentale, stante l’ininfluenza dell’adozione di una forma processuale non utilizzabile nell’ambito del procedimento per regolamento di giurisdizione, ove quell’atto possa convertirsi in un ricorso autonomo per regolamento di giurisdizione, presentandone i prescritti requisiti e contenendo la richiesta di una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulla questione di giurisdizione (S.U. n. 17935, 24/7/2013, Rv. 627254);

– che denegando la sospensiva il TAR, limitandosi a delibare la questione di giurisdizione, deve escludersi che abbia deciso sulla giurisdizione, di talché il regolamento preventivo resta ammissibile (cfr. S.U., nn. 584/2014, 12307/2004);

– che sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, avendo questa Corte già avuto modo di chiarire che in materia di concessioni amministrative di beni pubblici, le controversie relative a indennità, canoni od altri corrispettivi, involgenti diritti soggettivi a contenuto patrimoniale, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, senza che assuma rilievo la sussistenza di un potere di intervento della P.A. a tutela di interessi generali (S.U. n. 28973, 17/12/2020, Rv. 659873; conf., S.U. n. 21597/2018);

– che il dubbio prospettato dall’Agenzia delle Dogane, sulla base della decisione di questa Corte n. 4803/2020, non può essere condiviso, stante la non sovrapponibilità delle situazioni al vaglio; in quel caso, infatti, siccome riporta la decisione, “la ricorrente (aveva) proposto espressamente una domanda con cui (aveva) prospettato che le concessioni sarebbero state illegittime e che da tale illegittimità (sarebbe derivato) che i canoni pagati lo sarebbero stati in modo indebito. Di tale illegittimità (aveva) espressamente chiesto l’accertamento nelle conclusioni, formulando una vera e propria domanda in tal senso”, in questo non viene in contestazione il rapporto concessorio, ma la debenza dei canoni;

– che è del tutto evidente che la vicenda è estranea a qualsivoglia vicenda tributaria;

– che qualora l’atto amministrativo impugnato indichi, come richiesto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 4, il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere, ma lo faccia in modo erroneo, ciò può costituire ragione per rimettere in termini il privato, il quale sia stato tratto in inganno dall’erronea individuazione (cfr., da ultimo, S.U. n. 11219/2019), ma non già motivo per derogare al riparto giurisdizionale stabilito inderogabilmente dalla legge;

considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario e che è opportuno che le spese vengano regolate al merito.

P.Q.M.

dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.

Spese al merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 25 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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