LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 13649/2017 proposto da:
O.R., in proprio e quale erede di C.A., elettivamente domiciliata in Roma, alla via Pilo Albertelli n. 1, presso lo studio dell’avvocato Camporeale Lucia, rappresentata e difesa dall’avvocato Stara Salvatore;
– ricorrente –
contro
Italfondiario S.p.a., quale procuratrice mandataria di Castello Finance S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in Roma alla via Vittorio Veneto, n. 108, presso lo studio dell’avvocato Malizia Roberto, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
Banca Nazionale del Lavoro S.p.a., Banco di Sardegna S.p.a., Ca.Ro., Hitachi Sales Italiana S.p.a., Ministero Finanze Conservatoria Registri Immobiliari di *****, Monte dei Paschi di Siena S.p.a., Unicredit Banca Impresa S.p.a.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1474/2016 del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositata il 11/05/2016;
udita la relazione della causa svolta, nella Camera di consiglio del 23/02/2021, dal Consigliere relatore Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
1. O.R. impugna, con atto affidato a nove motivi di ricorso, la sentenza n. 1474, pubblicata in data 11/05/2016, del Tribunale di Cagliari, che ha rigettato due diversi ricorsi di opposizione agli atti esecutivi, proposti dalla stessa O. e dal di lei coniuge, C.A., deceduto in corso di causa, dichiarata cessata la materia del contendere in relazione a un terzo ricorso e dichiarato inammissibili le censure proposte con memoria depositata in corso di causa.
I ricorsi di opposizione agli atti esecutivi erano stati proposti tutti davanti al Tribunale di Cagliari e nell’ambito di tre distinte procedure esecutive immobiliari, riunite dinanzi ad un unico giudice dell’esecuzione presso lo stesso Tribunale, che erano sfociate nella vendita in data 14/07/2005 dell’immobile (casa per civile abitazione) dei coniugi C. – O., sita in ***** e all’emanazione del decreto di trasferimento in favore dell’acquirente Ca.Ro..
2. Resiste con controricorso Italfondiario S.p.a., quale procuratrice mandataria di Castello Finance S.r.l., cessionaria del credito nei confronti di Banca Intesa S.p.a. e di Intesa Gestione Crediti S.p.a..
3. Sono rimasti intimati, nonostante la rituale notifica del ricorso, la Banca Nazionale del Lavoro S.p.a., la Banco di Sardegna S.p.a., Ca.Ro., la Hitachi Sales Italiana S.p.a., il Ministero Finanze e in particolare la Conservatoria Registri Immobiliari di Cagliari, la Monte dei Paschi di Siena S.p.a. e la Unicredit Banca Impresa S.p.a..
4. Il P.G. non ha presentato conclusioni.
5. La sola parte ricorrente ha depositato memoria, nel termine di legge, per l’adunanza camerale del 23 febbraio 2021, svoltasi con le modalità di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, alla quale il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. La sentenza del Tribunale di Cagliari, impugnata in questa sede, ha deciso su tre ricorsi di opposizione agli atti esecutivi, dei quali, il primo depositato il 19/07/2005, il secondo il 04/11/2005 e il terzo in data 06/12/2005, riuniti in corso di causa.
6.1. La sentenza ha, specificamente: rigettato le opposizioni del 19 luglio e del 4 novembre 2005 e dichiarata cessata la materia del contendere sull’opposizione del 6 novembre 2005 e, infine, dichiarato inammissibili gli ulteriori motivi e le censure introdotti con memoria, depositata dal difensore della O., in corso di causa, il 1 marzo 2011.
7. I nove motivi di ricorso censurano come segue la sentenza del Tribunale di Cagliari.
7.1. Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “degli artt. 177,189 c.c. e segg., della sentenza n. 1347/04 del tribunale, degli artt. 2672-2650 c.c., dell’art. 555 c.p.c., della giurisprudenza in materia”; il mezzo censura l’affermazione, della sentenza di merito, relativa alla pignorabilità del bene immobile in quanto bene ricadente nella comunione legale tra i coniugi C. – O., e ribadisce la censura d’invalidità dei primi due pignoramenti effettuati nei confronti del solo C., nonché di quello, il terzo, preso sulla sola metà dell’immobile di spettanza della O..
7.2. Il secondo mezzo afferma, “ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 277 c.p.c.. Nullità della sentenza” e ribadisce il vizio del provvedimento decisorio del Tribunale di Cagliari, laddove ha ritenuto valido ed efficace il pignoramento anche nei confronti della O., pur nella carenza di previa trascrizione della titolarità della quota di pertinenza della stessa, in quanto dall’atto pubblico notarile di acquisto del 18/04/1977 la O. risultava esclusa.
7.3. Il terzo mezzo deduce: “ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 567 c.p.c., artt. 2672-2650 c.c., art. 177 c.c., della giurisprudenza in materia, e, segnatamente della sentenza Cassaz. 12098/98. Illogicità e contraddittorietà”; il motivo si concentra sul paragrafo 2.2.1. della sentenza del Tribunale di Cagliari, relativo alla mancata prova della continuità delle trascrizioni da parte del Banco di Sardegna S.p.a..
7.4. Il quarto motivo pone censure: “ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 277 c.p.c.. Nullità della sentenza”. Esso si compone di nove righe, oltre l’intestazione di circa due righe, e afferma che quanto esposto nel terzo motivo del ricorso, in questa sede di legittimità, era stato già trattato nella prima memoria di replica del 23/09/2013 e che dette censure non erano state specificamente trattate e decise dal Tribunale.
7.5. Il quinto mezzo censura la sentenza d’appello “ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 567 c.p.c., dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c.. Illogicità e contraddittorietà” e si incentra sul paragrafo 2.2.2., pag. 11, della sentenza di merito, nella parte relativa all’eccezione di estinzione della procedura esecutiva, laddove essa è stata ritenuta incontestabile mediante l’opposizione agli atti esecutivi.
7.6. Il sesto motivo ribadisce le censure “ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 543 c.p.c., degli artt. 569 e 576,490c.p.c. e art. 175 disp. att. c.p.c.; dei principi costituzionali relativi al contraddittorio ed alla difesa, anche nell’ambito del procedimento esecutivo. Illogicità e contraddittorietà”; il mezzo muove censure anche in ordine alla ritualità del procedimento di decisione sull’istanza di ricusazione del giudice dell’esecuzione immobiliare e in particolare sulla mancata comunicazione alla O. dell’ordinanza di decisione sulla ricusazione.
7.7. Il settimo mezzo afferma: “ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 51,52,53 e 54 c.p.c., delle pronunce C. Cost. 388/02, 115/05, Cassaz. 10406/03; 3895/95, 4894/03 – Cassaz. SSUU 4297/02, SSUU 1763/03 e altre in materia”, esso torna ancora sul procedimento di ricusazione e sulla necessità che a seguito di rigetto dell’istanza di ricusazione il processo dinanzi al giudice ricusato debba essere formalmente riassunto.
7.8. L’ottavo motivo di ricorso verte nuovamente su vizi procedimentali, e della sentenza, e ne afferma l’invalidità “ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione degli artt. 112,132 n. 4 e 277 c.p.c.. Nullità della sentenza”; il mezzo addebita al Tribunale la mancata pronuncia sui vizi procedurali dedotti con il sesto e il settimo motivo.
7.9. Il nono e ultimo motivo censura la sentenza del Tribunale: “ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 51,52,53,54 c.p.c., delle pronunce C. Cost. 388/02, 115/05, Cassaz. 10406/03; 3895/95, 4894/03 – Cassaz. SSUU 4297/02, SSUU 1763/03 e altre in materia”.
8. I primi tre motivi del ricorso sono svolti dalla metà di pag. 9 fino alla pag. 15, pressoché in fine, e possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi, poiché tutti vertenti sulla questione dell’essere stato il pignoramento nei confronti della O. nullo (sia con riferimento ai pignoramenti del ***** e del ***** della Banca Commerciale Italiana S.p.a. e della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. nei confronti del solo C.A., sia con riferimento al pignoramento del ***** nei confronti della O. a istanza della Banco di Sardegna S.p.a.), in quanto la ricorrente era comproprietaria dell’immobile, costruito su terreno acquistato per atto pubblico notarile il 18/04/1977, in forza del regime di comunione legale instaurato con il coniuge C.A. e mai mutato nel corso degli anni e tale rimasto fino alla vendita forzata del bene immobile staggito.
8.1. Il primo motivo afferma che la quota della O. non poteva essere pignorata autonomamente, ai sensi dell’art. 189 c.c., come quota del 50% del bene immobile, in quanto essa era ricompresa nella comunione legale dei coniugi, e, di conseguenza, non vi era stata alcuna valida esecuzione del pignoramento poiché non vi era stata estensione dell’acquisto in favore della O., in quanto l’acquisizione al suo patrimonio si era verificato soltanto successivamente, in forza della sentenza del Tribunale di Cagliari n. 1347 del 2004.
8.2. Il secondo motivo deduce nullità della sentenza del Tribunale di Cagliari per omessa pronuncia sulle dedotte questioni di nullità e comunque d’invalidità dei tre suddetti pignoramenti immobiliari.
8.3 Il terzo mezzo ribadisce, in concreto, le argomentazioni già svolte nel primo e vi aggiunge il riferimento all’insussistenza di un valido atto di trasferimento in favore della O. al momento del pignoramento del 2001, essendosi la fattispecie acquisitiva realizzata soltanto nel 2004, in forza della richiamata sentenza del tribunale di Cagliari.
8.1.1. Il primo motivo è infondato, per le ragioni di seguito esposte.
Sul primo motivo deve ribadirsi che le censure sono destituite di fondamento, come affermato da questa Corte in precedenza. La sentenza n. 11175 del 29 maggio 2015 (non massimata, a quanto risulta), nel decidere anche sull’opposizione di terzo proposta dalla O. con atto del 21 novembre 2000, indicata a pag. 2 del ricorso qui in scrutinio, ha affermato testualmente: “In proposito occorre prendere le mosse dal principio di diritto che qui si ribadisce, per il quale “la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione” (così Cass. n. 6575/13). Pertanto, è corretto il rilievo della parte ricorrente secondo cui, in caso di comunione legale, è precluso il ricorso al procedimento di divisione endoesecutiva di cui agli artt. 600 c.p.c. e segg.. Ma proprio da tale presupposto in diritto deriva, quale corollario, l’inapplicabilità, in via diretta, dell’art. 599 c.p.c., nonché l’impraticabilità dell’opposizione di terzo all’esecuzione per pretendere di escludere dall’espropriazione una quota del bene in natura, come preteso dall’opponente ex art. 619 c.p.c., oggi ricorrente in proprio, O.R..”. La soluzione fatta propria dalla detta pronuncia è stata ribadita anche successivamente da questa Corte e costituisce, pertanto, un’affermazione dotata di adeguata stabilità, fino a quando il legislatore non riterrà di regolare specificamente la materia (così Cass. n. 06230 del 31/03/2016).
Il pignoramento nei confronti della O. è stato, pertanto, legittimamente eseguito e la sentenza del Tribunale di Cagliari, impugnata in questa sede, è immune dai vizi che le addebita il primo mezzo. Deve, per mera completezza motivazionale, rilevarsi che O.R. aveva proposto, in una con il coniuge C.A. e il figlio C.M., un’opposizione alla procedura di rilascio dell’immobile acquistato in sede di asta giudiziaria da Ca.Ro., adducendo, tra l’altro, che l’immobile ricadeva nella comunione legale dei coniugi e detta opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Cagliari con sentenza n. 1635 del 09/06/2014, confermata da questa Corte con sentenza n. 26963 del 15/11/2017. Con ordinanza n. 03018 del 09/02/2021 è stato rigettato il ricorso per revocazione proposta dalla O. avverso detta sentenza e dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto in proprio dall’avvocato Stara avverso la stessa sentenza.
8.1.2. Il primo motivo di ricorso e’, pertanto, rigettato, in quanto infondato.
8.2.1. Il secondo motivo, di violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, segue la sorte del primo: le motivazioni del Tribunale di Cagliari implicano, all’evidenza che le argomentazioni richiamate nel detto motivo e che si assumono, dalla difesa della O., non replicate, risultano assorbite per implicito dalla motivazione della sentenza impugnata. Sul punto specifico che afferma che il bene immobile era caduto comunque in comunione, ed era, quindi pignorabile anche in danno della O., e non solo del C., valgono le affermazioni di cui alla fine del punto 2.2.1 della sentenza gravata e segnatamente: “In definitiva, il fatto che l’atto pubblico del 18 aprile 1977 fosse stato trascritto solo a favore del C. non aveva impedito che l’acquisto fosse avvenuto in comunione e che come tale era pignorabile”.
8.3.1. Il terzo motivo viola l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto: esso si fonda sul certificato della Conservatoria dei Registri immobiliari di Cagliari, sull’atto di acquisito del terreno in data 18 aprile 1977 e sulla sentenza n. 1347 del 2004 del Tribunale di Cagliari, nonché su una serie di altri atti, ma rispetto ad essi non si ottempera alla norma del codice di rito sopra richiamata.
Il motivo è inammissibile in quanto la sua illustrazione si fonda su documenti e/o atti processuali, ma non osserva nessuno dei contenuti dell’indicazione specifica prescritta dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in quanto: a) non ne trascrive direttamente il contenuto per la parte che dovrebbe sorreggere la censura, se non per uno stralcio di tre righi dell’atto pubblico di acquisto dell’anno 1977, né, come sarebbe stato possibile in alternativa, lo riproduce indirettamente indicando la parte del documento o dell’atto, in cui troverebbe rispondenza l’indiretta riproduzione; b) non indica la sede del giudizio di merito in cui il documento venne prodotto o l’atto ebbe a formarsi; c) non indica la sede in cui in questo giudizio di legittimità il documento, in quanto prodotto (ai diversi effetti dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), se nella disponibilità, sarebbe esaminabile dalla Corte, ovvero, sempre in quanto prodotto, sa esaminabile in copia, se trattisi di documento della controparte; d) non indica la sede in cui l’atto processuale sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità, in quanto non precisa di averlo prodotto in originale (ove possibile) o in copia (ove trattisi di atto della controparte o del fascicolo d’ufficio, come i verbali di causa) e nemmeno fa riferimento alla presenza nel fascicolo d’ufficio (come ammette Sez. U. n. 22726 del 03/11/2011 Rv. 619317 – 01).
Inoltre, nelle argomentazioni del detto motivo, non si coglie una specifica considerazione delle argomentazioni del Tribunale e tanto lo rende ulteriormente inammissibile. Sul fatto che il bene immobile era caduto comunque in comunione, ed era, quindi pignorabile anche in danno della O., e non solo del C.A., valgono le affermazioni di cui al termine del punto 2.2.1 della sentenza impugnata, mentre, viceversa, il richiamo di cui al ricorso alla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 12098 del 28/11/1998) è del tutto improprio, trattandosi di fattispecie de tutto diversa, se non specularmente opposta a quella in esame, in cui veniva ad oggetto lo scioglimento della comunione a seguito di separazione personale dei coniugi.
9. Il quarto motivo del ricorso e’, al pari del precedente, inammissibile in quanto una volta che, giusta quanto sopra affermato sui primi tre motivi, si è consolidata la motivazione del Tribunale di Cagliari, esso perde di autonoma consistenza, essendo, come riconosce nella sua esposizione (pagg. 15-16 del ricorso) lo stesso difensore della O., una mera riproposizione di affermazioni fatte con memoria difensiva e disattese dal giudice di merito.
10. Il quinto motivo è infondato.
La sentenza gravata ha adeguatamente motivato anche sull’inammissibilità dell’eccezione di estinzione della procedura esecutiva in sede di opposizione agli atti, in quanto estranea all’ambito di cui all’art. 617 c.p.c. e da proporsi con il reclamo al Collegio (del Tribunale) avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione di rigetto dell’istanza di estinzione. Inoltre, a parte la sua assoluta assertorietà e genericità, esso, nella sua sola deduzione, addebita alla sentenza qui gravata di avere affermato la definitività della pronuncia del Tribunale di Cagliari n. 793 del 09/03/2010, cosa che il Tribunale di Cagliari, nella sentenza oggetto di scrutinio in questa sede, non ha affermato (risulta, peraltro, da controllo effettuato nell’archivio ***** che il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari n. 171 del 11/03/2013, che ha dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 793 del 2010, è stato rigettato da questa Corte con ordinanza del 11/05/2015, n. 09443).
11. Il sesto, il settimo, l’ottavo ed il nono motivo del ricorso possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, poiché tutti riguardano la ricusazione del giudice dell’esecuzione, che aveva trattato le procedure esecutive immobiliari originate dai tre diversi pignoramenti, ovvero concernono il procedimento di decisione sull’istanza di ricusazione e la successiva ripresa del processo esecutivo, dovendosi, sin da ora, evidenziare che l’ottavo motivo di ricorso si compone di poco più di due righe, oltre la rubrica.
11.1. I suddetti motivi sono inammissibili, sia in quanto presentano marcate inosservanze dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, sia in quanto nulla viene esposto sul come e sul perché le ipotetiche inosservanze procedimentali relative alle diverse ricusazioni dello stesso giudice dell’esecuzione immobiliare avrebbero determinato effetti sull’esito dei giudizi riuniti (a tal fine è opportuno richiamare, in relazione alla necessità di specifica indicazione delle concrete lesioni al diritto di difesa subite, Cass. n. 22341 del 26/09/2017 Rv. 646020-02).
11.2. I detti motivi, sono, inoltre inammissibili in quanto non si confrontano adeguatamente con la giurisprudenza di questa Corte -correttamente ed esaustivamente richiamata dal Tribunale di Cagliari – in materia di ricusazione del giudice, che ha reiteratamente affermato che laddove ciò che si lamenta è l’inosservanza di norme sul procedimento di ricusazione, in particolare la mancata audizione del giudice ricusato, le censure non rilevano di per sé, ma rilevano solo se la ricusazione sia stata rigettata a torto, nel qual caso ci si deve dolere con i mezzi di impugnazione previsti in via generale dal codice di rito (Cass. n. 01932 del 03/02/2015 Rv. 634244 – 01): “L’ordinanza di rigetto dell’istanza di ricusazione non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione perché, pur avendo natura decisoria, manca del necessario carattere di definitività e non ne è precluso il riesame nel corso del processo, attraverso il controllo sulla pronuncia resa dal (o con il concorso del) “iudex suspectus”, in quanto l’eventuale vizio causato dalla incompatibilità del giudice ricusato si risolve in motivo di nullità dell’attività svolta dal giudice stesso e, quindi, di gravame della sentenza da lui emessa”. Sul punto valgono, peraltro, le esaustive statuizioni di questa Corte (svolte da Cass. n. 11175 del 29/05/2015, già in precedenza richiamata, al par. 2.1., e ben nota alla difesa della O., in quanto ha deciso anche sull’opposizione di terzo da ella proposta in data 21/11/2000 e richiamata a pag. 2 del ricorso, “Va richiamato il principio di diritto per il quale l’ordinanza di rigetto dell’istanza di ricusazione non è impugnabile con ricorso straordinario per cassazione perché, pur avendo natura decisoria, manca del necessario carattere di definitività e non ne è precluso il riesame nel corso del processo, attraverso il controllo sulla pronuncia resa dal (o con il concorso del) “iudex suspectus”, in quanto l’eventuale vizio causato dalla incompatibilità del giudice ricusato si risolve in motivo di nullità dell’attività svolta dal giudice stesso e, quindi, di gravame della sentenza da lui emessa (così, da ultimo, Cass. ord. n. 1932/15). Corollario del principio appena richiamato è quello per il quale l’ordinanza che decide sull’istanza di ricusazione non è immediatamente e direttamente impugnabile col ricorso per cassazione, ma il controllo sul contenuto della pronuncia è possibile, in sede di legittimità, solo mediante l’impugnazione della sentenza emessa col concorso del giudice ricusato. Questa affermazione va specificata precisandosi che il provvedimento da impugnare, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 2, è la sentenza e che il motivo di impugnazione, che consente il controllo per via indiretta dell’ordinanza che ha deciso sulla ricusazione, è dato dalla nullità dell’attività svolta dal giudice, da denunciarsi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. La parte deve, perciò, denunciare la nullità della sentenza perché emessa da un giudice che si sia trovato in una delle situazioni previste dall’art. 51 c.p.c., comma 1. Solo per questo tramite è consentito al giudice superiore il controllo del contenuto del provvedimento di rigetto dell’istanza di ricusazione, per come è esplicitato anche dalla decisione a Sezioni Unite di questa Corte n. 17636/03. Quest’ultima, nell’affermare la non impugnabilità ex se dell’ordinanza, ha avuto modo di precisare che ciò “non esclude che il suo contenuto sia suscettibile di essere riesaminato nel corso dello stesso processo attraverso il controllo sulla pronuncia resa dal (o col concorso del) “iudex suspectus”, l’eventuale vizio causato dalla incompatibilità del giudice invano ricusato convertendosi in motivo di nullità dell’attività spiegata dal giudice stesso, e quindi di gravame della sentenza da lui emessa””.
11.3. In ogni caso è opportuno osservare, sempre in relazione ai detti quattro ultimi motivi di ricorso e a fini di mera completezza motivazionale, che con sentenza n. 22789 del 26/09/2018 questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto dalla stessa O. avverso la sentenza n. 07687 16 aprile 2015 di questa Corte, che aveva rigettato il ricorso per cassazione avverso sentenza del Tribunale di Cagliari che a seguito di proposizione di due opposizioni agli atti esecutivi in relazione all’esecuzione immobiliare nel quale era stato pignorato al 50% l’immobile della O., aveva dichiarato l’estinzione del giudizio, sulla base del rilievo di tardività dell’istanza di riassunzione a seguito di rinvio di udienza ai sensi dell’art. 181 c.p.c. e successiva cancellazione della causa dal ruolo (atteso che all’esito della fase incidentale di rigetto della ricusazione, la procedura esecutiva era stata riattivata e l’opposizione agli atti, proposta dalla O. avverso la mancata comunicazione della data della vendita al 14/07/2005, era stata dichiarata estinta dal Tribunale di Cagliari con sentenza del 06/03/2012).
Nella richiamata ultima pronuncia questa Corte ha ribadito la correttezza del procedimento di esame e decisione, sulle istanze di ricusazione del giudice dell’esecuzione immobiliare del Tribunale di Cagliari, reiteratamente proposte dalla odierna ricorrente.
12. Il ricorso, nel riscontro di ragioni di infondatezza e di inammissibilità dei motivi in cui si articola, e’, pertanto, rigettato.
13. Le spese di questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono regolate come in dispositivo, sulla base del valore della causa.
14. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto.
PQM
Rigetta il ricorso Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 7.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 23 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021
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