Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.20874 del 21/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1456/2016 proposto da:

Comune di Altofonte, in persona del sindaco pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Ribaudo Giuseppe, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Impresa Z.M.M.G., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Trionfale n. 7032, presso lo studio dell’avvocato Franciosa Giorgio, rappresentata e difesa dall’avvocato Amoroso Emilio, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

Allianz S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Vicolo Orbitelli n. 31, presso lo studio dell’avvocato Clemente Michele, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1375/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 21/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/05/2021 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Palermo, con sentenza n. 1375/2016, depositata in data 21/9/2015, – in controversia promossa dall’Impresa Z.M.M.G. e dalla Cogit sas di S.R., nei confronti del Comune di Altofonte, per sentire condannare il convenuto al risarcimento dei danni conseguenti a Delib. Comunale 1 dicembre 2005, con la quale l’Ente aveva provveduto alla risoluzione del contratto di appalto relativo alla realizzazione di impianto sportivo, stipulato, nel maggio 2005, con le imprese edili attrici, costituite in A.T.I. resasi aggiudicataria dell’appalto, con domanda riconvenzionale del Comune e chiamata in causa della RAS spa, che aveva stipulato polizza fideiussoria in favore dell’Ente per l’esatto adempimento del contratto, – ha confermato la decisione di primo grado, con la quale si era condannato il Comune a versare, a titolo di risarcimento danni, all’Impresa Z., Euro 66.235,28 e, alla Cogit, Euro 68.957,49, respinte le domande riconvenzionali del Comune.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che, seppure la normativa in materia di appalto di opere pubbliche non richiamava espressamente il concetto di gravità dell’inadempimento, doveva ritenersi, in conformità con i principi generali di buonafede e correttezza, che il ritardo, rispetto alle previsioni di programma, imputabile a negligenza dell’appaltatore, possa costituire il presupposto per la risoluzione del contratto solo se rilevante, ai sensi del D.P.R. n. 554 del 1994, art. 119, commi 4 e 5, disciplina questa finalizzata ad assicurare il rispetto da parte dell’appaltatore di opere pubbliche del principio della c.d. “continuità dell’esecuzione”, dovendo tale normativa contemperarsi con il principio generale di buona fede e correttezza contrattuale; nella specie, era intervenuta, dopo la consegna, in data 12/7/2005, dei lavori, la morte, in data 30/8/2005, del legale rappresentante, Se.Ro., della Cogit, società capogruppo dell’ATI, integrante causa di forza maggiore che aveva compromesso l’operatività della società appaltatrice (e secondo il consulente tecnico d’ufficio nominato aveva determinato la necessità di concedere all’appaltatrice 60 giorni di sospensione dopo l’evento suddetto, non riconosciuti dal Comune appaltante), cosicché un ritardo imputabile all’ATI “di soli 81 gg, costituente solo il 15% del termine complessivo convenuto” (di 580 giorni), ritardo che comunque avrebbe consentito all’ATI, come vagliato dal consulente tecnico d’ufficio, di completare l’opera nel termine pattuito, non poteva essere ritenuto “rilevante”, con conseguente conferma della disapplicazione del provvedimento unilaterale di risoluzione, adottato dal Comune nel dicembre 2005.

Avverso la suddetta pronuncia, non notificata, il Comune di Altofonte propone ricorso per cassazione, notificato il 9-13/1/2016, affidato a tre motivi, nei confronti di Impresa Z.M.M.G. (che resiste con controricorso notificato il 15/2/2016), di Allianz spa (già Riunione Adriatica di Sicurtà – RAS spa, che resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato in unico motivo, notificato il 18-19/2/2016) e di Cogit sas di S.R. (che non svolge difese). La controricorrente Allianz ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente principale lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 554 del 1999, art. 119, commi 4, 5 e 6 e artt. 1175 e 1375 c.c., ribadendo che il Comune, tramite il Direttore Lavori, con nota del 4/10/2005, aveva promosso, stante il ritardo dell’ATI appaltatrice (la quale dopo 141 giorni dalla consegna dei lavori, avvenuta il 12/7/2005, non aveva svolto alcuna lavorazione), intimazione ad adempiere, con termine di dieci giorni, a fronte della quale l’ATI era rimasta colpevolmente inerte, nessuno essendosi presentato per l’impresa appaltatrice neppure nel successivo sopraluogo disposto dal Direttore lavori, così integrandosi l’inadempimento richiesto per la risoluzione del contratto di appalto, che non presuppone, come nella normativa civilistica, la gravità; b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1175 c.c., non avendo la Corte di merito valutato le violazioni al principio di buona fede nell’esecuzione del contratto poste in essere dalle appaltatrici, iniziando i lavori con un ritardo di 81 o 141 giorni, superiore alla normale tollerabilità; c) con il terzo motivo, l’omessa, insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione al fatto che le imprese non avessero neppure avviato le necessarie comunicazioni, preliminari rispetto all’avvio dell’esecuzione del contratto, dei nominativi del capocantiere, del responsabile della sicurezza del cantiere, degli operai e relative qualifiche, nonché del medico di riferimento, cosicché ragionevolmente il Comune non poteva confidare nella ripresa delle lavorazioni.

2. La ricorrente incidentale Allianza, per la denegata ipotesi di accoglimento di uno dei motivi di ricorso principale, articola un motivo di ricorso incidentale condizionato, reiterando l’eccezione di carenza dei presupposti per l’escussione della fideiussione rilasciata dalla Compagnia quale cauzione definitiva e non quale cauzione provvisoria L. n. 109 del 1994, ex art. 30, in difetto dimostrazione da parte del Comune del danno da mancato o inesatto adempimento subito.

3. Le censure del ricorso principale, da vagliare unitariamente in quanto connesse, sono fondate, nei sensi di cui in motivazione.

3.1. Lamenta, anzitutto, il Comune che la Corte di merito abbia violato la normativa specifica del contratto di appalto di opera pubblica, nella quale, per l’ipotesi di avvio del procedimento di risoluzione del contratto per ritardo dell’appaltatore, non è necessario che tale ritardo sia grave o rilevante, essendo sufficiente che esso sia imputabile a negligenza dell’appaltatore e che venga attivata la procedura prevista, all’esito della quale, se il ritardo, per inerzia dell’appaltatore, non si sia ridotto ma sia addirittura aumentato, del tutto legittima risulta la risoluzione da parte dell’ente locale. Nella specie, secondo l’impostazione del ricorrente l’avvio della procedura di contestazione del ritardo e di intimazione all’avvio dei lavori entro un certo termine, legittimerebbe comunque, nell’inerzia dell’appaltatrice, decorso il termine e perdurando il ritardo, la declaratoria di unilaterale risoluzione del contratto di appalto da parte della Stazione appaltante, a prescindere da ogni vaglio circa la gravità o importanza del ritardo in relazione al termine di esecuzione dell’opera o il rispetto del generale principio di correttezza o buona fede.

Il Comune ricorrente deduce poi che, pur volendo condividere l’impostazione dei giudici di merito, il ritardo accumulato dall’appaltatrice, oltre gli ulteriori inadempimenti, in particolare il fatto che, dopo 141 giorni (o 81 volendo condividere le considerazioni del consulente tecnico sulla necessaria sospensione di 60 giorni per la morte del legale rappresentante dell’impresa mandataria) dalla consegna dei lavori, essa non avesse svolto alcuna lavorazione né avviato i necessari adempimenti preliminari, unitamente all’assenza ai diversi sopraluoghi disposti dal direttore lavori, dovevano ritenersi rilevanti e legittimanti la risoluzione contrattuale da parte dell’Ente committente, atteso che un giudizio prognostico positivo circa la possibilità per l’ATI di riprendere i lavori e portarli a compimento, non poteva prescindere dall’esame del comportamento tenuto dall’appaltatrice, di assoluta inerzia e disinteresse.

3.2. Il D.P.R. n. 554 del 1999, art. 119 (regolamento di attuazione della L. n. 109 del 1994, legge quadro in materia di lavori pubblici), abrogato del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 256,Codice degli Appalti, con decorrenza dal 10 luglio 2006, ma qui ancora applicabile ratione temporis, disciplina la “risoluzione del contratto per grave adempimento, grave irregolarità e grave ritardo” e stabilisce che: “I. Quando il direttore dei lavori accerta che comportamenti dell’appaltatore concretano grave inadempimento alle obbligazioni di contratto tale da compromettere la buona riuscita dei lavori, invia al responsabile del procedimento una relazione particolareggiata, corredata dei documenti necessari, indicando la stima dei lavori eseguiti regolarmente e che devono essere accreditati all’appaltatore. 2. Su indicazione del responsabile del procedimento il direttore dei lavori formula la contestazione degli addebiti all’appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento. 3. Acquisite e valutate negativamente le predette controdeduzioni, ovvero scaduto il temine senza che l’appaltatore abbia risposto, la stazione appaltante su proposta del responsabile del procedimento dispone la risoluzione del contratto. 4. Qualora, al fuori dei precedenti casi, l’esecuzione dei lavori ritardi per negligenza dell’appaltatore rispetto alle previsioni del programma, il direttore dei lavori gli assegna un termine, che, salvo i casi d’urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni, per compiere i lavori in ritardo, e dà inoltre le prescrizioni ritenute necessarie. Il termine decorre dal giorno di ricevimento della comunicazione. 5. Scaduto il termine assegnato, il direttore dei lavori verifica, in contraddittorio con l’appaltatore, o, in sua mancanza, con la assistenza di due testimoni, gli effetti dell’intimazione impartita, e ne compila processo verbale da trasmettere al responsabile del procedimento. 6. Sulla base del processo verbale, qualora l’inadempimento permanga, la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, Delibera la risoluzione del contratto”.

La disciplina afferente il ritardo dell’appaltatore, contenuta nei commi da quattro a sei, è quindi funzionale a deliberare la risoluzione in base specificamente alla sequenza procedimentale ivi stabilita.

Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto, pur dando atto dell’attivazione da parte del Comune della procedura sopra richiamata, che il ritardo accumulato dall’impresa sino al 1 dicembre 2005, data della Delibera comunale di risoluzione anticipata del contratto, ad essa imputabile, per negligenza, nella misura di soli ottantuno giorni, considerata la sospensione legittima dell’esecuzione per un periodo di sessanta giorni dalla morte, evento improvviso ed imprevedibile, del legale rappresentante dell’impresa capogruppo dell’ATI (e tanto più alla data del 1/10/2005, di intimazione ad adempiere, da parte del Direttore Lavori, intervenuta a trenta giorni circa dal suddetto evento), in applicazione del principio generale di buona fede nell’esecuzione del contratto, non aveva il necessario carattere di rilevanza, al fine di legittimare la risoluzione del contratto.

Ora, questa Corte ha, da tempo, chiarito che “nell’ambito di un negozio concluso dalla P.A. iure privatorum… non si configura un potere discrezionale dell’amministrazione, il cui comportamento va, pertanto, valutato come quello di un qualsiasi committente privato, senza alcuna limitazione, per il giudice ordinario – al quale è devoluta la cognizione delle relative controversie -, nell’indagine diretta ad accertarne l’eventuale colpa (agendo, nella specie, l’appaltatore per la risoluzione del contratto sulla base di asserite carenze progettuali attribuite alla committente), in quanto la preminenza della posizione riservata alla P.A. committente e l’essere l’opera appaltata rivolta a fini pubblici non incidono sulla natura privatistica del contratto di appalto di opere pubbliche, dal quale derivano, per l’appaltatore, veri e propri diritti soggettivi, con correlativi obblighi a carico dell’amministrazione” (Cass. SU 10525/1996). Così (Cass. 10052/2006) si è ritenuto che, anche nell’appalto di opere pubbliche, sia configurabile, in capo all’amministrazione committente, creditrice dell'”opus”, “un dovere – discendente dall’espresso riferimento contenuto nell’art. 1206 c.c. e, più in generale, dai principi di correttezza e buona fede oggettiva, che permeano la disciplina delle obbligazioni e del contratto – di cooperare all’adempimento dell’appaltatore, attraverso il compimento di quelle attività, distinte rispetto al comportamento dovuto dall’appaltatore, necessarie affinché quest’ultimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio”

In effetti, la procedura dettata dall’art. 119 del Regolamento di attuazione della c.d. Legge Merloni (“Risoluzione del contratto per grave adempimento, grave irregolarità e grave ritardo”), vigente ratione temporis, contemplava sempre che, una volta scaduto il termine assegnato, sulla base di un verbale redatto dal direttore lavori in contraddittorio con l’impresa, trasmesso al responsabile del procedimento, potesse essere deliberata la risoluzione dalla stazione appaltante “qualora l’inadempimento permanga”, su proposta del responsabile del procedimento.

Occorre sempre quindi che, a fini del rimedio risolutorio prescelto, vi sia stato un inadempimento o un ritardo grave da parte dell’appaltatore, frutto di grave negligenza ad esso imputabile.

3.3. Nella specie, tuttavia, pur valutata la sospensione che sarebbe spettata all’impresa di gg. sessanta per la morte improvvisa del legale rappresentante della Capogruppo mandataria, impresa di piccole dimensioni, e considerata l’entità del ritardo rispetto al tempo concordato per l’esecuzione dell’opera, la Corte d’appello ha ritenuto che il ritardo non potesse essere ritenuto sufficiente a legittimare la risoluzione da parte della stazione appaltante, vagliando il solo lato oggettivo (vale a dire il ritardo, comunque non di scarsa importanza nell’economia del contratto, essendo di 141 giorni o di 81 giorni), non dando rilievo alla minima quantità di lavori svolti ed ignorando il lato soggettivo, vale a dire il fatto che tutti gli inviti ed i richiami all’impresa erano rimasti senza risposta, così giustificandosi, per l’appaltante, un fondato dubbio sull’affidabilità dell’appaltatrice e sulle sue possibilità di rientro.

La Corte di merito ha quindi ritenuto che l’impresa poteva recuperare il ritardo, senza verificare se questo fosse probabile o meno, alla luce del pregresso comportamento, laddove, per valutare correttamente la proporzionalità degli inadempimenti dedotti dalle due parti a sostegno della risoluzione contrattuale, essa avrebbe dovuto soppesare sia l’aspetto soggettivo che quello oggettivo, apprezzandoli nella loro globalità.

3. Orbene, questa Corte ha costantemente ribadito che “lo scioglimento del contratto per inadempimento – salvo che la risoluzione operi di diritto – consegue ad una pronuncia costitutiva, che presuppone da parte del giudice la valutazione della non scarsa importanza dell’inadempimento stesso, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte. Tale valutazione viene operata alla stregua di un duplice criterio, applicandosi in primo luogo un parametro oggettivo, attraverso la verifica che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; l’indagine va poi completata mediante la considerazione di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti (come un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione, ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra), che possano, in relazione alla particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità, nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata” (Cass. 7083/2006; Cass. 22346/2014; Cass. 10995/2015; Cass. 8220/2021).

4. Il ricorso incidentale condizionato è inammissibile, concernendo questione non esaminata dalla Corte d’appello, avendo la stessa accolto la domanda principale delle appaltatrici. Ora, è inammissibile il ricorso incidentale, sia pure condizionato, con il quale la parte vittoriosa in sede di merito riproponga questioni su cui i giudici di appello non si sono pronunciati, avendole ritenute assorbite dalla statuizione adottata, in quanto tali questioni, nel caso di cassazione della sentenza, rimangono impregiudicate e possono essere dedotte davanti al giudice di rinvio (Cass. 574/2016; Cass. 22095/2017; Cass. 6572/1988).

5. Per tutto quanto sopra esposto, va accolto il ricorso, inammissibile il ricorso incidentale condizionato, e va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, inammissibile il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche in ordine alle spese processuali del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2021

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