Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.20956 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 1232 del ruolo generale dell’anno 2014, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia;

– ricorrente –

contro

TRE G G.A. società cooperativa, in persona del liquidatore pro tempore, e G.M., rappresentati e difesi, giusta procura speciale a margine del controricorso, dall’avv. Giovanni Antonio Cillo, col quale elettivamente si domiciliano in Roma, alla via Giuseppe Galati, n. 100/C, presso lo studio dell’avv. Enzo Giardiello;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sede di Salerno, depositata in data 21 maggio 2014, n. 5010;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 14 aprile 2021 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;

lette le considerazioni della Procura generale, in persona del sostituto procuratore generale Umberto De Augustinis, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla sentenza impugnata che per l’anno 2007 l’Agenzia delle entrate ha notificato al liquidatore e alla società cooperativa un avviso di accertamento sostitutivo di altro avviso, che era stato impugnato perché emesso in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Società e liquidatore impugnarono anche il secondo avviso tornando ad eccepire la violazione del termine dilatorio previsto dalla norma indicata e ne ottennero l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Avellino.

Quella regionale della Campania ha respinto l’appello dell’Agenzia, sostenendo che permanesse la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. A tanto ha aggiunto che l’avviso di accertamento si è basato su un processo verbale di constatazione emesso a carico si un soggetto terzo, ossia la Smil Service s.r.l., mai portato a conoscenza della cooperativa.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che articola in due motivi, cui società e liquidatore reagiscono con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Deve essere, in via preliminare, esaminata la questione degli effetti derivanti dalla circostanza che le conclusioni del Procuratore generale sono state formulate e spedite alla cancelleria della Corte in data 31 marzo 2021, dunque tardivamente (di un giorno) rispetto al termine prescritto dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 176 del 2020), che lo individua nel “quindicesimo giorno precedente l’udienza” (nella specie corrispondente al 30 marzo), prevedendo poi – in conformità alla regola generale – che i difensori delle parti possono depositare memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c., “entro il quinto giorno antecedente l’udienza”;

il Collegio ritiene che la tardività sia fonte di nullità processuale di carattere relativo, la quale, pertanto, resta sanata a seguito dell’acquiescenza delle parti ai sensi dell’art. 157 c.p.c..

Premesso, infatti, che l’intervento del Procuratore generale nelle udienze pubbliche dinanzi alle Sezioni unite civili e alle sezioni semplici della Corte di cassazione è obbligatorio – a pena di nullità assoluta rilevabile d’ufficio (art. 70 c.p.c., e art. 76 ord. giud.) – in ragione del ruolo svolto dal Procuratore generale a tutela dell’interesse pubblico, la tempestività dell’intervento, in relazione al disposto del citato D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, opera invece esclusivamente a tutela del diritto di difesa delle parti, con la conseguenza che deve ritenersi rimessa a queste ultime la facoltà – e l’onere – di eccepirne la tardività, in base alla disciplina prevista per le nullità relative; laddove nel caso in esame nessuna eccezione è stata proposta.

2.- Il ricorso che, contrariamente a quanto eccepito in controricorso, è ammissibile, perché adeguatamente formulato sia sotto il profilo dell’enunciazione dei fatti, sia quanto all’individuazione della questione giuridica e dei profili d’illegittimità della sentenza impugnata, è fondato.

3.- Col primo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dello statuto dei diritti del contribuente, art. 12, comma 7, là dove il giudice d’appello ha ritenuto che il secondo avviso fosse, al pari del precedente, viziato da nullità per l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dalla norma in questione.

Ciò perché il giudice d’appello ha in sostanza reputato che, ove sia stato emesso un avviso di accertamento ante tempus, il termine dilatorio previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, riprenda a decorrere ex novo quando l’atto viziato sia stato rimosso, per cui l’emissione di un successivo avviso debba essere differita di un nuovo termine di sessanta giorni, decorrenti dal momento della rimozione del precedente atto.

3.1.- Il ragionamento della Commissione tributaria regionale si palesa erroneo e viziato in diritto, rivelandosi in contrasto col costante orientamento di questa Corte, in base al quale, nel caso in cui l’avviso di accertamento sia annullato in via di autotutela, in quanto illegittimamente adottato senza rispettare il termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, la rinnovazione dell’avviso resta soggetta solo all’originario termine decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, non potendosi far decorrere un nuovo termine dalla rimozione dell’atto (Cass. n. 21820/17; Cass. n. 33501/18).

4.- L’annullamento dell’atto illegittimo, in via di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, oppure a seguito di decisione giudiziale, comporta che quell’atto diviene definitivamente improduttivo di effetti.

Ciò, tuttavia, non incide sul termine stabilito dalla norma, che, in assenza di qualsiasi previsione esplicita o implicita, non può subire alcuna sospensione od interruzione.

4.1.- Il decorso del termine, del resto, costituisce il presupposto per la legittimità del provvedimento impositivo, sicché, anche in caso di violazione, il termine medesimo continua a decorrere, riverberandosi l’infrazione solo sull’atto emesso.

Si tratta di una conclusione congruente con la ratio della disposizione, che è quella di concedere un termine al contribuente per osservazioni o richieste a partire dal momento in cui le operazioni degli organi di controllo siano state chiuse, sì da arricchire il materiale soggetto a valutazione; e tale momento non può essere equiparato alla successiva (e, nel caso, illegittima) determinazione dell’amministrazione finanziaria, la quale, invece, integra una valutazione sulle operazioni di controllo.

Gli elementi posti all’attenzione del contribuente, d’altronde, sono quelli esistenti proprio con riguardo alla chiusura delle operazioni, sicché anche sotto questo profilo, resta priva di giustificazioni la prospettata rinnovazione del termine dilatorio.

Ne deriva, in conclusione, che, ove l’atto sia stato annullato in via di autotutela perché emesso ante tempus, la rinnovazione dell’avviso resta soggetta solo all’originario termine dilatorio di sessanta giorni, decorrente dal “rilascio della copia del processo verbale chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo”, non potendosi far decorrere un nuovo termine dalla rimozione dell’atto illegittimo.

Il motivo va quindi accolto.

5.- Fondato è altresì il secondo motivo di ricorso, col quale l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 3, là dove la Commissione tributaria regionale ha stabilito la nullità dell’avviso perché la relativa motivazione fa riferimento ad un atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente.

Sostiene al riguardo la ricorrente che il processo verbale di constatazione concernente la posizione della contribuente è stato a questa consegnato e che esso conteneva i riferimenti agli elementi di prova, ossia al rinvenimento degli assegni bancari emessi dalla cooperativa in favore della Smil Service s.r.l. e alla mancanza di corrispondenza tra pagamenti e fatture.

5.1.- Sul punto difatti, la stessa Commissione tributaria regionale dà conto del fatto che il processo verbale di constatazione era stato richiamato nell’accertamento impugnato, del quale non descrive il contenuto. Sicché la valutazione di nullità dell’avviso per difetto di motivazione, a fronte della riproduzione per stralcio, in ricorso, del contenuto del processo verbale di constatazione notificato alla cooperativa, risulta erronea.

6.- Il ricorso va quindi accolto.

Ne deriva la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale per un nuovo esame e per la regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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