Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.20962 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina M – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al numero 1078 del ruolo generale dell’anno 2015, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.A. e P.F., quali ex soci di Planet s.n.c. di F.P., – cancellata dal registro delle imprese in data ***** –

rappresentati e difesi, giusta procura speciale a margine del controricorso, dal Prof. Avv.to Cesare Giendi e dall’Avv.to Luigi Manzi, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’ultimo difensore, in Roma, Via Federico Confalonieri n. 5;

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 664/04/14 depositata in data 20 maggio 2014, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio della pubblica udienza del 14 aprile 2021 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido di Nocera.

Lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del sostituto procuratore generale Dott. de Augustinis U., il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Lette le memorie depositate dalle parti private.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza non notificata, n. 664/04/14 depositata in data 20 maggio 2014, la Commissione tributaria regionale della Liguria, previa riunione, accoglieva gli appelli proposti dalla società Planet s.n.c. di Fabio Ponte e da P.F. e P.A., nella qualità di soci, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso le sentenze n. 158/20/10, n. 159/20/10, n. 160/20/10 della Commissione tributaria provinciale di Genova che avevano rigettato i ricorsi proposti separatamente dalla società e dai soci avverso rispettivamente: 1) l’avviso di accertamento ***** con il quale l’Ufficio aveva contestato nei confronti della società, ai fini Irap e Iva, per l’anno 2006, maggiori ricavi derivanti da plusvalenze realizzate per la cessione dell’azienda; 2) gli avvisi di accertamento ***** e *****, relativi ai redditi di partecipazione imputati ai soci per trasparenza, ai sensi dell’art. 5 TUIR.

2. La CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che gli avvisi di accertamento impugnati- emessi nei confronti della Planet s.n.c. e dei soci P.F. e P.A. – andavano annullati in quanto la società era stata cancellata dal registro delle imprese in epoca anteriore all’accertamento, con conseguente perdita della capacità di stare in giudizio e possibilità dei creditori di rivalersi nei confronti dei soci, solo se e nella misura, questi ultimi avessero riscosso- con relativo onere probatorio a carico dell’Ufficio – la quota ad essi spettante a seguito della approvazione del bilancio finale di liquidazione.

3. Avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi cui resistono, con controricorso, P.A. e P.F., quali ex soci e successori della Planet s.n.c..

4. I controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

5. La causa fissata originariamente dinanzi alla sesta sezione civile-T, all’udienza del 15.6.2016, veniva rimessa alla sezione quinta, per connessione con i ricorsi RG n. 8926/14, n. 8928/14 e n. 8929/14, con fissazione della trattazione in pubblica udienza ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, come convertito, con mod., dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve essere, in via preliminare, esaminata la questione degli effetti derivanti dalla circostanza che le conclusioni del Procuratore generale sono state formulate e spedite alla cancelleria della Corte in data 31 marzo 2021, dunque tardivamente (di un giorno) rispetto al termine prescritto dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 176 del 2020), che lo individua nel “quindicesimo giorno precedente l’udienza” (nella specie corrispondente al 30 marzo), prevedendo poi – in conformità alla regola generale – che i difensori delle parti possono depositare memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c., “entro il quinto giorno antecedente l’udienza”.

Il Collegio ritiene che la tardività sia fonte di nullità processuale di carattere relativo, la quale, pertanto, resta sanata a seguito dell’acquiescenza delle parti ai sensi dell’art. 157 c.p.c..

Premesso, infatti, che l’intervento del Procuratore generale nelle udienze pubbliche dinanzi alle Sezioni unite civili e alle sezioni semplici della Corte di cassazione è obbligatorio – a pena di nullità assoluta rilevabile d’ufficio (art. 70 c.p.c. e art. 76 ord. giud.) – in ragione del ruolo svolto dal Procuratore generale a tutela dell’interesse pubblico, la tempestività dell’intervento, in relazione al disposto del citato D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, opera invece esclusivamente a tutela del diritto di difesa delle parti, con la conseguenza che deve ritenersi rimessa a queste ultime la facoltà – e l’onere – di eccepirne la tardività, in base alla disciplina prevista per le nullità relative.

2.Preliminarmente, ad avviso di questo Collegio, non sussistono i presupposti per la riunione del presente procedimento ai ricorsi RG n. 8926/14, n. 8928/14 e n. 8929/14, non ravvisando, in concreto, elementi di connessione tali da rendere opportuno il loro esame congiunto.

3. Va premesso che, a partire dall’arresto di Cass., sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815, “in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comportano che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia, la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario” (Cass., sez. 5, n. 7357 del 2020); nel caso di specie, l’integrità del contraddittorio ab origine è stato assicurato in quanto i giudizi di primo grado, decisi tutti in data 24.5.2010 con sentenze n. 158/20/10, n. 159/20/10, n. 160/20/10 della medesima sezione Commissione tributaria provinciale di Genova sono stati riuniti in grado di appello dalla CTR della Liguria e definiti con la sentenza impugnata (per la sanatoria del vizio del contraddittorio attraverso la riunione nel processo di cassazione: cfr. Cass. 18.2.2010, n. 3830; Cass. 10.2.2010, n. 2907; Cass. 22 dicembre 2017 n. 30805).

4. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 e 2312 c.c. e del D.P.R. n. 916 del 1987, art. 5, per non avere la CTR considerato – nell’annullare l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società di persone Planet s.n.c. – la responsabilità illimitata dei soci e la loro automatica successione nei debiti societari dopo l’estinzione della società, potendo il relativo processo, intrapreso dalla società (benché cancellata), essere proseguito nei confronti degli ex soci medesimi.

5. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR annullato gli atti impositivi relativi ai redditi di partecipazione imputati ai soci ai sensi dell’art. 5 TUIR, in considerazione della avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, senza che i contribuenti avessero invocato tale ragione di invalidità quale motivo di impugnazione, eccedendo il thema decidendum.

6. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 1 e 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, per avere la CTR fatto erroneamente discendere dalla constatazione della estinzione della società in epoca anteriore all’accertamento, l’annullamento degli avvisi nei confronti dei soci, senza verificare il fondamento delle contestazioni mosse dall’Agenzia alla società medesima.

7. I motivi – da trattare congiuntamente per connessione – sono fondati nei termini di seguito indicati.

7.1. Ai sensi dell’art. 2495 c.c. (nel testo risultante dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la cui entrata in vigore come noto è fissata al 1 gennaio 2004), l’iscrizione della cancellazione di società di capitali nel registro delle imprese comporta l’estinzione della società, restando irrilevante l’eventuale esistenza di rapporti giuridici ancora pendenti. Come noto, le Sezioni Unite hanno riconosciuto alla norma “effetto espansivo” anche alle società di persone, di modo che anche per esse si produce l’effetto estintivo conseguente alla cancellazione, sebbene per queste ultime la relativa pubblicità conservi natura dichiarativa. E ciò anche per le cancellazioni che abbiano avuto luogo anteriormente alla data di entrata in vigore della nuova formulazione della norma, con effetto però in tal caso da quest’ultima data: 1 gennaio 2004 (v. Cass. Sez. U. 22/02/2010, n. 4062). Tale effetto deve, nel caso di specie, riconoscersi prodotto in conseguenza dell’intervenuta cancellazione dal registro delle imprese della società di di persone di che trattasi prima della proposizione del giudizio di primo grado; va subito chiarito, con riguardo all’effetto estintivo delle società (di persone e di capitali) conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese in base alla riforma del diritto societario attuata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, che il successivo D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) né efficacia retroattiva, sicché il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c.c., comma 2 – operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi – si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente” (Cass. sez. V, 6743/15, 7923/16, 8140/16; sez. VI-5, 15648/15, n. 11100/17).

Ciò premesso, deve darsi seguito al consolidato orientamento per cui (Cass. sez. trib. 5736/16; così 21188/14; 23029/17; Cass. n. 21125/2018) secondo cui: “in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito”. Va poi ricordato, secondo Cass. SSUU n. 6070/13, che: “deve essere dichiarata inammissibile l’azione giudiziaria intrapresa dalla, o esercitata contro la, società estinta a seguito cancellazione dal registro delle imprese (…)”; e, inoltre, che analoga regola di estinzione vale anche per la società personale’: “dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese estingue anche la società di persone, sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo siano stati definiti. Pertanto, la prova contraria, idonea a superare l’effetto di pubblicità dichiarativa che l’iscrizione della cancellazione spiega per la società di persone, non può vertere sul fatto statico della pendenza di rapporti sociali non definiti, occorrendo, viceversa, la prova del fatto dinamico della continuazione dell’operatività sociale dopo l’avvenuta cancellazione, la quale soltanto giustifica, ai sensi dell’art. 2191 c.c., la cancellazione della cancellazione, cui consegue la presunzione che la società non abbia mai cessato di esistere”. (Cass. sez. 5, 5736/16, n. 20252/15, n. 21188/14); trattasi di impugnazione “improponibile, poiché l’inesistenza del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio (Cass. sez. V, 5736/16, n. 20252/15, n. 21188/14); in questo contesto, non vi è spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato e ciò proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto (Cass. sez. 5, n. 9329 del 2020; Cass. sez. 6-5, 19142/16; v. anche Cass. sez. 5, 2444/17, per l’inesistenza del ricorso proposto da una società estinta; conf., a contrario, Cass. sez. 5, n. 4786/17).

Pertanto, la cancellazione della società dal registro delle imprese e la conseguente estinzione prima della notifica dell’avviso di accertamento e della instaurazione del giudizio di primo grado determina il difetto della sua capacità processuale ed il difetto di legittimazione a rappresentarla dei soci, sicché l’accertamento del difetto di legitimatio ad causam sin da prima che venga instaurato il primo grado di giudizio, secondo giurisprudenza costante, esclude ogni possibilità di prosecuzione dell’azione limitatamente alla società (Cass. n. 11046 del 2019; n. 4853 del 11/3/2015; Cass. n. 21188 del 8/10/2014; Cass. n. 22863 del 3/11/2011).

Nel caso di specie, la cancellazione delle società dal registro imprese risale al ***** evidentemente ben anteriore alla notifica dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società risalente al 2009; peraltro, costituisce circostanza incontestata la proposizione del ricorso originario avverso l’avviso – emesso nei confronti della Planet s.n.c. – esclusivamente da parte del legale rappresentante della cessata società (e non già dai soci personalmente in qualità di successori della estinta società, quali unici soggetti legittimati, v. in tal senso Cass. n. 21125/2018) con conseguente difetto della sua capacità processuale e legittimazione a rappresentare la società ormai estinta. Invero, “nemmeno l’avviso di accertamento poteva essere emesso a carico della società, ormai inesistente, con la conseguenza che, ancorché l’ex liquidatore non avesse eventualmente impugnato il medesimo, nessun pregiudizio poteva comunque derivarne, atteso che alcuna esecuzione forzata era possibile promuovere a carico della società estinta” (Cass. n. 9329 del 2020; anche Cass. n. 11046 del 2019). Al riguardo, come chiarito da questa Corte, nel caso di cancellazione della società in data antecedente alla notifica dell’avviso di accertamento, quest’ultimo deve essere notificato ai soci – come nella specie pacificamente avvenuto nei confronti di P.F. e P.A. – in quanto subentrati, in virtù di un fenomeno successorio, sia pure sui generis, alla società (Cass. n. 22111/2017).

Nella caso che occupa, pertanto, essendo stata cancellata la società Planet prima della notificazione dell’avviso societario, il ricorso originario proposto esclusivamente dal legale rappresentante della società era inammissibile, con ciò restando fermo l’avviso medesimo validamente notificato agli ex soci, quali successori sui generis (e da questi ultimi non impugnato).

Per quanto concerne la posizione dei soci in proprio – destinatari degli avvisi relativi al reddito di partecipazione ai sensi dell’art. 5 TUIR, e ricorrenti nei relativi giudizi – va ribadito che “In materia di contenzioso tributario, e con specifico riferimento all’accertamento del reddito da partecipazione in una società di persone, in caso di estinzione dell’ente per cancellazione dal registro delle imprese, la qualità di successore universale dello stesso si radica in capo al socio per il fatto stesso dell’imputazione al medesimo del reddito della società in forza del principio di trasparenza del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 5, implicante una presunzione di effettiva percezione del precisato reddito. Ne consegue che, in queste controversie, i soci assumono la legittimazione attiva e passiva alla lite instaurata nei confronti della società – con o senza la partecipazione originaria anche dei soci – per effetto della mera estinzione della società, senza che si ponga alcun problema di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ente ormai estinto” (Sez. 5, Sentenza n. 21773 del 05/12/2012, Rv. 624261 – 01; Cass., sez. 5, n. 10980 del 2017; n. 11046 del 2019).

La estinzione della società non elimina, quindi, la legittimazione “in proprio” degli ex soci, che, a seguito dell’estinzione delle società, subentrano nella legittimazione processuale facente capo agli enti (Cass. Sez. U, n. 6070 del 12/3/2013) e, trattandosi nel caso di specie di società di persone, rispondono dell’obbligazione della società in via illimitata e solidale, che opera, in assenza di un’espressa previsione derogativa, anche per le obbligazioni tributarie. Ciò in quanto l’imperfetta personalità giuridica della società di persone si risolve in quella dei soci, i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei terzi solo dalla sussidiarietà, mentre la pienezza del potere di gestione in capo ad essi finisce con il far diventare dei soci i debiti della società (Cass. n. 12242 del 2018; 16713 del 4.4.2016; Cass. n. 24322 del 14/10/2014; Cass. n. 19188 del 06/09/2006).

Nella specie, la CTR ha mal governato i suddetti principi – peraltro, avuto riguardo allo stralcio del ricorso introduttivo riportato a pag. 6 del ricorso per cassazione, eccedendo il thema decidendum – nell’annullare l’avviso emesso nei confronti della società e gli avvisi emessi nei confronti dei soci ai sensi dell’art. 5 TUIR, sul presupposto dell’avvenuta estinzione della società già prima dell’accertamento, con ciò senza verificare – posta la responsabilità solidale e illimitata dei soci – la sussistenza della pretesa tributaria societaria e di conseguenza di quella nei confronti dei soci ai sensi dell’art. 5 TUIR.

8. In conclusione, il ricorso va accolto nei termini indicati in motivazione; con cassazione della sentenza e declaratoria di inammissibilità del ricorso originario proposto dalla Planet s.n.c. e con cassazione con rinvio – con riguardo alla posizione dei soci – alla CTR della Liguria, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini indicati in motivazione; cassa la sentenza e dichiara inammissibile il ricorso originario proposto dalla Planet s.n.c. e cassa – nei sensi di cui in motivazione con riguardo alla posizione dei soci – con rinvio alla CTR della Liguria in diversa composizione anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità;

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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