Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21044 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 12423/2014, proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 255/25/13 della Commissione tributaria.egionale della Puglia (di seguito, CTR), depositata in data 12 novembre 2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 maggio 2021 dal Consigliere D’Angiolella Rosita.

RITENUTO

Che:

1. Con la sentenza in epigrafe la CTR della Puglia, sezione distaccata di Foggia, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di C.M. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Foggia, che aveva accolto il ricorso avverso gli avvisi di accertamento per gli anni 2006, 2007, 2008 e 2009, ed atti di contestazione di sanzioni, con i quali venivano rispettivamente recuperati a tassazione i maggiori redditi accertati negli anni di riferimento, in base a detenzione di capitali in paese a fiscalità privilegiata, in virtù della presunzione di cui al D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, come convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102, e venivano irrogate le sanzioni di cui al D.L. 28 giugno 1990 n. 167 e D.Lgs. n. 471 del 1990.

2. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR, affidato a cinque motivi.

3. C.M. è rimasta intimata nonostante la ritualità della notifica del ricorso in cassazione effettuata presso il procuratore costituito dei giudizi di merito.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente Agenzia delle entrate denuncia la violazione del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 5, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha annulllato le sanzioni irrogate alla contribuente, D.L. n. 167 del 1990, ex art. 5, per la violazione dell’obbligo d’indicare nella dichiarazione annuale dei redditi gli investimenti effettuati all’estero, per venir meno delle norme sanzionatorie in virtù di legge successiva più favorevole (D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3), nonché – quanto alle sanzioni di cui alla L. n. 167 del 1990, art. 4, comma 1 – per incertezza interpretativa sui comportamenti da sanzionare.

1.1. Con il secondo mezzo l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, nella parte in cui la CTR ha riscontrato rincertezza” normativa che avrebbe caratterizzato le sanzioni relative alla mancata compilazione del quadro RW, anche là dove gli investimenti all’estero non siano produttivi di interessi.

1.2. Con il terzo, deduce il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver distinto le condotte per le quali operava l’abrogazione (dichiarazione nel quadro RW).

1.3. Con il quarto deduce la nullità della sentenza, in relazione la n. 4 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, per motivazione apparente con riguardo a quella parte della sentenza che ha annullato l’irrogazione delle sanzioni sul presupposto dell’insussistenza del debito di imposta, senza illustrarne le motivazioni.

1.4. Con il quinto deduce la violazione di legge (D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 5-bis eart. 6, L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3,) per non aver considerato l’altro presupposto dell’esimente dell’assenza di pregiudizio al controllo sulle attività detenute all’estero e non dichiarate.

2. Secondo l’ordine logico delle questioni di cui all’art. 276 c.p.c., il quarto motivo va esaminato prioritariamente, perché riguarda un vizio (motivazione apparente) che, se sussistente, travolgerebbe l’intera sentenza.

2.1. Esso è infondato.

2.2. La CTR ha ritenuto di non applicare le sanzioni per l’incertezza normativa in tema di investimenti infruttiferi, considerando che: “la P.A. solo con una circolare del 2009 ha affermato l’obbligatorietà della compilazione del quadro Rw anche ove gli investimenti all’estero non producono interessi, ciò a dimostrazione dell’incertezza che regnava prima di tale data. Tutti i comportamenti sanzionati si riferiscono a periodi precedenti al 2009".

2.3. La motivazione della CTR non è meramente grafica e non è inferiore al minimo costituzionale necessario. Essa contiene i passaggi fondamentali per sorreggere la decisione circa la sussistenza dell'”incertezza” normativa in tema di sanzioni, non incorrendo in ipotesi di anomalia motivazionale che si tramutano in violazione di legge costituzionalmente rilevante (motivazione che si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico,” nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, ex plurimis, Cass. 09/07/2020 n. 14633, in motivazione).

3. Il primo mezzo è fondato e va accolto.

3.1. Occorre preliminarmente inquadrare, in estrema sintesi, la normativa di riferimento ed principi affermati da questa Corte in materia di monitoraggio fiscale per i trasferimenti di denaro all’estero.

3.2. Per quel che qui interessa, la normativa sul monitoraggio fiscale di cui al D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (“Rilevazione a fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori”), convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 1990, n. 227 – la cui ratio risponde all’esigenza di introdurre in Italia taluni controlli di natura fiscale, in grado di fronteggiare il venir meno delle restrizioni valutarie, a seguito della liberalizzazione valutaria promossa a livello comunitario dalla Direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 88/361/CEE del 24 giugno 1988 – è stata radicalmente innovata dalla L. 6 agosto 2013, n. 97, art. 9 (c.d. legge Europea 2013), sostituendo integralmente gli artt. 1, 2, 4, 5 e 6 del citato decreto.

3.3. Con la L. n. 97 del 2013 non solo sono intervenute modifiche di carattere sostanziale (ad esempio, introducendosi gli obblighi di monitoraggio fiscale ai soggetti che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano “titolari effettivi” dell’investimento), ma è mutata anche la disciplina riguardante le sanzioni, avendo la nuova legge introdotto norme di favore per il contribuente riducendo al 3/15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati la sanzione per omessa o errata compilazione del quadro RW (la sanzione fissata in precedenza contemplava una sanzione compresa tra il 10 ed il 30 per cento degli importi dichiarati).

3.4. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato, in linea generale, che le sanzioni irrogate ai contribuenti D.L. n. 167 del 1990, ex art. 5, hanno un titolo autonomo, che trova la sua ratio nell’elusione di un obbligo dichiarativo, posto da norma già in vigore (art. 4, comma 1 del citato decreto nella sua formulazione vigente ratione temporis con riferimento alle annualità oggetto di accertamento), volto a consentire all’Amministrazione finanziaria un monitoraggio periodico delle attività finanziarie detenute all’estero (v. Cass., 02/02/2018, n. 2662, Rv. 647493-01).

3.5. Ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, che ha esteso il principio del “favor rei” anche al settore tributario, sancendone l’applicazione retroattiva, le più favorevoli norme sanzionatorie sopravvenute debbono essere applicate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, all’unica condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo. In tal senso, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito (v. Cass., 31/03/2008, n. 8243; id., Cass., 21/12/2016 n. 26479) che in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 2, il contribuente non può essere più assoggettato alla sanzione irrogatagli con il provvedimento oggetto di controversia in caso di “abolitio criminis”, dovendo lo “ius superveniens” essere applicato, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in sede di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, all’unica condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo.

In altri termini, nella specie, trattandosi d’ipotesi di omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all’estero (v. ricorso, pag. 1), prevista dal D.L. n. 167 del 1990, art. 4, comma 2, (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 227 del 1990), la sanzione di cui allo stesso D.L., art. 5, comma 5, non è stata tacitamente abrogata dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 16, comma 2, in relazione allo stesso decreto, stesso decreto, art. 8, comma 1, in quanto la predetta dichiarazione ha l’esclusiva finalità di monitorare i trasferimenti di valuta da e per l’estero, quali manifestazioni di capacità contributiva, e le relative violazioni restano sanzionate in modo specifico ed autonomo, assumendo carattere di specialità rispetto alla generale nozione di omessa, ovvero di inesatta od incompleta indicazione di dati rilevanti per la determinazione del tributo, punite dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 1, (cfr. Cass., Sez. 5, 19/01/2018 n. 1311).

3.6. Applicando rettamente tali principi, i secondi giudici avrebbero dovuto applicare il più favorevole trattamento sanzionatorio introdotto con la L. n. 97 del 2013 (sanzione ridotta rispetto alla normativa precedente), ma non escludere tout court – come hanno escluso l’applicabilità delle sanzioni, con conseguente accoglimento della censura proposta dall’Amministrazione finanziaria.

4. Anche il secondo mezzo è fondato.

4.1. La questione posta trova soluzione nella giurisprudenza di questa Corte che ha individuato una serie di parametri (cd. fattori indice) per la verifica della sussistenza dell'”incertezza normativa oggettiva” quale causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 10 (“le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria (…)”) e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8 (“la commissione tributaria dichiara non applicabili le sanzioni non penali previste da leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce”). E’ stato evidenziato che “In tema di sanzioni amministrative tributarie, l’incertezza normativa oggettiva – che deve essere distinta dalla ignoranza incolpevole del diritto, come si evince dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 – è caratterizzata dalla impossibilità di individuare con sicurezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni “indici”, quali, ad esempio: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l’assenza di una prassi amministrativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali;7) l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione implicita preesistente (così, Cass., Sez. 5, 13/06/2018 n. 15452; id.,cfr., Cass., Sez. 5, 01/02/2019 n. 3108; Cass., Sez. 5, 12/04/2019, n. 10313; adde, Cass., Sez. 5, 28/01/2021, n. 1893 secondo cui l’incertezza normativa non può ricavarsi dalla mera pendenza di un giudizio di illegittimità costituzionale o comunitaria di una norma tributaria, dovendo emergere altrimenti condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della stessa norma).

4.2. In buona sostanza, l’esenzione della responsabilità amministrativa dipendente da incertezza normativa può applicarsi sempre che si tratti di una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, condizione ricavabile da elementi univoci (cd. fattori indice) in base ai quali non risulta chiara la portata e l’ambito di applicazione della stessa norma.

4.3. Di qui, la fondatezza della censura proposta dall’Agenzia delle entrate, avendo la CTR applicato l’esenzione senza indentificare ragioni oggettive, ovvero univoche, concretizzanti l’incertezza normativa; né il riferimento al sopravvenire di una circolare dell’Agenzia delle entrate nell’anno 2009, successiva agli anni di imposta in contestazione, è elemento idoneo a realizzare in qualche in modo, quel “fattore indice” indicativo dell’incertezza.

5. Il terzo motivo di ricorso, è inammissibile in quanto “il contrasto tra la circolare n. 9E del 2002 e quella del 2009” che “riguardava solo la obbligatorietà o meno della dichiarazione nel quadro RW degli investimenti infruttiferi destinati all’estero, ossia le condotte per le quali vi è stata l’abrogazione, mentre per le altre condotte non esiste alcun contrasto interpretativo riconducibili a circolari, giurisprudenza ecc. …” (v. ricorso pag. 9), riguarda questioni o argomentazioni di natura interpretativa e non un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico. Ed invero, costituisce ius receptum che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, attiene necessariamente ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ossia un fatto storico-naturalistico, principale o secondario risultante dalla sentenza o dagli atti processuali (v. Cass., Sez. 6-1, 06/09/2019, n. 22397; Cass., Sez. 1, 18/10/2018, n. 26305) e non a questio iuris, ad argomentazioni, ad interpretazioni di leggi, atti, circolari che nulla hanno a che vedere con il “fatto” di cui al paradigma di legge.

6. Il quinto motivo di ricorso è fondato.

Il D.Lgs. n. 497 del 1997, art. 6, comma 5-bis, dispone che “Non sono, inoltre, punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”. La CTR ha affermato l’inesistenza del debito di imposta senza riscontrare se la violazione contestate arrecasse “pregiudizio” al controllo sulle attività detenute all’estero e non dichiarate, così errando nell’interpretazione della norma in base alla quale la CTR avrebbe dovuto indagare sul se le sanzioni non abrogate avessero riguardato mere violazioni formali o violazioni in danno dell’attività controllo sostanziale su materia imponibile estera.

7. Il ricorso va, dunque, accolto; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR della Puglia, sezione di staccata di Foggia, affinché esamini la questione riguardante l’irrogabilità delle sanzioni alla luce dei principi innanzi richiamati. La CTR in sede di rinvio è tenuta a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso per quanto in motivazione. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR della Puglia, sezione di staccata di Foggia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 27 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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