LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
F.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale conferita in margine al ricorso, dall’Avv.to Quercia Luigi del Foro di Bari, che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.to Ranuzzi Livia, al viale del Vignola n. 5 in Roma;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza n. 1681, pronunciata dalla Commissione tributaria regionale di Puglia il 20.6.2014, e pubblicata il 22.7.2014;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere Di Marzio Paolo.
FATTI DI CAUSA
1. A seguito di invito dell’Agenzia delle entrate a “fornire delucidazioni” (cfr. ric., p. 2), svolgimento di incontro e deposito di documentazione, l’Amministrazione finanziaria notificava il 19.10.2011 alla Snc D.G. e F.G. l’avviso di accertamento n. *****, attinente a maggiori importi a titolo di Iva ed Irap ritenendo dimostrati, mediante valutazione analitico-induttiva, ed anche in conseguenza della antieconomicità della gestione aziendale, maggiori redditi per l’importo di Euro 21.748,00, in relazione all’anno 2006. Ne derivava, quindi, la notifica ai due soci degli avvisi di accertamento n. ***** ( F.G.), e ***** ( D.G.), aventi ad oggetto maggiore Irpef per l’anno 2006, in conseguenza del reddito di partecipazione conseguito.
2. La società, con ricorso del 19.3.2012, ed i soci, con atti del 29.3.2012 (cfr. ric., p. 7), impugnavano gli avvisi di accertamento ricevuti, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari, contestando profili formali e sostanziali. La Ctr riuniva i ricorsi e li accoglieva, ritenendo che l’Ente impositore non avesse assicurato, a fondamento della pretesa tributaria avanzata, indizi di evasione fiscale gravi, precisi e concordanti.
3. L’Agenzia delle entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado, innanzi alla Commissione tributaria regionale della Puglia, e tutte le parti rilevavano che nel momento in cui aveva introdotto la propria impugnativa avverso l’avviso di accertamento ad essa rivolto, la Snc D.G. e F.G. risultava già estinta in conseguenza di cancellazione volontaria dal registro delle imprese, eseguita il 6.10.2009 (controric., p. 5).
La Ctr osservava che l’appello era stato correttamente proposto dall’Ente impositore nei confronti dei soci, i quali erano stati parte del giudizio anche in primo grado, ed ai quali si era trasferita la legittimazione attiva anche in relazione all’accertamento eseguito nei confronti della società. La Ctr, quindi, osservava nel merito che la natura analitico induttiva dell’accertamento, fondata sulla “incongruenza, incoerenza, illogicità ed antieconomicità dell’attività aziendale” (sent. Ctr, p. 8), escludeva fosse necessaria l’istaurazione del contraddittorio preventivo, come preteso dai contribuenti, e valutava poi che gli indizi assicurati dall’Amministrazione finanziaria risultavano sufficienti ad integrare i presupposti di legge. In conseguenza, riformava integralmente la decisione adottata dalla Ctp e riaffermava la piena validità ed efficacia degli avvisi di accertamento impugnati.
4. Avverso la decisione sfavorevole conseguita dalla Commissione tributaria regionale della Puglia ha proposto ricorso per cassazione F.G., in proprio e nella qualità di ex socio della Snc D.G. e F.G.. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle entrate, che ha pure proposto un motivo di ricorso incidentale condizionato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, F.G. contesta la violazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5, e della L. n. 546 del 1992, art. 12, perché l’avviso di accertamento nei confronti della società, che risulta “fondato sostanzialmente sulle risultanze degli studi di settore, e gli altri, emessi in capo ai soci, quali diretta conseguenza del primo” (ric., p. 13), non sono stati preceduti dal preliminare invito al contraddittorio.
2. Mediante il secondo motivo di impugnazione, indicato come introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente censura “la nullità della sentenza” (ric., p. 21) pronunciata dalla Ctr, per essere incorsa nella violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, e del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5, perché, anche a voler ritenere che gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società e dei soci “non siano stati fondati sulle mere risultanze degli studi di settore” (ric., p. 21), risultava indispensabile l’istaurazione del contraddittorio preventivo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
3. Con il terzo mezzo di ricorso, indicato come proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente critica “la nullità della sentenza” adottata dall’impugnata Ctr, per essere incorsa nella violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), per aver ritenuto legittimo “l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società senza che sussistessero i requisiti di gravità, precisione e concordanza nelle presunzioni utilizzate dall’Ufficio” (ric., p. 29).
4. Mediante il suo motivo di ricorso incidentale condizionato, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’Agenzia delle entrate lamenta la nullità della sentenza pronunciata dalla Ctr, e comunque la violazione dell’art. 75 c.p.c., comma 3, artt. 110 e 112 c.p.c., nonché D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 1, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 (TUIR), per non avere il giudice dell’appello rilevato il difetto di legittimazione ad impugnare l’avviso di accertamento da parte della società, già pacificamente estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, e conseguentemente l’intangibilità della rettifica del reddito sociale che “rendeva, altresì, non più contestabile in sede giudiziale, da parte dei singoli soci, l’attribuzione nei loro confronti pro quota dei maggiori redditi (definitivamente) accertati in capo alla società” (controric. con ric. inc., p. 6).
5. Mediante il suo secondo motivo di ricorso l’impugnante contesta la nullità della sentenza adottata dalla Ctr, e comunque la violazione di legge, per difetto di istaurazione del contraddittorio preventivo che dovrebbe comunque essere promosso prima di ogni giudizio tributario.
Con il primo motivo di impugnazione, poi, il ricorrente critica la nullità della sentenza adottata dalla Ctr, e comunque la violazione di legge, per avere il giudice dell’appello trascurato che un avviso di accertamento deve essere preceduto dall’istaurazione del contraddittorio con il contribuente, in particolare, quando sia “sostanzialmente” fondato sulle sole risultanze degli studi di settore.
I motivi di ricorso appaiono tra loro connessi, e possono essere trattati congiuntamente.
Invero, in base alla normativa applicabile agli accertamenti tributari in esame, non risulta invocabile un obbligo generalizzato di istaurazione del contraddittorio preventivo da parte dell’Amministrazione finanziaria prima di procedere alla notificazione dell’accertamento tributario. In proposito questa Corte ha già avuto occasione di precisare che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito”, Cass. sez. VI- V, 29.10.2018, n. 27421; non essendosi peraltro mancato di precisare che “nel caso di accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, l’Amministrazione finanziaria è obbligata ad instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi della L. n. 146 del 1998, art. 10, mentre detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche su altri elementi giustificativi, quali riscontrate irregolarità contabili o antieconomiche gestioni aziendali”, Cass. sez. V, 5.12.2019, n. 31814, come avvenuto nel caso di specie.
In relazione alla controversia in esame, poi, il contraddittorio preventivo risulta in atti essere stato regolarmente istaurato dall’Agenzia delle entrate. Nell’invito n. 100530/2011, che non è stato contestato sia stato regolarmente ricevuto dalla società, infatti, la Direzione provinciale di Bari dell’Agenzia delle entrate ha invitato la Snc “a presentarsi nel suddetto ufficio per fornire delucidazioni” a proposito del reddito dichiarato in relazione all’anno 2006, specificando che, dalle analisi svolte dall’Ufficio, i dati fiscalmente rilevanti dichiarati dalla contribuente presentavano “i caratteri della irragionevolezza e della inadeguatezza”, rivelando “il comportamento manifestamente antieconomico”. Non mancava, l’Ente impositore, di segnalare che “gli elementi su cui si fonda” l’accertamento, “potranno essere valutati nell’ambito del contraddittorio… contestualmente dovrà essere esibita la seguente documentazione… si prega di presentarsi il 5.5.2011”.
I primi due motivi di ricorso risultano pertanto infondati, e devono essere rigettati.
6. Mediante il terzo motivo di ricorso il contribuente lamenta la violazione di legge in cui sarebbe incorsa l’impugnata Ctr, per aver ritenuto che gli elementi addotti dall’Agenzia delle entrate risultassero gravi, precisi e concordanti, e fossero da qualificarsi, pertanto, idonei ad assicurare fondamento agli avvisi di accertamento impugnati.
Il motivo di ricorso appare mal formulato. Pur indicando di contestare una violazione di legge, infatti, il contribuente domanda essenzialmente la rivalutazione della valenza indiziaria degli elementi di prova forniti dall’Ente impositore.
Non solo. Il ricorrente non si confronta con la decisione assunta dalla Ctr, che ha ritenuto l’accertamento tributario nei confronti della società avere natura analitico induttiva, e non essere fondato solo sugli studi di settore. Si è già avuto modo di segnalare come, sin dall’invito a comparire e poi nell’avviso di accertamento, l’Agenzia delle entrate avesse contestato l’irragionevolezza e la inadeguatezza della gestione dell’impresa, che rivelava il suo comportamento manifestamente antieconomico. La Ctr ha evidenziato tra l’altro, che “sul punto del contestato comportamento antieconomico come derivante dai dati dichiarati, la Società non ha offerto alcun concreto elemento utile a contrastare e superare la presunzione dell’Ufficio, comunque legittima anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette, ma confliggente con i criteri della ragionevolezza e della antieconomicità della condotta aziendale” (sent. Ctr, p. 8). Nel ricorso per cassazione il contribuente non illustra in qual modo abbia provato che non sussistesse l’irragionevolezza e l’inadeguatezza della gestione dell’impresa, e perché il suo comportamento non dovesse ritenersi manifestamente antieconomico.
Anche il terzo motivo di ricorso, per larga parte inammissibile, per quanto residua risulta infondato, e deve pertanto essere rigettato.
7. In conclusione il ricorso principale introdotto dal contribuente deve essere rigettato, ed in conseguenza il motivo di ricorso incidentale condizionato proposto dall’Agenzia delle entrate rimane assorbito.
8. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo. Deve inoltre darsi atto che ricorrono le condizioni perché sia dovuto dal ricorrente il versamento degli oneri relativi al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso proposto da F.G., che condanna al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate, e le liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021