Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.21075 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13705/2016 proposto da:

Z.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRATILO DI ATENE 31, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO VIZZONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO GIOVANNI FUSARO;

– ricorrente –

contro

ICAM S.R.L.,in LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE XXI APRILE 11, presso lo studio dell’avvocato CORRADO MORRONE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato EMILIO MARTUCCI;

– controricorrente –

contro

S.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 549/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 20/05/201 r.g.n. 1010/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/02/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito il P.M.,in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato CARUSO GIUSEPPE ANTONIO,per delega Avvocato MORRONE CORRADO.

FATTI DI CAUSA

La Corte territoriale di Catanzaro, con sentenza pubblicata il 20.5.2015, “decidendo in sede di rinvio della Corte di Cassazione sull’appello proposto da Z.D. nei confronti di S.A. e ILCAM S.r.l., avverso la sentenza del Tribunale di Rossano del 20/6-8/8/2003”, respingeva il gravame, compensando tra le parti le spese di lite per il giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione, precisando che Z.D. aveva riassunto il giudizio dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro, Sezione lavoro, a seguito della pronuncia n. 60/2008, con cui la Suprema Corte aveva annullato, ai soli fini civili, la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, Sez. penale, di assoluzione delle parti datoriali dal delitto di lesioni colpose per l’infortunio sul lavoro occorso al dipendente il *****.

La Corte di merito ha osservato, per quanto ancora di rilievo in questa sede, che, “accertata, in modo definitivo, la violazione degli obblighi di tutela della salute del lavoratore, derivanti in linea generale dall’art. 2087 c.c., occorreva pertanto accertare l’entità del danno biologico patito dal ricorrente in riassunzione” e che, dalla disposta c.t.u. è emerso che “l’infortunio, che ha cagionato una cheratocongiuntivite post-traumatica” ha comportato “un periodo di invalidità totale permanente, ma non postumi a carattere permanente di interesse clinico e medico-legale, perché in epoca successiva all’infortunio il paziente, sottopostosi a visita specialistica (da oculista di sua fiducia), presentava un visus corretto pari a 10/10 bilateralmente, con completo ripristino della funzione visiva”. Per la qual cosa, ritenute esaustive e corrette le conclusioni cui il C.t.u. era motivatamente giunto, i giudici di seconda istanza hanno osservato che dall’infortunio non è conseguito alcun danno biologico.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Z.D. articolando due motivi.

La ICAM S.r.l. in liquidazione ha resistito con controricorso ed ha comunicato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

S.A. non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si censura, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione dell’art. 32 Cost., artt. 1226,2043,2059,2087 c.c. e del D.P.R. n. 1124 del 1964, art. 10 e si lamenta, in sostanza, che la Corte di Appello non abbia correttamente valutato le prove addotte dal lavoratore ed abbia erroneamente escluso la sussistenza del danno biologico.

2. Con il secondo motivo si denunzia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 1226,2043,2087 c.c. e del D.P.R. n. 1124 del 1964, art. 86, per non avere la Corte di merito accertato la mancata adozione di adeguate misure di sicurezza da parte del datore di lavoro e non avere tenuto conto anche della c.t.u. redatta in primo grado.

1.1; 2.2; I motivi – da trattare congiuntamente per ragioni di connessione – non sono fondati. Va premesso che i giudici di seconda istanza hanno precisato, come riferito in narrativa, che “accertata, in modo definitivo, la violazione degli obblighi di tutela della salute del lavoratore, derivanti in linea generale dall’art. 2087 c.c., occorreva pertanto accertare l’entità del danno biologico patito dal ricorrente in riassunzione”. Pertanto, hanno recepito le motivate conclusioni del C.t.u. nominato in sede rescissoria, di cui si è dato conto nella parte narrativa. Ed al riguardo, vanno ribaditi gli ormai consolidati arresti giurisprudenziali della Suprema Corte nella materia, del tutto condivisi da questo Collegio, che non ravvisa ragioni per discostarsene – ed ai quali, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., fa espresso richiamo (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 18358/2017; 3881/2006; 3519/2001) -, alla stregua dei quali, ove il giudice di merito “condivida i risultati della consulenza tecnica di ufficio, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione di aderire alle risultanze” della stessa “implica valutazione ed esame delle contrarie deduzioni delle parti, mentre l’accettazione del parere del consulente, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità. In tal caso l’obbligo della motivazione è assolto con l’indicazione della fonte dell’apprezzamento espresso, senza la necessità di confutare dettagliatamente le contrarie argomentazioni della parte, che devono considerarsi implicitamente disattese”. E, nella fattispecie, il C.t.u. nominato in secondo grado, ha motivatamente affermato (v. sentenza impugnata, pag. 3) che dall’infortunio di cui si tratta non sono conseguiti danni permanenti, secondo quanto risulta anche dalla visita effettuata da uno specialista di fiducia di Z..

3. Per le osservazioni in precedenza svolte, il ricorso va rigettato.

4. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo in favore della Icam S.r.l., seguono la soccombenza.

5. Nulla per le spese nei confronti di S.A., rimasto intimato.

6. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, secondo quanto specificato in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti di S.A..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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