Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza Interlocutoria n.21089 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 4193-2019 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, al viale DEI QUATTRO VENTI 162, presso lo studio dell’avvocato LUCIDI LAURA, rappresentato e difeso da se stesso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO della ***** s.r.l. IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore p.t.;

– intimato –

avverso il decreto n. 13246/2018 del TRIBUNALE di MACERATA, depositato il 23/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/02/2021 dal Consigliere relatore, Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

Che:

L’avv. B.M. propose domanda tardiva d’insinuazione al passivo del fallimento della ***** s.r.l. in liquidazione, per un credito professionale di Euro 380.000,00 oltre iva e accessori di legge, in prededuzione ovvero, in subordine, in privilegio ex art. 2751-bis, c.c., per le prestazioni rese in favore della suddetta società prima del fallimento, consistite nell’assistenza nella predisposizione della domanda d’ammissione alla procedura d’ammissione al concordato preventivo, conclusasi con esito negativo. Il giudice delegato respinse tale domanda sulla base di distinte motivazioni, quali: la mancanza del contratto d’opera professionale avente data certa; la carenza d’interesse ed utilità della prestazione per la massa dei creditori; l’assenza nel piano di concordato della distinta indicazione del compenso per la sua attività; il carattere ingiustificato del credito fatto valere.

Avverso tale decreto il B. propose opposizione allo stato passivo che il Tribunale di Macerata, con decreto emesso il 22.3.16, accertando il conferimento dell’incarico professionale al ricorrente, accolse parzialmente, con ammissione al passivo della somma di Euro 66.200,00 in prededuzione e del credito relativo all’iva e cap, sulla stessa somma, in chirografo, ma escludendo che il contratto prodotto avesse data certa, con la conseguenza di effettuare il calcolo del compenso mediante l’applicazione, all’importo del passivo concordatario, della tariffa forense all’epoca vigente (nella misura minima dello 0.15%), anziché in quella superiore al 2% prevista dal medesimo contratto. Inoltre, il Tribunale ha dimezzato l’importo ammesso al passivo, rispetto alla domanda, ritenendo che l’attività espletata fosse la stessa di quella svolta dal Dott. comm. della società.

Avverso tale decreto l’avv. B. ha propose ricorso per cassazione denunziando la violazione dell’art. 2704, c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., per la mancata valutazione delle dichiarazioni autografe dei componenti del consiglio d’amministrazione e per l’omessa motivazione sulla mancata ammissione della prova testimoniale.

Con ordinanza emessa il 14.11.2017, la Cassazione accolse un motivo di ricorso, con riferimento al dimezzamento del compenso professionale, rinviando al Tribunale perché procedesse ad un nuovo calcolo senza riduzioni.

Riassunto il giudizio con atto notificato il 7.3.18, il Tribunale, con decreto emesso il 23.12.18, accolse l’opposizione, nel rispetto della pronuncia di annullamento del precedente decreto, ammettendo al passivo la somma complessiva di Euro 132.478,68 in prededuzione, nonché le somme spettanti a titolo di iva e cap in chirografo da calcolarsi sulla stessa somma, compensando per la metà le spese processuali ritenuta la reciproca soccombenza (riguardo al mancato riconoscimento del contratto professionale).

L’avv. B. ricorre ancora in cassazione con due motivi. Non si è costituita la curatela fallimentare.

RITENUTO

Che:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 111 L. Fall., comma 2, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, nonché omesso esame di fatto decisivo e mancata motivazione riguardo alla questione del credito di rivalsa iva che erroneamente non è stato qualificato dal Tribunale come prededucibile, essendo esso riferito a prestazioni professionali eseguite in occasione e in funzione dell’ammissione alla procedura di concordato preventivo.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2751-bis c.c., avendo il Tribunale escluso il privilegio in ordine al credito dovuto per iva e cap da calcolarsi sul compenso riconosciuto, dovendosi applicare il testo degli artt. 2752 e 2776, c.c., anteriore alla riforma introdotta con la L. n. 205 del 2017, sulla base delle due sentenze della Corte Cost., del 2013 e 2017, che avevano dichiarato incostituzionale l’applicazione retroattiva delle norme introdotte dal citato D.L. ai crediti sorti successivamente alla riforma.

Il collegio ritiene che ricorrono i presupposti per rinviare la causa alla pubblica udienza in ordine alla questione oggetto del secondo motivo di ricorso, vale a dire se sia applicabile la norma dell’art. 2751-bis c.c., comma 1, n. 2, come novellata dalla L. n. 205 del 2017 che ha configurato il credito di rivalsa come privilegio generale sui mobili. Va altresì considerato che il credito in questione sorse prima dell’entrata in vigore della suddetta modifica normativa, sicché emerge anche la questione dell’applicazione retroattiva della riforma del 2017, non essendosi formato un giudicato endofallimentare per la pendenza della fase d’accertamento dello stato passivo.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa alla pubblica udienza.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio all’udienza, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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