LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 637/15 R.G. proposto da:
AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
– ricorrente –
contro
F.M., rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dagli Avv.ti Emanuele Vitobello e Francesco Vitobello, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Marta Lettieri, in Roma, Lungotevere Flaminio, n. 44;
– controricorrente –
e nei confronti di:
EQUITALIA SUD S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 4562/7/14 depositata il 12 maggio 2014;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 7 luglio 2021 dal relatore Consigliere Roberta Crucitti.
RILEVATO
che:
F.M. impugnò la cartella intimante il pagamento di Euro 21.148,02 per somme iscritte a titolo di Irpef, addizionali e sanzioni per l’anno 2003, a seguito del mancato versamento di quanto dovuto sull’atto di definizione di un avviso di accertamento parziale, eccependo l’intervenuta decadenza dai termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43.
La Commissione tributaria provinciale rigettò il ricorso ma la decisione, appellata dal contribuente, è stata riformata dalla Commissione tributaria regionale della Campania (d’ora in poi C.T.R.), la quale, con la sentenza indicata in epigrafe, ha annullato la cartella di pagamento.
Il Giudice di appello, ogni altra questione assorbita o rinunciata, ha ritenuto che la disposizione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 bis, comma 2, presupponga la legittimità del verbale in ordine ai periodi di imposta ancora accertabili, non potendosi pensare che con la norma il legislatore abbia voluto far rivivere i termini per accertamenti ormai scaduti.
In particolare, secondo la C.T.R., l’intervenuta decadenza per l’anno di imposta 2003 ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, era di tutta evidenza alla data del p.v.c. e i rilievi mossi per quella annualità dalla Guardia di Finanza erano del tutto privi di efficacia, così che l’Agenzia delle Entrate nemmeno doveva notificare il relativo atto di definizione.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, su unico motivo, cui resiste con controricorso F.M..
Equitalia Sud S.p.a. non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis-1 c.p.c..
CONSIDERATO
che:
1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Secondo la prospettazione difensiva, la C.T.R. avrebbe violato la norma invocata il cui contenuto non si presta a dubbi di sorta, laddove stabilisce che l’adesione può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione, con la conseguenza che, con l’adesione al processo verbale e per effetto della successiva notificazione dell’atto di definizione, recante le indicazioni previste dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 7, il contribuente presta acquiescenza al p.v.c. e diviene obbligato a corrispondere le somme risultanti nell’atto di definizione.
1.1. La censura è fondata alla luce del principio reiteratamente statuito da questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. n. 20577 del 31/07/2019; id. n. 4566 del 21/02/2020; n. 26109 del 17/11/2020) secondo cui “in materia tributaria, la definizione dell’accertamento con adesione su istanza del contribuente ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, determina la intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, sicché risulta normativamente esclusa per il contribuente la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato”.
1.2. La sentenza impugnata, nel ritenere che il D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 bis, consentisse al contribuente di contestare l’avvenuta decadenza dell’accertamento per l’annualità di imposta per il quale aveva prestato adesione, si discosta dai superiori principi e merita, pertanto, la cassazione.
1.3. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo.
1.4. Attese le alterne soluzioni della vicenda processuale, le spese dei gradi di merito possono essere compensate tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del controricorrente soccombente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna il controricorrente alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 luglio 2007.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021