LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24934-2017 proposto da:
AZIENDE INDUSTRIALI MUNICIPALI VICENZA SPA (AIM VICENZA), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN NICOLA DA TOLENTINO 67, presso lo studio dell’avvocato DANIELE GERONZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCA GENINATTI SATE’;
– ricorrente –
contro
ARCO SPEDIZIONI SPA (ARCO SPEDIZIONI), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 9-11, presso lo studio dell’avvocato LIVIA SALVINI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO SARDELLA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 706/2017 della COMM. TRIB. REG. VENETO, depositata il 21/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 21/04/2021 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO.
RITENUTO
che:
La controversia concerne l’impugnazione, da parte di ARCO SPEDIZIONI S.p.A., degli avvisi d’accertamento per Tares 2013 e maggiorazione Tares 2013, con i quali Aziende Industriali Municipali Vicenza s.p.a. (per brevità AIM Vicenza s.p.a.) ha proceduto al recupero l’imposta dovuta dalla contribuente in relazione alla sede logistica sita in Vicenza, *****, in parte ad uso magazzino ed in parte ad uso ufficio, in ragione della accertata presenza di rifiuti di vario genere, tra cui carta, cellophane, cartoni, di rifiuti di media e piccola pezzatura caratteristici dello spazzamento a terra, oltre che di strutture per la raccolta differenziata, e del fatto che il Comune di Vicenza ha avviato, sin dal 2012, la raccolta differenziata per i rifiuti urbani e assimilati, segnatamente, anche per “imballaggi in plastica, imballaggi in metallo, imballaggi in cartone e imballaggi misti in genere”, e più in generale per “carta, cartone, cellophane, vetro e legno”.
La CTP di Vicenza aveva accolto i riuniti ricorsi della contribuente solo in parte, riconoscendo il diritto alla riduzione dell’imposta dovuta, da rideterminarsi secondo quanto previsto dal D.L. n. 202 del 2011, art. 14, comma 18, e dal Regolamento comunale, art. 20.
La decisione è stata riformata dalla CTR del Veneto con la sentenza n. 706/11/17, depositata il 21/6/2017, che in accoglimento dell’appello della società contribuente ha ritenuto illegittimi gli avvisi impugnati sul rilievo che vige per gli imballaggi terziari, oggetto di controversia, così come per gli imballaggi secondari ove non sia stata avviata la raccolta differenziata, il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, con relativi oneri di smaltimento a carico di produttori e utilizzatori, nell’ambito di “un circuito di smaltimento indipendente da quello previsto per i rifiuti urbani”.
Il giudice di appello ha espresso il convincimento che non “sia decisiva la circostanza che i materiali di cui gli imballaggi terziari sono composti possano eventualmente coincidere con quelli oggetto della raccolta ordinaria o differenziata (carta, cartoni, plastica, cellophane, legno).”, donde “l’irrilevanza o l’erroneità della distinzione, che la società pubblica impositrice ha voluto sottolineare, fra “imballaggi” e “rifiuti di imballaggi””.
Ha aggiunto che “i rifiuti degli imballaggi terziari (nonché quelli degli imballaggi secondari ove non sia attivata la raccolta differenziata) non possano essere assimilati dai Comuni ai rifiuti urbani, e che i regolamenti che una tale assimilazione abbiano previsto vadano perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario”, sicché “Per le aree che danno luogo alla produzione di imballaggi da riutilizzare o di imballaggi non più utilizzabili, che vanno perciò qualificati come rifiuti, o da parti, scarti o detriti rinvenienti dalla rottura o dal deterioramento di imballaggi terziari, non può sussistere quindi alcuna pretesa impositiva da parte del Comune (o dei soggetti da questo delegati)”.
Ha concluso che “Infondata si presenta (…) la pretesa da parte della società dell’Ente locale di sottoporre comunque a tassazione tali aree, per la considerazione che da queste possono originarsi, oltre ai rifiuti speciali-imballaggi, anche rifiuti “ordinari”.”, a ciò ostando la L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 649, come modificato dalla L. n. 68 del 2014, art. 2, comma 1, avendo la contribuente dimostrato “attraverso la produzione degli obbligatori documenti di trasporto l’effettivo smaltimento verso la propria sede centrale di Monza dei rifiuti in questione, risultando (…) presenti in atti tali documenti.”.
AIM Vicenza s.p.a. propone ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi; la contribuente resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente), artt. 218, 221 e 224, per avere la CTR erroneamente ritenuto di applicare agli imballaggi ed ai rifiuti da imballaggio identica disciplina laddove, invece, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, il divieto di immissione nel circuito dei rifiuti urbani riguarda soltanto gli imballaggi terziari e non anche i rifiuti di imballaggio, i quali vanno conferiti nel circuito dei rifiuti urbani.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 147 del 2013 (Legge di stabilità 2014), art. 1, comma 649, del D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 218,221 e 224, per avere la CTR erroneamente escluso dalla superficie tassabile le aree nelle quali si producono promiscuamente rifiuti speciali e rifiuti ordinari, ancora una volta sulla scorta della ritenuta identità di disciplina tra imballaggi e rifiuti di imballaggio.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, per avere la CTR erroneamente affermato che l’imposta per cui è causa (Tares 2013) non è dovuta per la parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano prevalentemente e in via continuativa i rifiuti speciali non assimilabili, in tal modo riconoscendo l’esenzione dall’imposta, atteso che la contribuente, avrebbe potuto al più beneficiare di una riduzione, parametrata alla intera superficie su cui l’attività viene svolta, tenuto conto che è rimasto provato che nell’area venivano prodotti anche rifiuti urbani.
Va disattesa l’eccezione di nullità della notifica del controricorso (Cass. n. 5457/2014).
Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, sono fondate e meritano accoglimento, nei termini di seguito precisati.
La società contribuente, la quale svolge attività di autotrasporto e deposito merci, ha dichiarato di occupare, in Vicenza, le superfici di mq. 1850 ad uso magazzino e di mq. 150 ad uso ufficio, ed ha chiesto l’esenzione totale dal pagamento del Tares 2013 per la superficie di detto magazzino, in quanto produttiva di rifiuti speciali non assimilabili, costituiti da imballaggi terziari che ha sempre avuto cura di trasferire alla sede centrale, sita in Monza, per il successivo recupero, tramite imprese specializzate.
Precisa l’odierna controricorrente che siffatti imballaggi sono quelli utilizzati “per il trasporto” delle merci per conto terzi sicché, nel caso di specie, essi non provengono da alcun “luogo di vendita” e che, ai sensi del D.L. n. 201 del 2011, art. 14, conv. dalla L. n. 214 del 2011, nella determinazione della superficie assoggettabile al tributo non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano “di regola” rifiuti speciali, a condizione che il produttore ne dimostri l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente, e ciò consente di prescindere dalla circostanza che su tali superfici si formino anche dei rifiuti urbani, equivalendo l’inciso “di regola” a “non esclusivamente” ovvero a “in misura preponderante”.
Deduce, inoltre, di aver assolto l’onere della prova concernete la continuità e prevalenza della produzione di imballaggi terziari nel magazzino, che residuano dal disimballo delle merci trasportate “conto terzi”, avendo avviato a recupero tonnellate 2,5 di imballaggi terziari, come attestato nei formulari di identificazione dei rifiuti compilati per il trasporto tramite ditte autorizzate, imballaggi che pertanto sono da escludere dalla tassazione.
Ad avviso della contribuente, quindi, è ininfluente tanto la presenza in loco, accertata a seguito di sopralluogo disposto dalla AIM Vicenza s.p.a., di rifiuti di vario genere, tra cui carta, cellophane, cartoni, di rifiuti di media e piccola pezzatura caratteristici dello spazzamento a terra, quanto dell’istituzione, da parte del Comune di Vicenza, tramite la predetta società, del servizio di raccolta differenziata per i rifiuti urbani e assimilati, per “imballaggi in plastica, imballaggi in metallo, imballaggi in cartone e imballaggi misti in genere”, e più in generale per “carta, cartone, cellophane, vetro e legno”.
Al fine di individuare il quadro normativo di riferimento, giova evidenziare che il D.L. n. 201 del 2011, art. 14, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. n. 214 del 2011, art. 1, comma 1, e successivamente modificato dalla L. n. 228 del 2012 (Legge di stabilità per il 2013), art. 1, comma 387, ha istituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), destinato a trovare applicazione dal 1 gennaio 2013 (comma 1) ed a prendere il posto di “tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza” (comma 46).
Il citato art. 14, comma 3, individua il presupposto per l’applicazione del tributo è nel possesso, occupazione o detenzione, a qualsiasi titolo e anche di fatto, di locali o di aree scoperte a qualunque uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati, secondo la regola generale per cui locali e spazi antropizzati esistenti sul territorio comunale sono tutti potenzialmente idonei a produrre rifiuti.
I commi 8 e 9 prevedono che il nuovo tributo sia corrisposto in base a tariffa riferita all’anno solare e commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base dei criteri determinati dal D.P.R. n. 158 del 1999, recante le “norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”.
Il predetto richiamo all’interno della disciplina del TARES è volto a garantire che il nuovo tributo risulti compatibile, almeno in linea di massima, con la metodologia contenuta in tale decreto, cosa che trova conferma anche nel fatto che le disposizioni contenute nel D.L. n. 201 del 2011, art. 14, si pongono in sintonia, non solo per quanto riguarda gli aspetti propriamente tariffari, con le linee portanti della TIA1 e della TIA2, nella auspicata prospettiva di un modello di tariffa commisurato al servizio reso a copertura integrale dei costi in attuazione del principio comunitario “chi inquina paga”.
Il comma 10 disciplina l’esclusione da tributo – invocata dalla contribuente – di quelle superfici specificamente caratterizzate, dalla produzione “di regola” di rifiuti speciali o comunque di sostanze non conferibili al pubblico servizio, come già previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1997, art. 62, comma 3, del quale ricalca la struttura dispositiva.
Il comma 45 si pone come norma di chiusura, rinviando, per quanto non previsto dal regolamento, alle vigenti disposizioni di legge, e conferma, in sostanziale continuità con i precedenti tributi sui rifiuti, la medesima natura tributaria del TARES, nonché legittima, per vari spetti, il richiamo alle indicazioni fornite dalla prassi e dalla giurisprudenza già formatasi in materia di TARSU.
Avuto riguardo alla fattispecie impositiva qui esaminata, invece, non appare pertinente il riferimento, contenuto nella sentenza della CTR, alla TARI, la quale è stata istituita dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 668, a decorrere dal 1 gennaio 2014.
La questione posta all’esame della Corte, essenzialmente, verte sulla tassabilità, ai fini Tares, dei magazzini, ritenuti dalla contribuente esenti da imposta perché produttivi di imballaggi terziari avviati al recupero, a propria cura e spese, con l’ausilio di imprese private autorizzate, dunque, estranei alla privativa comunale.
Il D.Lgs. n. 22 del 1997 (Decreto Ronchi), emanato in attuazione delle Direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, nel Titolo 2" (specificamente dedicato alla gestione degli imballaggi), dopo aver premesso che la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è disciplinata “sia per prevenire e ridurne l’impatto sull’ambiente ed assicurare un elevato livello di tutela dell’ambiente, sia per garantire il funzionamento del mercato e prevenire l’insorgere di ostacoli agli scambi, nonché distorsioni e restrizioni alla concorrenza”, ai sensi della citata Direttiva 94/62/CEE (art. 34, comma 1), dispone che: a) Gli imballaggi si distinguono in primari (quelli costituiti da “un’unità di vendita per l’utente finale o per il consumatore”), secondari o multipli (quelli costituiti dal “raggruppamento di un certo numero di unità di vendita”) e terziari (quelli concepiti “in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli”) (art. 35, comma 1); b) “i produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti”: oltre ai vari obblighi in tema di raccolta, riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio, sono a carico dei produttori e degli utilizzatori i costi – fra l’altro- la raccolta dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari, la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio conferiti al servizio pubblico, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggio, lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio secondari e terziari (art. 38); c) “dall’1 gennaio 1998 è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura. Dalla stessa data eventuali imballaggi secondari non restituiti all’utilizzatore dal commerciante al dettaglio possono essere conferiti al servizio pubblico solo in raccolta differenziata, ove la stessa sia stata attivata” (art. 43, comma 2).
Come attenta dottrina ha avuto occasione di osservare, la delineata classificazione spesso sussiste solo in linea teorica dal momento che, in concreto, un imballaggio può assolvere contemporaneamente a più funzioni e, quindi, presentare i connotati tipici dei differenti tipi di imballaggio.
Orbene, dall’esame del ricordato D.Lgs. n. 22 del 1997, Titolo 2, si ricava che i rifiuti di imballaggio costituiscono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere, regime caratterizzato dalla attribuzione ai produttori ed agli utilizzatori della loro “gestione” (termine che comprende tutte le fasi, dalla raccolta allo smaltimento) (art. 38 cit.), e ciò vale in assoluto per gli imballaggi terziari, per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani e cioè, in buona sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale.
Se ne trae la regola per cui i rifiuti degli imballaggi terziari, nonché quelli degli imballaggi secondari ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai Comuni ai rifiuti urbani, nell’esercizio del potere ad essi restituito dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, e dalla successiva abrogazione della L. n. 146 del 1994, art. 39, da parte della L. n. 128 del 1998, art. 17, ed i regolamenti che una tale assimilazione abbiano previsto vanno perciò disapplicati in parte qua dal giudice tributario (Cass. n. 627/2012; n. 4793/2016; nn. 6358 e 6359 del 2016; Cass. n. 14414/2017).
Infatti, la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio è stata ridisciplinata dal D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell’Ambiente), Titolo 2, senza soluzione di continuità (D.Lgs. cit., art. 264, comma 1, lett. i)), con il D.Lgs. n. 22 del 1997 (abrogato), attraverso disposizioni che recepiscono la Direttiva 2004/12/CE, con la quale è stata integrata e modificata la Direttiva 94/62/CE e concernono la gestione di tutti gli imballaggi immessi sul mercato nazionale e di tutti i rifiuti di imballaggio derivanti dal loro impiego, utilizzati o prodotti da industrie, esercizi commerciali, uffici, negozi, servizi, nuclei domestici, a qualsiasi titolo, qualunque siano i materiali che li compongono.
Ai sensi del D.Lgs. sopra citato, art. 218, comma 1, lett. a), si intende per imballaggio: “il prodotto, composto di materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a proteggerle, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dai produttore ai consumatore o all’utilizzatore, ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo”.
La successiva lett. f) della medesima disposizione definisce come rifiuto da imballaggio: “ogni imballaggio o materiale di imballaggio, rientrante nella definizione di rifiuto di cui all’art. 183, comma 1, lett. a), esclusi i residui della produzione”, mentre la lett. g) qualifica “gestione dei rifiuti da imballaggio”: “le attività di gestione di cui all’art. 183, comma 1, lett. d)”.
La Corte (Cass. Sez. 3 Pen. Di Micco n. 48737/2013) ha avuto modo di evidenziare che “vi è pertanto una sostanziale differenza tra gli imballaggi ed i rifiuti di imballaggio, avendo i primi una specifica finalità, venuta meno la quale e sussistendo le condizioni di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. a), quando, cioè, il detentore se ne disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsene, rientrano a tutti gli effetti nel novero dei rifiuti oggetto delle attività di gestione descritte nel medesimo art. 183 (attualmente alla lett. n), riferendosi l’art. 218 alla collocazione della definizione di gestione nell’art. 183 antecedente alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 205 del 2010 rispetto alle quali non è stato aggiornato).”.
Ed ancora (Cass. Sez. 3 Pen. Rizzi n. 50309/2014), “Deve intendersi per rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi, o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, senza che assuma rilievo la circostanza che ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto o tramite il suo recupero. E ciò sia in base all’interpretazione della definizione di rifiuto data dal legislatore nazionale, sia per giurisprudenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea, le cui decisioni sono immediatamente e direttamente applicabili in ambito nazionale, secondo la quale la nozione di rifiuto non deve essere intesa nel senso di escludere le sostanze e gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica, atteso che la protezione della salute umana e dell’ambiente verrebbe ad essere compromessa qualora l’applicazione delle direttive comunitarie in materia fosse fatta dipendere dall’intenzione del detentore di escludere o meno una riutilizzazione economica da parte di altri delle sostanza o degli oggetti di cui ci si disfa (o si sia deciso o si abbia l’obbligo di disfarsi (Sez. 3, n. 2125 del 27/11/2002, Ferretti, Rv. 223291)”.
Al riguardo, quindi, una certa confusione concettuale si riscontra nella decisione impugnata, dovendosi qualificare i materiali per cui è causa quali rifiuti di imballaggio, non rilevando l’interesse che altri possa eventualmente avere allo sfruttamento del bene inservibile e non più utile al suo detentore, poiché tale interesse non trasforma il rifiuto in qualcosa di diverso.
Del resto, in tal senso si era già espresso il giudice di prime cure, nella riformata sentenza n. 809/03/2015, sulla scorta dei formulari e dei codici CER dei materiali trasportati da Vicenza a Monza, della relazione di sopralluogo e della documentazione fotografica della società Valore Ambiente, nonché delle stesse ammissioni della ricorrente.
Va anche detto, per completezza d’indagine, che la definizione delle competenze in tema di gestione dei rifiuti tra Stato, Regioni, Province e Comuni recata dal Codice dell’Ambiente non ha diretta incidenza nella fattispecie esaminata atteso che la mancata tempestiva adozione, da parte del Ministero dell’Ambiente, del decreto di cui all’ultima parte del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 195, comma 2, lett. e) (nella formulazione, applicabile “ratione temporis”, modificata dal D.Lgs. n. 4 del 2008, art. 2, comma 6) con il quale sono fissati i criteri per l’assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani, non ha fatto venir meno il relativo potere regolamentare dei Comuni, poiché la norma transitoria dettata dallo stesso decreto, art. 265, comma 1, prevede che la normativa previgente continui ad operare fino all’emanazione di quella di attuazione di cui alla parte quarta del medesimo decreto (Cass. n. 1344/2019).
Le affermazioni contenute nella sentenza della CTR del Veneto appaiono censurabili anche sotto altri profili.
Va, anzitutto, richiamata la giurisprudenza consolidata della Corte secondo cui la dichiarazione di assimilazione dei rifiuti speciali presuppone necessariamente la concreta individuazione delle caratteristiche, non solo qualitative, ma anche quantitative dei rifiuti stessi, poiché l’impatto igienico ed ambientale di un materiale di scarto non può essere valutato a prescindere dalla sua quantità. (Cass. n. 11035/2019; n. 14414/2017; nn. 7990 e 10479 del 2014; n. 9631/2012; n. 30719/2011; n. 12752/2002), Tale indagine relativa all’individuazione delle caratteristiche dei rifiuti in oggetto non risulta dalla sentenza essere stata svolta e rimane per molti versi oscuro il contenuto specifico (con riferimento non solo alla tipologia dell’imballaggio ma anche alla sua quantità) del provvedimento comunale di assimilazione dei rifiuti, del quale non risulta riportato il testo, così come trascurata è la giurisprudenza relativa all’individuazione della esatta tipologia di imballaggio (primario, secondario, terziario), da cui discendono diverse conseguenze in termini non solo di assimilabilità ai rifiuti speciali, ma più in genere di debenza dell’imposta sui rifiuti.
Poiché, tuttavia, la discussione tra le parti verte piuttosto sui rifiuti di imballaggi terziari, trova allora applicazione la disciplina stabilita per i rifiuti speciali (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3), e la tassa è esclusa per la sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano esclusivamente i rifiuti speciali (Cass. n. 4793/2016), cosa che non risulta allegata e adeguatamente dimostrata della società contribuente che, anzi, sostiene ancora in questo giudizio di legittimità il diritto all’esenzione per l’intero locale magazzino “a prescindere dalla circostanza che su tali superfici si formino anche dei rifiuti urbani”.
Ciò comporta, però, non che tali categorie di rifiuti (imballaggi terziari) siano di per sé esenti dalla imposizione, come sembra sostenere la contribuente, ma che ad esse si applichi la disciplina stabilita per i rifiuti speciali dal D.L. n. 201 del 2011, art. 14, comma 10, che riproduce quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1997, art. 62, comma 3, il quale rapporta la tassa alle superfici dei locali occupati o detenuti, stabilendo l’esclusione dalla tassa della sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, va ribadito, si formano – esclusivamente i rifiuti speciali, come del resto reiteratamente affermato da questa Corte (Cass. n. 4793/2015; Cass. nn. 4792 e 4793 del 2016; n. 14414/2017; n. 10009/2019).
Ne’ va trascurato il tema correlato della valutazione delle prove, che nel ricorso introduttivo del giudizio la società ARCO SPEDIZIONI afferma essere state offerte.
Va considerato, infatti, che spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale ovvero, nella specie, all’AIM Vicenza s.p.a. affidataria del servizio comunale, i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che appunto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in quanto, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi del D.L. n. 201 del 2011, art. 14, commi 33 e 34, non dissimile da quello in precedenza previsto dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass. n. 21250/2017; n. 5377/2012).
Ed ai fini qui considerati non appare priva di rilevanza la circostanza, riferita dalla ricorrente e non specificamente contestata dalla controparte, che da formulari e codici CER si evince che il materiale (rifiuti di imballaggi) trasportato si riferisce ad operazioni di recupero (R13) nelle quali il rifiuto viene valorizzato sotto il profilo economico diventando materia prima, e non quelle di riutilizzo, nella quali il rifiuto è riutilizzato senza subire alcuna trasformazione, e che la relazione di sopralluogo e la documentazione fotografica versate in atti dimostrano, altresì, la presenza in loco di rifiuti di vario genere (cfr. sentenza di primo grado “in prevalenza carta, cartone, cellophane e legno (pallet rotti) utilizzati per il trasporto delle merci conto terzi e convogliati tramite propri automezzi alla sede centrale di Monza, per essere successivamente avviati al recupero mediante imprese autorizzate”, circostanza anch’essa non specificamente contestata e ritenuta solo ininfluente.
In conclusione, nella riformata sentenza di primo grado la CTP di Vicenza “dichiara la ricorrente obbligata al pagamento del tributo preteso dall’AIM, peraltro con la riduzione di cui al D.L. n. 202 del 2011, art. 14, comma 18, e al Regolamento Tar(r)es del Comune di Vicenza approvato con Delib. Consiglio Comunale 2 aprile 2013, n. 22, art. 20, mandando all’AIM di ricalcolare il tributo sulla base di quanto prodotto dalla ricorrente come in motivazione”.
Siffatta statuizione non risulta appellata in via incidentale da AIM Vicenza s.p.a. la quale, nel giudizio di gravame, si è limitata a chiedere la declaratoria di inammissibilità dell’appello della contribuente e la riforma della prima decisione in punto di spese processuali, in tesi, compensate ingiustamente (cfr. pag. 2 sentenza impugnata, “in via di appello incidentale si duole della pronuncia con cui sono state compensate le spese di lite”).
Sul capo di sentenza relativo al diritto alla riduzione tariffaria (cfr. in tema di Tarsu Cass. n. 4960/2018; n. 703/2019) si è formato il giudicato (parziale) interno, con la conseguenza che è precluso un nuovo esame della relativa questione.
L’evolversi della vicenda processuale ed il progressivo consolidarsi della giurisprudenza di legittimità richiamata giustificano la compensazione delle spese dei gradi di merito, mentre le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
PQM
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso limitatamente al già accertato diritto della contribuente alla riduzione tariffaria di cui in motivazione. Compensa tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna ARCO SPEDIZIONI S.p.A. al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3.000,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della V Sezione Civile, il 21 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021