Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.21150 del 22/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27414-2019 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI CARRACCI 1, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DI SIMONE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLO’ SOLINA;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CALAMATTA 27, presso lo studio dell’avvocato LUIGI GRECO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIACOMO RAFFAELE ESPOSITO;

– controricorrente –

contro

G.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 313/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 19/02/2019;

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato il 25 febbraio 2014, C.G. chiedeva il risarcimento dei danni fisici subiti in conseguenza del sinistro stradale verificatosi il 9 aprile 2000, quando, mentre alla guida del proprio motociclo percorreva via Francesco Crispi in Castellammare del Golfo, giunto all’intersezione finiva rovinosamente a terra a causa della condotta irregolare tenuta da G.F.. Quest’ultima, assicurata con UFG Ass.ni (cui è subentrata Unipol Sai Assicurazioni S.p.A.), immettendosi su via Crispi, non si era avveduta della presenza della moto. Si costituiva solo l’assicuratore Unipol Sai eccependo l’improponibilità dell’azione di risarcimento dei danni fisici perché l’attore avrebbe frazionato il credito. In particolare, in data 13 febbraio 2012 l’attore aveva promosso un giudizio per i danni relativi al veicolo, definito dal Giudice di pace di Castellammare del Golfo con sentenza del 29 agosto 2013;

il Tribunale di Trapani, con sentenza del 4 marzo 2015, dichiarava improponibile la domanda e compensava le spese di lite;

avverso tale decisione C.G. proponeva appello censurando la declaratoria di improponibilità della domanda. Si costituiva l’assicuratore chiedendo il rigetto della impugnazione e la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 19 febbraio 2019, rigettava l’impugnazione condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite. La Corte territoriale condivideva la valutazione del Tribunale secondo cui l’attore aveva frazionato in maniera ingiustificata la richiesta di tutela, attesa l’insussistenza di ragioni che impedissero di richiedere il risarcimento dei danni al motoveicolo, contestualmente a quelli fisici. L’attore non avrebbe dedotto l’interesse oggettivamente valutabile per frazionare il credito derivante dal medesimo sinistro, limitandosi a precisare che, al momento della proposizione della domanda davanti al Giudice di pace, non avrebbe potuto proporre quella relativa ai danni fisici. L’eventuale ragione di urgenza nell’ottenere il risarcimento dei danni al veicolo non costituirebbe interesse apprezzabile, anche in considerazione del ritardo con il quale lo stesso attore aveva iniziato il giudizio rispetto al momento in cui sarebbe stato legittimato a farlo (sei mesi dal decorso dei 60 giorni previsti dal Codice delle assicurazioni);

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione C.G. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso Unipol sai Assicurazioni S.p.A. e deposita memoria pervenuta in data 9 dicembre 2020.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 100c.p.c. e dell’art. 24 Cost., oltre che del Codice delle Assicurazioni, artt. 145 e 148, nonché dei principi di frazionabilità delle azioni a tutela di diritti diversi, derivanti dal medesimo fatto, in forza dell’insegnamento espresso dalla pronunzia delle Sezioni Unite n. 4090 del 2017 e dalle successive decisioni di legittimità, nonché violazione dell’art. 175 c.c., dell’art. 88c.p.c. e degli artt. 111 e 2 Cost.. La Corte avrebbe illegittimamente ritenuto non frazionabili domande relative a diritti diversi, conseguenza del medesimo sinistro, senza esaminare il tema dell’interesse valutabile alla proposizione separata, ma limitandosi a indagare sulle ragioni dell’urgenza del ristoro dei danni alle cose, non considerando il regime di proponibilità delle domande dettato dal Codice delle assicurazioni, artt. 145 e 148, che assegnano uno spatium deliberandi di 90 giorni decorrenti dalla ricezione dell’attestazione medica comprovante la guarigione. L’attore, in definitiva, non avrebbe abusato del processo, ma avrebbe esercitato i propri diritti in ossequio ai termini previsti dalla legge;

con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione alla motivazione della statuizione di improponibilità della domanda per abuso del frazionamento della tutela giurisdizionale, in quanto l’attore non avrebbe spiegato l’interesse a non proporre la richiesta di danni al veicolo contestualmente a quella dei danni fisici. Il giudice di appello avrebbe adottato una motivazione apparente, illogica e contraddittoria in quanto l’indagine della Corte territoriale riguarda l’assenza di urgenza di proporre il giudizio per il risarcimento dei danni al veicolo, cioè un procedimento diverso da quello oggetto di causa. In sostanza, la decisione impugnata non renderebbe percepibile il fondamento della pronunzia, recando argomentazioni obiettivamente inidonee a far comprendere il ragionamento seguito dal giudice di appello;

i primi due motivi vanno esaminati unitariamente perché strettamente connessi e sono infondati in applicazione del seguente principio di diritto (Cass. n. 8530/20): “anche dopo il riconoscimento, a determinate condizioni, dell’ammissibilità di un frazionamento di crediti afferenti ad un unitario rapporto di durata, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito lesivo di cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo in tempi separati e distinti per il risarcimento dei danni patrimoniali e di quelli non patrimoniali, poiché tanto integra una condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore e causa ingiustificato aggravio del sistema giudiziario; né integra un interesse oggettivamente valutabile, idoneo a giustificare quel frazionamento e di per sé sola considerata, la prospettata maggiore speditezza del procedimento dinanzi ad uno anziché ad altro dei giudici aditi in ragione della competenza per valore sulle domande risultanti dal frazionamento, dinanzi all’aggravio di costi ed oneri della controparte e a detrimento della funzionalità del sistema giudiziario; mentre l’imposizione di presupposti processuali più gravosi per le azioni per una delle componenti del danno non giustifica, di per sé sola e soprattutto in caso di intervalli temporali modesti, l’attivazione separata della tutela giudiziaria”. La conclusione è analoga a quelle raggiunte, in tema proprio di azioni risarcitorie, da questa Corte in diverse occasioni, come quelle esaminate già da Cass. 25/05/2018, n. 13061, ovvero da Cass. ord. 28/06/2018, n. 17019, ovvero ancora da Cass. ord. 29/01/2019, n. 2330;

nel caso in esame, in particolare, non ricorrono quelle ragioni per le quali la sentenza n. 4090 del 2017 di questa Corte ha ammesso il frazionamento in tema di rapporto di lavoro;

con il terzo motivo si lamenta la violazione di artt. 115 e 116 c.p.c. e il mancato esame di un fatto decisivo costituito dall’esame dei documenti riguardanti l’urgenza dell’attore di ottenere il ristoro dei danni alle cose e ciò ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. I documenti riguardavano le trattative avvenute nella fase precedente la proposizione del giudizio e, quindi, la solerzia dimostrata dall’attore nell’ottenere la tutela del diritto. Il quesito posto dalla Corte territoriale troverebbe risposta nei documenti prodotti in giudizio, oltre che nelle deduzioni formulate nell’atto di appello riguardanti la fase delle trattative precedenti il giudizio proposto davanti al Giudice di pace, documentate da due offerte formulate dall’impresa assicuratrice;

il motivo è inammissibile perché dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento ad una “doppia conforme” fondata sui medesimi fatti e senza che parte ricorrente abbia dedotto e dimostrato che la decisione di appello si sia basata su elementi probatori diversi da quella di primo grado. Tale censura non è consentita dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5;

sotto altro profilo il motivo è inammissibile perché dedotto in violazione l’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo all’esistenza ed al contenuto dei documenti che si assumono prodotti in giudizio e alle deduzioni formulate nell’atto di appello, che spiegherebbero le ragioni dell’urgenza dell’attore di ottenere il ristoro dei danni al veicolo. Sotto tale profilo il ricorrente, a fronte di una specifica argomentazione della Corte territoriale secondo cui, né in primo grado, né in sede di appello, C. avrebbe spiegato le ragioni per le quali non avrebbe potuto richiedere il danno al veicolo contestualmente al pregiudizio fisico subito, omette di trascrivere il contenuto degli atti e delle deduzioni, di individuare la fase processuale nella quale tali elementi sarebbero stati ritualmente e tempestivamente sottoposti all’esame dei giudici di merito e di localizzare all’interno del fascicolo di legittimità tali documenti;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 3300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2021

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