LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –
Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2208/15 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
RI. TRA. MA. S.P.A. (GIA’ RINK TRADING AND MANUFACTURING S.P.A.), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtù
di procure in atti, dagli Avv.ti Lucia Montecamozzo e Carlo Polito, elettivamente domiciliata in Roma, Largo Somalia n. 67, presso lo studio dell’Avv. Rita Gradara;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della Lombardia n. 2885/14, depositata in data 28 maggio 2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 giugno 2021 dal Consigliere Dott. Raffaele Rossi.
RILEVATO
che:
1. Con avviso di accertamento notificato il 22 dicembre 2011, l’Agenzia delle Entrate, sul rilievo della omessa contabilizzazione di componenti positivi di reddito derivanti da operazioni infragruppo di transfer pricing (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, comma 7) e dell’illegittima contabilizzazione di componenti negativi di reddito in violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5, recuperava a tassazione nei confronti della società Ri.Tra.Ma. Rink trading and Manufacturing S.p.A. le maggiori imposte IRES ed IRAP non corrisposte per l’anno 2006.
L’atto impositivo scaturiva da una verifica fiscale (in origine relativa al periodo d’imposta 2007, poi estesa all’annualità anteriore) conclusa con l’emissione del processo verbale di constatazione del 4 novembre 2011 ad opera della medesima Agenzia delle Entrate.
2. Avverso l’avviso di accertamento la contribuente adiva gli organi della giustizia tributaria deducendo l’inosservanza del termine L. 27 luglio 2000, n. 212, ex art. 12, comma 7, e contestando nel merito i presupposti e la misura della ripresa a tassazione.
L’impugnativa veniva accolta, per il primo profilo di doglianza, in ambedue i gradi di merito del giudizio.
3. Avverso la sentenza resa in appello, in epigrafe indicata, ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un motivo; resiste, con controricorso illustrato da memoria, la contribuente.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte nel termine fissato dall’art. 380-bis.1 codice di rito.
CONSIDERATO
che:
4. Con l’unico motivo, per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denuncia come erronea la valutazione della C.T.R. in ordine alla insussistenza di ragioni di particolare urgenza giustificanti l’anticipata adozione dell’avviso.
In particolare, si adduce che, già nell’atto impositivo, erano state allegate circostanze idonee a fondare la deroga al termine dilatorio sancito dal citato art. 12: il pericolo della perdita del credito erariale, per l’imminente spirare del termine di decadenza D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 43; la imprevedibile sopravvenienza di irregolarità relative ad annualità d’imposta anteriori a quella oggetto di iniziale controllo; la rilevanza penale delle condotte riscontrate; la complessità della verifica, siccome concernente la regolarità del trasfert pricing in operazioni infragruppo.
5. La censura è fondata e va accolta.
5.1. In punto di fatto, non è in contestazione che l’impugnato avviso di accertamento sia stato notificato alla contribuente prima del decorso del termine di sessanta giorni del p.v.c. redatto all’esito della verifica compiuta mediante accessi presso la sede della società.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, va interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni determina ex se, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale (primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente) ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.
Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta vicenda e con riferimento all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio (sul tema, tra le tante, cfr. Cass., Sez. U., 20/07/2013, n. 18184; Cass. 09/12/2019, n. 32081; Cass. 30/10/2018, n. 27623; Cass. 12/4/2019, n. 10388).
E la valutazione in ordine alla sussistenza di “casi di particolare e motivata urgenza” non è apprezzamento di fatto, ma giudizio in iure, soggetto al controllo di legittimità, in quanto relativo al significato ultimo (ed al conseguente corretto ambito di operatività) della disposizione, da individuare attraverso un’attività interpretativa, “dovendosi dare concretezza a quella parte mobile (appunto elastica) della norma stessa, introdotta per consentirne l’adeguamento ai mutamenti e alle variabili di contesto” (v., testualmente, Cass. 28/03/2014, n. 7315).
5.2. Nel compimento di tale sindacato di legittimità, questa Corte ha delimitato il perimetro applicativo delle ragioni di urgenza valide ed idonee a giustificare l’anticipata emissione dell’atto impositivo.
Dal novero dei possibili motivi di esonero dall’osservanza del termine dilatorio si è esclusa la esigenza di evitare la decadenza dal potere di accertamento per la imminente o vicina scadenza del termine positivamente all’uopo stabilito (ex aliis, Cass. 10/04/2018, n. 8749); si e’, per converso, ritenuta necessaria la prova che l’esercizio dell’azione accertativa in prossimità dello spirare del termine non sia dipesa da incuria, negligenza o inefficienza imputabili all’assetto organizzativo dell’amministrazione finanziaria, bensì sia dovuta a circostanze imprevedibili oppure a fattori non ascrivibili all’A.F. “che hanno inciso sull’attività accertativa fino al punto da rendere comunque necessaria l’attivazione dell’accertamento, a pena di vedere dissolta la finalità di recupero delle imposte non versate dal contribuente” (così Cass. 09/11/2015, n. 22786).
Nel descritto contesto, con affermazione oramai consolidata nella giurisprudenza di nomofilachia, si è ravvisata “indubitabile e valida ragione d’urgenza” nel pericolo determinato da comportamenti del contribuente aventi rilevanza penale, “tanto più” (e non già necessariamente, come invece opina il controricorrente nella memoria difensiva) qualora integranti la partecipazione del soggetto ad una frode fiscale: tale circostanza, astrattamente considerata, giustifica l’anticipazione della notifica dell’atto impositivo al fine di evitare la protrazione della condotta gravemente illecita in essere o, comunque, la reiterazione della stessa (così Cass. 05/02/2014, n. 2857, dalla cui motivazione sono tratte le locuzioni trascritte; conf. Cass. 24/06/2014, n. 14287; Cass. 27/07/2016, n. 15527; Cass. 02/07/2018, n. 17211; Cass. 22/01/2020, n. 1289; Cass. 23/07/2020, n. 15843).
5.3. Ciò posto, nel soffermare la sua valutazione unicamente sulla insignificanza dell’imminenza del decorso del termine di decadenza del potere di accertamento, il giudice di prossimità ha radicalmente omesso di ponderare, ai fini della deroga al termine fissato dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, la ragione di urgenza invocata dall’A.F., consistente nella rilevanza penale della condotta violativa riscontrata, la quale era, invece, meritevole di apprezzamento, in astratto concretando una dichiarazione infedele per importi ben superiori (quasi due milioni di Euro) alla soglia di punibilità stabilite dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
6. Alla luce di quanto esposto, l’impugnata sentenza va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per il vaglio delle ulteriori questioni di validità e di fondatezza dell’accertamento sollevate dal contribuente. 7. Al giudice del rinvio è altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 22 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021