LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo A. – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10208/2017 proposto da:
***** S.r.l. (in lingua tedesca ***** G.m.b.h.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via degli Scipioni 265, presso lo studio dell’avvocato Alberto Saraceno, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Nicola Maragna, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Banca Popolare di Vicenza S.p.a., Fallimento ***** S.r.l., SteiermarkischeBank Und Sparkassen Ag. S.p.a.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 534/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 10/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2021 dal cons. Dott. LUCA SOLAINI.
RILEVATO
che:
1) Con sentenza del 10.3.2017, la Corte di Appello di Venezia ha respinto il reclamo L.Fall., ex art. 18 proposto da ***** srl avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, pronunciata dal Tribunale di Verona su domanda di Steiermarkische Bank und Sparkassen AG e della Banca Popolare di Vicenza s.p.a., previa declaratoria di inammissibilità, per abuso dello strumento concordatario, della terza domanda di concordato presentata dalla debitrice.
La corte del merito ha ricordato in fatto: che ***** aveva depositato il 4.2.2014 una prima proposta di concordato, ai sensi della L.Fall., art. 161, comma 6, alla quale aveva rinunciato alla scadenza del termine assegnatole dal tribunale per il deposito della documentazione e del piano; che il 10.12.2015 aveva presentato una seconda proposta, questa volta ai sensi del comma 1 della norma, ma, dopo essere stata ammessa alla procedura, vi aveva rinunciato il 29.6.2016; che nel luglio successivo la società aveva affittato la propria azienda e stipulato un contratto estimatorio con l’affittuaria, alla quale aveva trasferito tutto il proprio magazzino, sostenendo che in tal modo se ne sarebbe realizzato un prezzo maggiore di quello ricavabile dalla vendita in sede concordataria, ma che tuttavia, appena un mese dopo, aveva acconsentito alla cessione del contratto ad altra società, in vista di un possibile futuro acquisto di un suo ramo d’azienda; accordo di ristrutturazione creditori; che infine, dopo aveva depositato un nuovo con riserva.
Ciò premesso, il giudice del tribunale, rilevando che, che nel frattempo aveva proposto un dei debiti, che era stato rifiutato dai la notifica delle istanze di fallimento, ricorso per l’ammissione al concordato reclamo ha condiviso l’accertamento del attraverso il susseguirsi delle varie domande, ***** aveva piegato lo strumento concordatario allo scopo di impedire il soddisfacimento dei crediti in un tempo ragionevole ed al perseguimento di finalità ulteriori rispetto a quelle tipiche dell’istituto. Ha evidenziato al riguardo che: già il bilancio dell’esercizio 2013 della debitrice evidenziava una perdita superiore al capitale sociale; che subito dopo la rinuncia alla procedura ammessa, *****, profittando del varco temporale creatosi, aveva stipulato con una società austriaca un contratto preliminare di vendita di tutti i suoi immobili, a prezzo e condizioni particolarmente vantaggiosi per la promissaria acquirente, e l’aveva anche trascritto, con l’evidente finalità di sottrarre i beni all’esecuzione o renderla estremamente difficoltosa; che, d’altro canto, la stessa società aveva ammesso di aver presentato la seconda domanda di concordato al fine precipuo di evitare il consolidamento delle ipoteche giudiziarie iscritte da due banche sugli stessi immobili. Ha osservato che già tali fatti si ponevano in insanabile contrasto con l’assunto della reclamante, secondo cui la domanda era stata avanzata nella sincera convinzione che la soluzione concordataria potesse essere la più conveniente per il ceto creditorio e che, comunque, la reiterata proposizione di domande di concordato poi rinunciate aveva consentito alla società una gestione autarchica di una crisi protrattasi per oltre un biennio, con modalità e a condizioni da essa scelte, fine a giungere alla paralisi di ogni iniziativa recuperatoria in favore dei creditori, rimasti ostaggio del meccanismo azionato ed ancor più pregiudicati sia dall’aumento dei costi (per il pagamento dei professionisti impegnati nella redazione degli atti) sia dal compimento di operazioni (un finanziamento erogato alla società austriaca detentrice dell’intero capitale sociale di *****) evidentemente implausibili in presenza di un dichiarato stato di decozione. Ha pertanto escluso che il tribunale, prima di poter valutare tale complessiva condotta come volta all’abuso, fosse tenuto ad esaminare il piano e la proposta relativi alla terza domanda ed a protrarre la procedura sino all’adunanza dei creditori. Ha infine rilevato che, in ogni caso, detta domanda era inammissibile anche perché non corredata dell’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti, secondo quanto richiesto dalla L.Fall., art. 161, comma 6, e perché il deposito del piano, della proposta e della documentazione, avvenuto nella tarda mattina dello stesso giorno fissato per l’udienza di comparizione, doveva ritenersi tardivo, posto che il tribunale non solo non aveva avuto la possibilità di esaminare i documenti, ma non aveva avuto contezza del deposito.
Avverso la sentenza ***** srl ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
Le parti intimate non hanno spiegato difese.
CONSIDERATO
che:
1) ***** denuncia con il primo motivo violazione della L.Fall., artt. 161 e 162; rileva che la sentenza di primo grado aveva ritenuto inammissibile solo la terza domanda, ravvisando l’abuso nella richiesta di ammissione al concordato “in bianco”, e sostiene che il convincimento del tribunale sarebbe stato smentito dall’avvenuta, tempestiva presentazione del piano e della proposta.
2) Con il secondo motivo lamenta, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame del piano e della proposta, che erano stati sì depositati la mattina dell’udienza, ma in tempo utile perché il collegio potesse esaminarli.
3) Con il terzo motivo prospetta violazione della L.Fall., artt. 162 e 15, dolendosi del fatto che il fallimento sia stato dichiarato senza prima procedere all’esame della proposta di concordato.
4) Con il quarto motivo denuncia violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.; contesta di aver abusato dello strumento concordatario ed assume che il mancato esame dell’ultima proposta ha impedito alla corte d’appello di prendere contezza dei vantaggi che sarebbero derivati dall’ammissione al concordato; deduce che la sua condotta, lungi dal poter essere ritenuta indicativa dell’intento di avvalersi del concordato allo scopo di pregiudicare i creditori, è stata tesa ad avvantaggiarli; sostiene in particolare: che il contratto d’affitto aveva preservato il valore dell’azienda e salvaguardato i livelli occupazionali; che il contratto estimatorio aveva consentito di realizzare il valore pieno delle giacenze di magazzino; che era stato raggiunto un accordo per l’acquisto dell’azienda da parte di un soggetto terzo; che le percentuali di soddisfacimento dei creditori previste nella terza proposta erano superiori alle precedenti; asserisce, infine, che la corte del merito, non considerando che il piano e la proposta erano stati depositati, avrebbe erroneamente trattato una procedura di concordato “pieno” alla stregua di una procedura di concordato “con riserva”.
5) Con il quinto motivo ***** lamenta violazione della L.Fall., art. 161, comma 2, lett. b, per avere la corte del merito erroneamente affermato che alla terza domanda non era stato allegato l’elenco dei creditori.
6)Con il sesto motivo lamenta violazione della L.Fall., art. 162, per aver il giudice del reclamo ravvisato un presupposto di inammissibilità della terza domanda nella mancanza di elementi di novità.
7) Il primo motivo è inammissibile perché appare rivolto contro la sentenza di primo grado e non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata: la corte d’appello, infatti, non ha fondato il proprio accertamento in ordine all’abuso dello strumento concordatario, ed alla conseguente inammissibilità della terza domanda di concordato, sul rilievo che questa fosse stata presentata ai sensi del sesto, anziché della L.Fall., art. 161, comma 1, ma sull’esame della condotta complessivamente tenuta dalla società a partire dalla presentazione della prima domanda.
8)Per la medesima ragione è inammissibile anche il secondo motivo di censura, che peraltro contesta in via del tutto generica l’ulteriore ratio (tardivo deposito del piano e della proposta) che sostiene la statuizione di inammissibilità della domanda di concordato.
9) Il terzo motivo è infondato, posto che, una volta ritenuta la terza domanda di concordato inammissibile in ragione dell’abusivo utilizzo dell’istituto da parte della debitrice, il giudice del merito non era tenuto ad esaminare il contenuto della relativa proposta, ed il piano che l’accompagnava, prima di poter dichiarare il fallimento.
10) Il quarto motivo è inammissibile, in quanto, sotto l’apparente rubrica del vizio di violazione di legge, si risolve nella richiesta di una diversa valutazione delle circostanze in base alle quali la corte d’appello – con accertamento in fatto non sindacabile nella presente sede di legittimità se non nei limiti configurati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – ha ritenuto sussistente l’abuso.
11) Il quinto e il sesto motivo, attinenti a questioni che, quand’anche fondate, non potrebbero condurre all’annullamento della decisione, restano assorbiti.
La mancata costituzione delle parti intimate esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 23 luglio 2021