LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 28490 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da:
L.G.F., (C.F.: *****);
L.G.G., (C.F.: *****);
L.G.N., (C.F.: *****);
L.G.A.M., (C.F.: *****);
L.G.S., (C.F.: *****), rappresentati e difesi, giusta procura allegata in calce al del ricorso, dagli avvocati Nicola Ielpo, (C.F.: LPI NCL 31C26H501N) e Mario Ielpo, (C.F.: LPI MRA 63H08 H501C);
– ricorrenti –
nei confronti di:
PHOENIX ITALIA S.p.A., (C.F.: *****), in persona dell’amministratore delegato, legale rappresentante pro tempore, N.A., quale rappresentante di IRFIS – Finanziaria per lo Sviluppo della Sicilia S.p.A., (C.F.: *****) rappresentato e difeso, giusta procura in calce allegata in calce al controricorso, dagli avvocati Geroges Khouzam, (C.F.: KHZ GGS 56T20 E897A) e Monica Galluzzo, (C.F.: GLL MNC 72L65 G273B);
– controricorrente –
nonché
DOBANK S.p.A., (C.F.: *****), in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Catania n. 1454/2018, pubblicata in data 21 giugno 2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2021 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
Secondo quanto riferiscono i ricorrenti, nel corso di una procedura esecutiva promossa nei suoi confronti, L.G.B. ha proposto opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. nei confronti dei creditori procedenti e/o intervenuti, tra cui IRFIS S.p.A..
L’opposizione proposta nei confronti di IRFIS S.p.A. è stata accolta dal Tribunale di Catania.
Nel giudizio di secondo grado, promosso da IRFIS S.p.A. dopo il decesso dell’opponente, si sono costituite, proponendo appello incidentale, la Banca Nazionale del Lavoro (B.N.L.) S.p.A. e la Unicredit Management Bank S.p.A. (oggi DoBank S.p.A.). All’impugnazione ha resistito Re.Ag.Bi., erede del L.G., anch’essa poi deceduta nelle more del giudizio di appello, che è stato proseguito dai suoi eredi F., G., N., A.M. e L.G.S..
All’esito, la Corte di Appello di Catania ha accolto l’appello di IRFIS S.p.A. e quello del Banco di Sicilia S.p.A., mentre ha dichiarato cessata la materia del contendere in relazione alla posizione della BNL S.p.A..
Ricorrono F., G., N., A.M. e L.G.S., sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso Phoenix Italia S.p.A., in rappresentanza di IRFIS S.p.A..
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra società intimata.
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è inammissibile.
Esso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.
Tale requisito è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 – 01; Cass., Sez. U, Sentenza n. 30754 del 28/11/2004). Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.
Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo.
Manca totalmente, in primo luogo, l’indicazione dell’oggetto e della tipologia del processo di esecuzione promosso contro il L.G. e dei beni eventualmente pignorati.
Manca, inoltre, la precisa indicazione di tutte parti del processo esecutivo (creditore procedente e creditori intervenuti) nonché la specificazione dei crediti da ciascun creditore fatti valere.
Manca, ancora, l’indicazione esatta delle parti contro cui era stata proposta l’opposizione e l’illustrazione precisa delle ragioni poste dall’opponente alla base delle contestazioni del diritto di procedere ad esecuzione forzata di ciascuna di tali parti opposte, nonché le difese svolte in proposito da ciascuna di queste ultime.
Manca altresì una completa e chiara indicazione delle ragioni poste a base della decisione di primo grado, della quale in realtà neanche è precisato il contenuto, se non in relazione alla posizione di IRFIS S.p.A..
Manca, infine, l’indicazione degli specifici motivi del gravame avanzato contro la decisione di primo grado da ciascuna delle parti appellanti.
Le lacune indicate non possono ritenersi superate neanche sulla base dell’esame di quanto esposto nello svolgimento dei singoli motivi del ricorso.
In questa situazione, la Corte non è posta in condizione di avere una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato, onde il ricorso non può essere esaminato nel merito.
2. A scopo di completezza espositiva, si osserva che anche i singoli motivi del ricorso, per quanto è possibile evincere nonostante le segnalate lacune espositive, risultano sotto vari aspetti inammissibili.
2.1 Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione degli artt. 326 – 327 – 328 – 330 – 332 – 334 – 342 – 359 in combinazione con gli artt. 164,285,170 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”.
Secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto essere accolta l’eccezione di tardività dell’appello, proposta dalla loro dante causa Re.Ag.Bi. sull’assunto dell’inesistenza giuridica della originaria notificazione del gravame ad essa appellata, coniuge dell’opponente L.G.B., nonché della sua successiva rinnovazione agli eredi di quest’ultimo.
Si tratta di censure che non rispettano il requisito di ammissibilità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, oltre ad essere formulate in modo poco chiaro.
Non è infatti riprodotto, né direttamente né indirettamente, il contenuto degli atti e dei documenti su cui esse sono fondate, atti e documenti nemmeno localizzati nell’ambito del fascicolo processuale (né di quello del giudizio di merito, né di quello del giudizio di legittimità).
Risultano con ciò violati i principi della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto; il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento; la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile” (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 22303 del 04/09/2008, Rv. 604828 – 01; Sez. U, Sentenza n. 28547 del 02/12/2008, Rv. 605631 – 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 15628 del 03/07/2009, Rv. 609583 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 20535 del 23/09/2009, Rv. 613342 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 29 del 05/01/2010, Rv. 610934 – 01; Sez. U, Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010, Rv. 612109 – 01; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011, Rv. 616097 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17602 del 23/08/2011, Rv. 619544 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 124 del 04/01/2013, Rv. 624588 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 26174 del 12/12/2014, Rv. 633667 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016, Rv. 642130 – 01; Sez. 5, Ordinanza n. 14107 del 07/06/2017, Rv. 644546 – 01, in cui si specifica espressamente che il principio è valido anche ove il ricorrente intenda far valere un vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, in relazione alla valutazione del documento; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 27475 del 20/11/2017, Rv. 646829 – 1; Sez. L, Sentenza n. 20914 del 05/08/2019, Rv. 654796 – 2; in senso analogo, Cass. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019, Rv. 656488 – 01).
In ogni caso, pare opportuno sottolineare che – benché solo secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata – la corte territoriale ha ritenuto correttamente notificato l’atto di appello dell’IRFIS S.p.A. presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Giuffrida (già costituito in giudizio per l’originario opponente deceduto), quale procuratore nominato dalla Re. nell’atto di notificazione della sentenza di primo grado, avendo considerato la stessa Re. unica legittimata passiva, quale erede di L.G.B., dal momento che i figli di quest’ultimo (peraltro tutti costituitisi successivamente in giudizio quali eredi della madre Re., dopo il decesso della stessa) avevano rinunziato all’eredità paterna.
I ricorrenti sostengono che tale notificazione avrebbe dovuto ritenersi non solo nulla, ma perfino giuridicamente inesistente, che anche essi avrebbero dovuto essere ritenuti necessari legittimati passivi in sede di impugnazione, sebbene avessero rinunziato all’eredità paterna quali potenziali successivi eredi della madre e che anche le notificazioni a loro effettuate (sempre presso l’avvocato Giuffrida, difensore e domiciliatario del de cuius nel giudizio di primo grado) avrebbero dovuto ritenersi giuridicamente inesistenti.
In proposito vanno peraltro ribaditi i principi ormai da tempo enunciati da questa Corte in tema di invalidità della notificazione (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640603 – 01; conf., ex multis: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2174 del 27/01/2017, Rv. 642740 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20659 del 31/08/2017, Rv. 645697 – 01; Sez. 5, Ordinanza n. 3816 del 16/02/2018, Rv. 646941 – 01; Sez. L, Ordinanza n. 14840 del 07/06/2018, Rv. 649243 – 01), in base ai quali deve certamente escludersi che quelle in oggetto possano ritenersi notificazioni giuridicamente inesistenti.
E’ poi appena di caso di rilevare che, in base all’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, “in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest’ultimo comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a rappresentare la parte come se l’evento stesso non si fosse verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 15295 del 04/07/2014, Rv. 631466 – 01 e successive conformi; cfr. in particolare, per l’espressa specificazione secondo la quale ne consegue “che è ammissibile la notificazione dell’appello presso il procuratore della parte costituita in primo grado e deceduta successivamente”: Cass., Sez. L, Ordinanza n. 24845 del 09/10/2018, Rv. 650728 – 01; Sez. 5, Ordinanza n. 8037 del 23/03/2021, Rv. 660820 – 01).
2.2 Con il secondo motivo si denunzia “Violazione degli artt. 111,331,332,333,334 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 s.c.”.
Le censure formulate con il motivo di ricorso in esame hanno ad oggetto la pretesa tardività dell’appello incidentale di Do-Bank S.p.A., sull’assunto che non ricorrerebbe nella specie una ipotesi di litisconsorzio necessario.
Anche in questo caso si tratta di censure che non rispettano il requisito di ammissibilità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non essendo riprodotto, né direttamente né indirettamente, il contenuto degli atti e dei documenti su cui esse sono fondate, atti e documenti nemmeno localizzati nell’ambito del fascicolo processuale (né di quello del giudizio di merito, né di quello del giudizio di legittimità).
E’ comunque opportuno ribadire, in proposito, che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, “nelle opposizioni esecutive il litisconsorzio processuale è necessario coi creditori che rivestano la qualità di procedente o di interventore al momento in cui la singola opposizione sia instaurata” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18110 del 05/09/2011, Rv. 619403 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17441 del 28/06/2019, Rv. 654355 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11268 del 12/06/2020, Rv. 658143 – 01).
2.3 Con il terzo motivo si denunzia “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per difetto totale di motivazione su punti decisivi della controversia oggetto del contendere tra le parti”.
Con il quarto motivo si denunzia “Violazione degli artt. 511-542 c.p.c. e del D.L. n. 183 del 2008, art. 2 bis convertito nella L. n. 2 del 2009, e D.L. n. 1 del 2012, art. 27 convertita nella L. n. 27 del 2012, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4”.
Con il quinto motivo si denunzia “Violazione del D.L. n. 183 del 2008, art. 2 bis convertito nella L. n. 2 del 2009 e del D.L. n. 1 del 2012, art. 27 convertito nella L. n. 27 del 2012, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4. Difetto di motivazione sul punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 4, nella determinazione del credito delle controparti”.
Il terzo, il quarto ed il quinto motivo del ricorso riguardano questioni di merito, relative alla titolarità ed all’importo dei crediti fatti valere dalle società procedenti e/o intervenute nell’esecuzione.
Si tratta di censure che, ancora una volta, non rispettano il requisito di ammissibilità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non essendo riprodotto, né direttamente né indirettamente, il contenuto degli atti e dei documenti su cui esse sono fondate, atti e documenti nemmeno localizzati nell’ambito del fascicolo processuale (né di quello del giudizio di merito, né di quello del giudizio di legittimità).
Per buona parte, con riguardo alle predette censure, inoltre, non si indica neanche, in modo adeguatamente specifico, in quali atti ed in quali precisi termini le relative questioni erano state avanzate nel corso del giudizio di merito, il che impedisce in radice alla Corte di potere accedere all’esamine del loro eventuale fondamento sostanziale.
3. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2021
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