LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 27971 dell’anno 2018, proposto da:
UBI LEASING S.p.A., (C.F.: *****), in persona del rappresentante per procura T.G. rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Paolo Vercesi, (C.F.: VRC PLA 65R19 F205U);
– ricorrente –
nei confronti di:
G.C.P., (C.F.: *****) rappresentato e difeso, giusta procura allegata al controricorso, dagli avvocati Andrea Carlo Poma, (C.F.: PMO NRC 66A15 G388V) e Mario Romano, (C.F.: RMN MRA 60S18 H501X);
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Pavia n. 1274/2018, pubblicata in data 26 luglio 2018 (che si dichiara notificata in pari data);
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 luglio 2021 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo.
FATTI DI CAUSA
Ubi Leasing S.p.A., sulla base di titolo di formazione giudiziale, ha promosso l’esecuzione di un obbligo di fare – consistente nella demolizione e successiva ricostruzione in diversa posizione di un muretto in calcestruzzo – nei confronti di G.C.P..
Il giudice dell’esecuzione, con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 612 c.p.c., ha nominato un tecnico, autorizzandolo a porre in essere tutto quanto necessario per realizzare detto obbligo.
L’obbligato ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso tale ordinanza, chiedendo contestualmente la sospensione dell’esecuzione che, negata dallo stesso giudice dell’esecuzione, è stata disposta dal collegio del tribunale, in sede di reclamo.
Il giudizio di merito a cognizione piena relativo all’opposizione è quindi stato instaurato dalla società procedente.
Il Tribunale di Pavia, rilevato che, nelle more, lo stesso giudice dell’esecuzione aveva modificato l’ordinanza opposta, sostanzialmente conformandosi alle indicazioni del collegio, ha rilevato che era cessata la materia del contendere anteriormente all’instaurazione del giudizio di merito a cognizione piena e pertanto ha dichiarato “inammissibile l’opposizione” (la statuizione sembra peraltro riferibile alla relativa azione di merito avanzata a cognizione piena), condannando la società opposta (peraltro espressamente qualificata come “opponente” nell’epigrafe della decisione impugnata) al pagamento delle spese di lite.
Ricorre Ubi Leasing S.p.A., sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso il G..
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..
La società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, 4 e 5: errore in procedendo – erronea applicazione dell’art. 100, 618 e 624: mancata declaratoria di cessazione dell’oggetto del contendere – omesso esame della legittimità dell’opposizione agli atti esecutivi – omessa applicazione del principio della soccombenza virtuale”.
Con il secondo motivo si denunzia “Motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 e 4: errore in procedendo – violazione dell’art. 92 c.p.c. in applicazione del principio giurisprudenziale della soccombenza virtuale – violazione dell’art. 624 c.p.c. e 112 c.p.c. – mancata regolazione delle spese del giudizio cautelare avanti al Tribunale Collegiale, omessa pronuncia sulla revoca del provvedimento collegiale in punto spese e nel merito”.
Con il terzo motivo si denunzia “Motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 connesso al precedente motivo di cui al paragrafo 6 violazione dell’art. 92 c.p.c. – violazione del principio della soccombenza in relazione al procedimento di opposizione agli atti esecutivi”.
Con il quarto motivo si denunzia “Motivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – violazione degli artt. 612 e 613 c.p.c. – legittimità dell’ordinanza oggetto di opposizione agli atti esecutivi – omessa pronuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. anche con riferimento all’art. 624 c.p.c.”.
Con i quattro motivi del ricorso viene formulata una complessiva censura, sostanzialmente unitaria: tali motivi sono quindi logicamente connessi e possono pertanto essere esaminati congiuntamente.
La società ricorrente sostiene che, diversamente da quanto affermato dal tribunale con la decisione impugnata, aveva certamente interesse, quale creditore procedente, alla instaurazione del giudizio di merito a cognizione piena relativo all’opposizione agli atti esecutivi proposta dall’obbligato sebbene sulla stessa fosse cessata la materia del contendere in seguito alla modifica da parte del giudice dell’esecuzione dell’ordinanza opposta – sia per evitare la possibile estinzione della procedura esecutiva sospesa dal collegio in sede di reclamo, ai sensi dell’art. 624 c.p.c., comma 3, sia per ottenere una decisione, sulla base del principio della soccombenza virtuale in relazione all’opposizione stessa, con riguardo alle spese del procedimento, tanto della fase sommaria svoltasi dapprima davanti al giudice dell’esecuzione e poi davanti al collegio in sede di reclamo, quanto della successiva fase a cognizione piena.
Tali assunti sono fondati, per quanto di ragione.
1.1 Va premesso che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, i giudizi di opposizione in sede esecutiva, sebbene abbiano struttura cd. bifasica (essendo prevista una prima necessaria fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione ed una successiva fase, eventuale, a cognizione piena), devono ritenersi sostanzialmente unitari ed hanno inizio con il deposito del ricorso in opposizione al giudice dell’esecuzione.
L’instaurazione della fase a cognizione piena è facoltativa, nel senso che è rimessa all’iniziativa di una qualunque delle parti (opponente e/o opposto). Peraltro, in caso di sospensione dell’esecuzione ai sensi dell’art. 624 c.p.c., l’instaurazione (e la prosecuzione) della fase a cognizione piena è necessaria onde evitare la particolare fattispecie di estinzione del processo esecutivo prevista dall’art. 624 c.p.c., comma 3, (cfr., in proposito, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7043 del 20/03/2017, Rv. 643832).
D’altronde, oltre ad essere possibile esclusivamente all’esito della fase a cognizione piena ottenere una decisione idonea al passaggio in giudicato tra le parti sul merito dell’opposizione, esclusivamente in tale sede è possibile rimettere in discussione la regolamentazione delle spese processuali relative alla fase a cognizione sommaria, che vengono liquidate dal giudice dell’esecuzione e/o dal tribunale in sede di reclamo (cfr., in proposito, da ultimo: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3019 del 09/02/2021, Rv. 660609 – 01, con i richiami dei numerosi precedenti).
Ne consegue che, anche laddove venga a cessare la materia contendere sul merito dell’opposizione proposta, prima dell’instaurazione della fase a cognizione piena, ma dopo lo svolgimento (in tutto o in parte) della fase a cognizione sommaria, le parti conserveranno comunque l’interesse ad instaurare la predetta fase a cognizione piena, quanto meno al fine di evitare la possibile estinzione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 624 c.p.c., comma 3, (in caso di avvenuta sospensione dello stesso) e, comunque, al fine di ottenere l’eventuale revisione della regolamentazione delle spese della fase sommaria.
1.2 Qualora sia effettivamente cessata la materia del contendere sul merito dell’opposizione, naturalmente, la regolamentazione delle predette spese della fase sommaria, così come quelle della stessa fase a cognizione piena, dovrà essere effettuata sulla base del principio della cd. soccombenza virtuale: la fondatezza dell’opposizione dovrà pertanto essere comunque valutata nel merito (in relazione al momento in cui essa era stata proposta), al solo fine di porre l’onere delle spese di lite (sia della fase sommaria che di quella a cognizione piena) a carico della parte che sarebbe stata teoricamente soccombente, quanto meno in mancanza di ragioni tali da giustificarne la compensazione (in tutto o in parte).
Il Tribunale, nella decisione impugnata, oltre ad avere invertito la posizione delle parti nel giudizio (avendo qualificato, anche nell’epigrafe della pronuncia, la creditrice opposta, che aveva instaurato la fase a cognizione piena dell’opposizione, come “opponente” e l’obbligato, che aveva proposto l’opposizione, come “opposto”) e oltre ad avere, di conseguenza, formulato in modo erroneo la propria statuizione (avendo dichiarato “inammissibile l’opposizione”, intendendo invece evidentemente affermare l’inammissibilità della sola instaurazione della relativa fase a cognizione piena da parte della parte opposta), non si è conformato ai principi di diritto sin qui esposti, in quanto ha erroneamente ritenuto che l’avvenuta cessazione della materia del contendere sul merito dell’opposizione (che non è di per sé in discussione, in quanto sostanzialmente riconosciuta da entrambe le parti) in epoca anteriore all’instaurazione della fase dell’opposizione a cognizione piena, sebbene posteriore allo svolgimento della fase a cognizione sommaria, comportasse il difetto di interesse ad instaurare la suddetta fase a cognizione piena da parte della creditrice opposta, che ha pertanto condannato per ciò solo al pagamento delle spese del giudizio, senza prendere in considerazione la eventuale fondatezza “virtuale” dell’opposizione e senza decidere alcunché in ordine alle spese della fase sommaria.
1.3 Al contrario, sussistendo senza dubbio l’interesse della creditrice opposta ad instaurare la fase sommaria dell’opposizione, avrebbe dovuto essere semplicemente dichiarata cessata la materia del contendere in ordine al merito della stessa, ma avrebbe poi dovuto esserne valutata la virtuale fondatezza e, sulla base di tale valutazione, si sarebbe dovuto procedere alla regolamentazione delle spese di lite, sia con riguardo alla fase sommaria che con riguardo alla fase a cognizione piena.
La decisione impugnata deve quindi essere cassata affinché a tanto possa provvedersi in sede di rinvio.
Restano, di conseguenza, assorbite tutte le censure relative al merito dell’opposizione, che non è stato esaminato dal tribunale e dovrà invece esserlo, esclusivamente al fine sopra chiarito, in sede di rinvio.
2. Il ricorso è accolto, nei limiti di cui in motivazione, la sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio al Tribunale di Pavia, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Pavia, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 2 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2021
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