Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.21472 del 27/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23241-2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI OTTAVI, 9, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO SCARINGELLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO LOSCERBO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

nonché contro COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA;

– intimata –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 2995/2019 del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il 27/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/11/2020 dal Consigliere COSENTINO ANTONELLO.

RAGIONI IN FATTO EN IN DIRITTO DELLA DESICIONE Il sig. M.A., cittadino marocchino, ha proposto ricorso, sulla scorra cinque motivi, per la cassazione del decreto del tribunale di Bologna che ha rigettato la sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria e da quella umanitaria.

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in cui il tribunale sarebbe incorso negando la credibilità del racconto del richiedente, senza attivare i poteri informativi ufficiosi.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 17, art. 2736 c.c. e art. 240 c.p.c., in cui il tribunale sarebbe incorso fondando la propria decisione solo sulla ritenuta inattendibilità del racconto richiedente, invece che valutare tutti gli elementi del caso concreto.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce il vizio di omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in cui il tribunale sarebbe incorso mancando di indicare, nel decreto impugnato, i riferimenti normativi utilizzati dal giudicante.

Con il quarto motivo di ricorso si deduce omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in cui il tribunale sarebbe incorso negando la protezione umanitaria per la inattendibilità del racconto del richiedente.

Con il quinto motivo di ricorso si deduce omessa insufficiente e contraddittori; motivazione in cui il tribunale sarebbe incorso negando la protezione umanitaria senza valutare il livello di d’integrazione raggiunto in Italia dal richiedente e per conto, l’assenza di legami familiari e di prospettive di lavoro su cui il medesimo potrebbe contare nel Pese di origine.

Il Ministero dell’Interno ha presentato controricorso.

La causa e stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 17 novembre 2020, per la quale non sono state depositate memorie.

Il ricorso va giudicato inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3.

Premesso che, come recentemente chiarito da questa Corte, “nei giudici aventi ad oggetto l’esame di domande di protesone internazionale in tutte le sue forme, nessuna norma di legge esonera il ricorrente in primo grado, l’appellante o il ricorrente per cassazione, dall’onere – rispettivamente – di allegare in modo chiaro i fatti costitutivi della pretesa; di censurare in modo chiaro le statuizioni del giudice di primo grado; e di assolvere gli oneri di esposizione, allegagione ed indicazione richiesti a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6” (Cass. 28780/20), il Collegio osserva che nel paragrafo del ricorso del sig. M. intitolato “I FATTI” non vi è alcuna esposizione dei fatti che hanno indotto il richiedente ad espatriare dal proprio Paese e a chiedere protezione intemazionale in Italia; né una adeguata esposizione si rinviene nei motivi di ricorso; cfr. Cass. 24432/20 “Per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorso per cassazione deve indicare, in modo chiaro ed esauriente, sia pure non analitico e particolareggiato, i fatti di causa da cui devono risultare le reciproche pretese delle parti con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano in modo da consentire al giudice di legittimità di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto senza dover ricorrere ad altre fonti e atti del processo, dovendosi escludere, peraltro, che i motivi, essendo deputati ad esporre gli argomenti difensivi possano ritenersi funzionalmente idonei ad una precisa enucleazione dei fatti di causa”. Il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione controricorrente le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.100, oltre le spese prenotate a debito. Si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

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