LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19006-2018 proposto da:
D.R., A.F., elettivamente domiciliati in ROMA, V. NAZARIO SAURO 16, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA REHO, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO PISTILLI;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositate il 14/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2020 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.
RITENUTO IN FATTO
che:
– D.R. e A.F., già dipendenti del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, chiedevano alla Corte d’appello di Perugia il riconoscimento dell’equo indennizzo per la non ragionevole durata del processo promosso nei confronti del medesimo Ministero;
– precisavano che il processo presupposto, definito in primo grado dal Tribunale di Viterbo e in grado d’appello dalla Corte d’appello di Roma, era pendente al momento del deposito del ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione;
– la Corte d’appello di Perugia riconosceva l’equo indennizzo in ragione della complessiva durata del procedimento al momento del deposito della domanda per il riconoscimento dell’equa riparazione, liquidando per tale titolo l’importo di Euro 750,00;
-contro il provvedimento D.R. e A.F. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo;
– il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso;
– i ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
– l’unico motivo di ricorso denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per omissione di pronuncia;
– i ricorrenti hanno agito dinanzi alla Corte d’appello di Perugia in pendenza del giudizio presupposto, così come consentito i base alla disciplina all’epoca vigente;
-nel tempo intercorso fra il deposito del ricorso (settembre 2012) e la data di udienza (25 settembre 2017), il processo presupposto aveva proseguito il suo corso, dapprima dinanzi alla Suprema Corte e poi dinanzi alla Corte d’appello di Roma in sede di rinvio, per concludersi infine con sentenza della stessa corte di rinvio nel 2015, passata in giudicato;
– in considerazione del descritto sviluppo dell’iterprocessuale i ricorrenti, avevano depositato memoria dinanzi alla Corte d’appello, investita della domanda di equa riparazione, estendendo la stessa domanda originariamente proposta all’ulteriore ritardo maturato dopo il deposito del ricorso;
– su tale richiesta la corte d’appello ha omesso di pronunciare, circoscrivendo tuttavia la liquidazione al periodo eccedente la ragionevole durata maturato al momento di deposito del ricorso;
– si segnala che gli attuali ricorrenti, già nel ricorso originario per il riconoscimento dell’equo indennizzo, in aggiunta a quanto dovuto per il ritardo fino ad allora maturato, avevano genericamente chiesto che fosse dichiarato il loro diritto al risarcimento del danno cagionato dall’irragionevole prolungamento;
– nel medesimo ricorso avevano precisato che il giudizio presupposto era in quel momento pendente in sede di legittimità;
– il ricorso è fondato;
– è stato chiarito che “ai fini della valutazione della ragionevole durata del processo, ai sensi della L. n. 89 del 2001, ove la domanda di equa riparazione sia proposta durante la pendenza del processo presupposto, il giudice deve prendere in considerazione il solo periodo intercorrente tra il suo promovimento e la proposizione del ricorso per equa riparazione, e non anche l’ulteriore ritardo, futuro ed incerto, suscettibile di maturazione nel prosieguo del primo processo, che potrà essere posto a fondamento di una successiva domanda, a meno che tale ulteriore durata, già verificatasi durante il procedimento per equa riparazione, non denoti una protrazione della medesima violazione e sia stata oggetto di specifica allegazione ad integrazione della originaria domanda” (Cass. n. 1521/2019);
– ebbene, i ricorrenti assumono di avere operato tale specifica allegazione con la memoria depositata in relazione all’udienza del 25 settembre 2017 (attività da intendersi consentita nel rito di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c., nel quale non vigono le preclusioni previste per il giudizio di cognizione ordinario, e le cui forme sono vincolate essenzialmente al rispetto del principio del contraddittorio e di quello del diritto di difesa: Cass. n. 4693/2918; n. 14842/2017);
– il ricorso deve quindi essere accolto, il decreto impugnato deve essere cassato e la causa va rinviata, per nuovo esame, alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, che si uniformerà ai principi enunciati e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato; rinvia alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 14 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021