LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29831-2019 proposto da:
S.A., rappresentato e difeso dall’avv.to GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA, con studio in Petilia Policastro, via Arrigo 60, ed elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la cancelleria civile a richiesta di parte della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO in persona del Ministero pro tempore;
– resistente –
avverso la sentenza n. 940/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 02/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2020 dal Consigliere Dott. DI FLORIO ANTONELLA;
esaminate le conclusioni della P.G. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO RITA.
RILEVATO IN FATTO
che:
1. S.A., proveniente dal Senegal, ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale, di rigetto della domanda di protezione internazionale avanzata nelle varie forme gradate in ragione del diniego opposto dalla competente Commissione Territoriale.
1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal suo paese nel 2013, a causa della persecuzione subita in ragione del suo orientamento omosessuale: ha dedotto di essere stato scoperto da una donna mentre aveva un rapporto sessuale con un uomo e, dopo essere fuggito, di essere stato catturato dalla polizia senegalese che lo aveva arrestato; ha aggiunto di essere rimasto in prigione per circa sei mesi e di essere riuscito a scappare abbandonando definitivamente il Senegal.
2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.
3. Il procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Che:
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, con riferimento al profilo della credibilità, nonché la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,10 e 27, per inottemperanza dell’obbligo di cooperazione istruttoria. Assume che nonostante le specifiche censure proposte avverso la sentenza del Tribunale, la Corte territoriale aveva del tutto omesso di ottemperare al dovere di cooperazione istruttoria e di procedere alla sua audizione al fine di consentire il chiarimento dei dubbi sollevati apoditticamente sulla sua storia personale e sul suo orientamento sessuale.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 6,7 e 8, con riferimento allo status di rifugiato nonché la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007 in relazione al rischio di torture o trattamenti disumani e degradanti.
2.1. Assume che era stata apoditticamente esclusa la persecuzione da lui denunciata rispetto alla sua omosessualità da ritenersi, invece, un presupposto legittimante la protezione “maggiore” richiesta.
3. Con il terzo motivo, deduce, infine la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, nonché la mancata comparazione fra l’integrazione sociale e le condizioni transitorie del paese di origine.
4. I tre motivi devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica.
4.1. Essi sono tutti fondati.
4.2. La Corte territoriale, infatti, ha basato il rigetto dell’impugnazione sulla scarsa credibilità del racconto, “non sufficientemente circostanziato quanto alle persone coinvolte, alle vicende narrate ed alla tempistica degli eventi” sottolineando, in particolare, che il ricorrente non aveva voluto indicare il norme della persona con cui aveva avuto rapporti” e che “non aveva ben spiegato il percorso psicologico che lo aveva condotto alla scoperta della sua omosessualità”; ha aggiunto che appariva poco plausibile che “il bagno della prigione fosse senza soffitto e che egli fosse riuscito a fuggire con tanta facilità” (cfr. pag. 5 u.co della sentenza impugnata).
4.3. Le circostanze evidenziate risultano enucleate in modo atomistico dal complessivo racconto, dando risalto centrale alla mancanza di riscontri oggettivi della vicenda “penale” narrata (e cioè del suo arresto e della conseguente fuga dal carcere) sulla quale sarebbe stato doveroso e ben possibile svolgere un accertamento ufficioso attraverso le autorità consolari: ma nessuna considerazione è stata spesa sulla persecuzione riservata in Senegal agli omosessuali (che rappresenta la vera ragione della richiesta di protezione), in ordine alla quale non è stato svolto alcun accertamento: in tal modo la Corte ha omesso di ottemperare al dovere di cooperazione istruttorio sancito dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, che rappresenta, insieme al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, prescrittivo del percorso interpretativo della credibilità, una norma cardine del procedimento di protezione internazionale, imprimendo ad esso, congiuntamente all’altra, il carattere di atipicità rispetto al giudizio civile ordinario (cfr. in termini Cass. 8819/2020).
4.4. Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di chiarire che:
a. “In tema di protezione internazionale, la valutazione effettuata dal giudice del merito in ordine al giudizio di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, per rispondere ai criteri predicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non può ritenersi volta alla capillare e frazionata ricerca delle singole, eventuali contraddizioni, pur talvolta esistenti, insite nella narrazione dei fatti accaduti, ma postula una valutazione complessiva del racconto e l’osservanza del principio, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e), secondo cui nella valutazione di credibilità, si deve verificare anche se la narrazione “e’, in generale, attendibile” con ciò intendendosi attribuire a tale inciso un significato di “globalità”, del tutto opposto alla atomizzazione delle circostanze narrate.”(Cass. 8819/2020; Cass. 10286/2020);
b. “Tale valutazione deve essere anche argomentata in modo idoneo a rivelare la relativa “ratio decidendi”, senza essere basata, invece, su elementi irrilevanti o su notazioni, che, essendo prive di riscontri processuali, abbiano la loro fonte nella mera opinione del giudice cosicché il relativo giudizio risulti privo della conclusione razionale.” (Cass. 19716/2018);
c. “nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del ricorrente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicché il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte” (cfr. ex multis Cass. 9230/2020; Cass. 8819/2020; Cass. 13253/2020).
4.5. Risulta, dunque, fondata sia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in quanto non è stato osservato né il principio della valutazione complessiva e non atomistica degli elementi narrati né quello secondo cui il giudice deve acquisire informazioni specifiche pertinenti alla vicenda narrata; sia la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 5, in quanto non sono state richiamate fonti attendibili ed aggiornate (rispetto alla inidoneità del richiamo, invero generico e privo di collocazione temporale, del sito “Viaggiare Sicuri” cfr. Cass. 8819/2020 e Cass. 10834/2020) essendo state soltanto riportate informazioni generali sulle condizioni del Senegal, riguardanti gli equilibri politici interni, ma del tutto estranee al livello di tutela dei diritti fondamentali riservato ai cittadini (oltre che prive della specificazione delle fonti da cui esse sono state tratte).
4.6. Per tale ragione risulta violato anche il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in quanto il giudizio comparativo cui la Corte era tenuta (cfr. al riguardo Cass. 4455/2018; Cass. SU 29459/ 2019) non è stato correttamente effettuato: da una parte, infatti, è stata apoditticamente esclusa la sua vulnerabilità e, dall’altra, non sono stati esaminati tutti i documenti posti a base dell’integrazione dedotta, regolarmente prodotti anche nel grado d’appello e versati in atti nel presente giudizio di legittimità (cfr. pag. 13 primo cpv del ricorso).
5. Pertanto, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione che dovrà riesaminare la controversia alla luce dei principi di diritto sopra evidenziati e che dovrà decidere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione per il riesame della controversia ed anche per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 23 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021