LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14059/2009 R.G. proposto da:
INTERNATIONAL FACTORS ITALIA S.P.A., in persona del direttore generale L.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Alberto Fumagalli, con domicilio eletto in Roma, viale G. Mazzini, n. 96, presso lo studio dell’Avv. Marina Rossi;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DELLA ***** S.R.L., in persona del curatore p.t. Dott. Paba Giovanni Nicola, rappresentato e difeso dall’Avv. Tullio Cuccaru, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Sassari depositato il 28 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15 luglio 2021 dal Consigliere Guido Mercolino.
RILEVATO
che l’International Factors Italia S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, per un solo motivo, illustrato anche con memoria, avverso il decreto del 28 marzo 2019, con cui il Tribunale di Sassari ha dichiarato inammissibile l’opposizione da essa proposta avverso lo stato passivo del fallimento della ***** S.r.l., dichiarato esecutivo con decreto del *****, rilevando che il procedimento di verificazione non si era ancora concluso, essendo stato rinviato ad un’udienza successiva;
che il curatore del fallimento ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.
CONSIDERATO
che con l’unico motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia la nullità del decreto impugnato per violazione degli artt. 113,156,161 e 162 c.p.c., e del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 96, osservando che il Tribunale, pur avendo ritenuto illegittimo il decreto di esecutorietà dello stato passivo, ha omesso di dichiararne la nullità, essendosi limitato a dichiarare inammissibile l’opposizione, in virtù del mancato esaurimento del procedimento di verificazione, senza considerare che, nel rinviare all’udienza successiva, il Giudice delegato non aveva in alcun modo menzionato la predetta domanda, ma aveva fatto riferimento esclusivamente alle insinuazioni tardive;
che, ad avviso della ricorrente, la ritenuta inefficacia del decreto di esecutorietà dello stato passivo non escludeva la configurabilità dell’interesse all’impugnazione, trattandosi di un provvedimento a contenuto decisorio incidente su diritti che, se non impugnato tempestivamente, risultava idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure endofallimentare, e la cui inefficacia avrebbe consentito ad altri creditori d’impugnare a loro volta un eventuale successivo provvedimento di ammissione al passivo;
che il ricorso è infondato;
che, nel dichiarare inammissibile l’opposizione, il Tribunale si è correttamente attenuto al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, poiché il giudice delegato può formare lo stato passivo e renderlo esecutivo con decreto depositato in cancelleria solo dopo aver terminato l’esame di tutte le domande presentate tempestivamente, deve escludersi che, nel caso in cui il procedimento di verifica si protragga per più udienze, il giudice possa adottare all’esito di ciascuna di esse altrettanti decreti di esecutività, i quali, ove erroneamente emessi, devono ritenersi tam-quam non essent, e quindi privi di effetti ai fini della decorrenza sia del termine per la proposizione dell’opposizione allo stato passivo che di quello per il deposito delle domande tardive (cfr. Cass., Sez. VI, 9/02/2021, n. 3054; Cass., Sez. lav., 11/07/2016, n. 14099; Cass., Sez. I, 27/03/2018, n. 7556; 15/01/2010, n. 559);
che l’esigenza di definizione unitaria di tutte le questioni concernenti lo stato passivo, che ha indotto il legislatore a configurare l’opposizione dei creditori esclusi come rimedio impugnatorio avverso il decreto di esecutività dello stato passivo, esclude infatti la proponibilità di un’opposizione allo stato passivo anticipata, sia da parte dei creditori la cui domanda di ammissione sia stata rigettata o accolta soltanto parzialmente, essendo il relativo provvedimento modificabile fino all’esito del procedimento di verificazione, sia da parte di quelli la cui domanda non sia stata ancora esaminata, i quali non hanno interesse a contestare i provvedimenti adottati dal giudice delegato prima dell’esame di tutte le domande né per aver omesso di esaminare la loro pretesa né per aver pronunciato su quelle altrui;
che la modificabilità dei provvedimenti di ammissione al passivo emessi prima dell’esaurimento del procedimento di verificazione, rinviando all’esito di quest’ultimo la proposizione di qualsiasi contestazione in ordine all’esistenza ed all’ammontare dei crediti ed alla relativa collocazione, comporta d’altronde l’inidoneità dei predetti provvedimenti a far decorrere il termine di cui alla L. Fall., art. 99, comma 1, escludendo quindi anche la possibilità di ricollegare alla mancata proposizione dell’opposizione l’acquisto di efficacia definitiva, sia pure limitata all’ambito del concorso tra i creditori;
che non merita consenso l’obiezione sollevata dalla difesa del ricorrente, secondo cui, in quanto riguardanti la decorrenza del termine per il deposito delle domande tardive da parte di creditori che non avevano proposto istanza d’insinuazione nel termine di cui alla L. Fall., art. 93, comma 1, i precedenti citati dal decreto impugnato si riferivano a fattispecie diverse da quella in esame;
che, ai sensi della L. Fall., art. 101, comma 1, il termine ultimo per il deposito delle domande tardive decorre infatti, così come quello per la proposizione dell’opposizione allo stato passivo, dalla conclusione del procedimento di cui alla L. Fall., art. 96, sicché, ove quest’ultimo non si sia esaurito, per non essere state ancora esaminate tutte le domande proposte, deve escludersi il perfezionamento della fattispecie cui le predette disposizioni ancorano la decorrenza dei rispettivi termini;
che il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021
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