Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.21549 del 27/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Presidente Sezionale –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18258/2019 R.G. proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in *****, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO BERTOLONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO DI CARO;

– ricorrente –

contro

C.I.S. CATANIA IMMOBILIARE SERVIZI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO ORAZI E CURIAZI 3, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO OLIVIERI, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE SILECI;

– controricorrente –

contro

P.R., RISCOSSIONE SICILIA SPA, C.G., PA.CE., PE.FR.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4763/2018 del TRIBUNALE di CATANIA, depositato il 05/12/2018;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 18/05/2021 dal relatore Dott. DE STEFANO Franco;

lette le conclusioni motivate scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione;

lette le memorie presentate dagli avvocati Paolo DI CARO e Giuseppe SILECI.

FATTI DI CAUSA

1. P.S. ricorre per la cassazione della sentenza con cui il Tribunale di Catania ha accolto l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla creditrice C.I.S. Catania Immobiliare Servizi srl avverso il provvedimento di improseguibilità delle procedure esecutive immobiliari riunite nn. 447/82 e 27/83 r.g.e. ai danni di S. e P.R., con intervento dell’opponente, quale cessionaria dei crediti azionati dal primo procedente Lebolemoda (o, in altri atti, Lebole Euroconf spa) e degli interventori Banco di Sicilia e Curatela fallimentare ***** spa, nonché della Riscossione Sicilia spa.

2. In particolare, il 09/01/2008 la C.I.S. aveva formulato istanza di riassunzione in esito alla sospensione ex art. 624-bis c.p.c. e di rifissazione della vendita dei beni pignorati, ma il 16/03/2009 il coesecutato P.R. aveva depositato istanza di riduzione del pignoramento, accolta soltanto il 07/11/2011 con esclusione dei beni di proprietà esclusiva dell’istante ed invito al notaio delegato a riferire sullo stato delle operazioni di vendita; il 21/12/2011 P.S. aveva poi proposto opposizione agli atti esecutivi ed il giudice dell’esecuzione aveva dichiarato, con ordinanza 25/07/2013, l’improseguibilità del processo esecutivo nei confronti di detto debitore, per l’inerzia della procedente nel versamento del fondo spese al delegato e per omesa valida rinnovazione del pignoramento ai sensi degli artt. 2668-bis e 2668 ter c.c., avendovi provveduto il creditore C.S. (o, in altri atti, C.), privo di titolo esecutivo nei confronti di quel debitore.

3. Il giudice del merito ha rilevato che tra i casi di chiusura anticipata, oramai positivamente riconosciuta a seguito dell’art. 187-bis disp. att. c.p.c., rientrava sì quello di mancata anticipazione delle spese di pubblicità, indispensabili a porre in vendita il compendio pignorato (richiamando Cass. 12877/16), ma pur sempre in ipotesi di inequivoca e colpevole violazione di un preciso termine assegnato dal giudice per il versamento, assenti cause di giustificazione ragionevoli: per rilevare peraltro che, nella specie, le richieste di versamento da parte del notaio delegato erano state anteriori al provvedimento di sospensione dell’esecuzione adottato dal g.e. con ordinanza 03/04/2006 (e con durata prevista fino al 31/12/2007), mentre dopo la successiva del marzo 2009 vi era stata l’istanza di riduzione del coesecutato ed era quindi evidente l’interesse della procedente a non vendere i beni di P.R. e a non dare impulso alla procedura nel suo complesso; e per concludere che il mancato versamento da parte dell’opponente del fondo spese al delegato non poteva qualificarsi colpevole, apparendo ragionevole l’inerzia nel dare impulso alla vendita dell’intero compendio nonostante il deposito di un’istanza di riduzione del pignoramento non palesemente infondata e quindi tale da imporre idonea istruttoria prima dell’individuazione del concreto esatto e residuo oggetto della procedura.

4. Ancora, il giudice del merito ha poi rilevato, in base ai principi di Cass. 4751/16, che la rinnovazione della trascrizione del pignoramento è atto esterno alla procedura, sicché quella, anche se su iniziativa di soggetto in astratto non legittimato (benché il pignoramento di beni in comproprietà tra R. e P.S. avesse reso il rinnovante C. non indifferente alla possibilità che i creditori del secondo potessero soddisfarsi anche sui personali di questi), avrebbe potuto giovare a chi vi avesse effettivo interesse e, quindi, nel caso di specie: restando la trascrizione un mero fatto giuridico, per il quale non hanno rilievo questioni di volontà o di capacità e che, per essere efficace, basta che esista nella sua materialità oggettiva perfino se richiesta da soggetto incapace o estraneo all’atto, risultando gli effetti determinati per legge e quindi in grado di prodursi a beneficio di chiunque.

5. Notificato il ricorso alla C.I.S. Catania Immobiliare Servizi srl, a P.R. ed alla Riscossione Sicilia spa, resiste con controricorso la prima, mentre non risultano destinatari di notifica gli altri soggetti indicati come litisconsorti dalla gravata sentenza e cioè C.G., Pa.Ce. e Pe.Fr.: la rinnovazione della notificazione del ricorso ai quali è allora ordinata alla pubblica udienza del 13/11/2020.

6. A tanto ottemperato dal ricorrente con atto notificato fra il 20/11/2020 ed il 01/12/2020, la cui prova è stata depositata in atti il 19/01/2021 (e così nel rispetto del termine, in scadenza il giorno 01/02/2021), per la successiva pubblica udienza del 18/05/2021 (tenuta in camera di consiglio ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, conv. con modif. dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, come prorogato dall D.L. 1 aprile 2021, n. 44, art. 6, comma 1), il Procuratore Generale deposita conclusioni motivate scritte nel senso dell’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, mentre entrambe le parti depositano memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va esaminato, per priorità logica, dapprima il secondo motivo, col quale il ricorrente deduce “violazione art. 111 Cost., L. n. 80 del 2005, n. 263/2005, n. 52/2006”: in estrema sintesi dolendosi della violazione di un complessivo sistema che intende restituire efficienza al processo esecutivo.

2. Il motivo è inammissibile, perché non è consentita la prospettazione generica della violazione di interi sistemi normativi anziché di specifiche norme di legge. D’altra parte, per consolidata giurisprudenza di legittimità, tanto da configurarsi una fattispecie di inammissibilità ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, non compete al debitore dolersi della protrazione dei tempi del processo esecutivo, il quale è preordinato all’esclusivo interesse del creditore (per tutte: Cass. 10/06/2020, n. 11116; Cass. Sez. U. 14/12/2020, n. 28387, p. 37 delle ragioni della decisione); pertanto, il primo non ha un interesse tutelato alla celerità di quello, incombendogli viceversa l’onere di allegare e provare (ai fini dell’equa riparazione prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, ma con valutazione suscettibile di generalizzazione) uno specifico interesse alla speditezza dell’espropriazione (per tutte: Cass. 07/01/2017, n. 89; Cass. ord. 11/11/2019, n. 29139), ad esempio dimostrando che l’attivo pignorato o pignorabile fosse ab origine tale da consentire il pagamento delle spese esecutive e da soddisfare tutti i creditori e che spese ed accessori sono lievitati a causa dei tempi processuali in maniera da azzerare o ridurre l’ipotizzabile residuo attivo o la restante garanzia generica, altrimenti capiente (Cass. ord. 14/01/2021, n. 523).

3. Così rilevata l’inammissibilità del secondo, va ora esaminato il primo motivo, con il quale il ricorrente adduce “violazione D.P.R. n. 115 del 2002, art. 8, art. 2729 c.c., art. 624 bis c.p.c.”, sostanzialmente rimarcando come fosse univoca la volontà del procedente di sottrarsi all’obbligo di versamento del fondo spese almeno per uno dei coesecutati, con conseguente violazione dei limiti entro i quali la procedura può essere legittimamente sospesa: e la censura è fondata, nei termini di cui appresso.

4. L’omesso versamento di un fondo che il giudice dell’esecuzione prospetta come indispensabile per la prosecuzione del processo esecutivo – come nella specie, in cui quello avrebbe consentito al professionista delegato di dare corso alle operazioni di delega – integra senz’altro un’ipotesi in cui questo non è in grado di conseguire il suo scopo, cioè il soddisfacimento delle ragioni creditorie del procedente, diversa da quelle tipiche e generalmente ricondotte dall’elaborazione giurisprudenziale, soprattutto di merito, alla categoria della chiusura anticipata del processo (su cui, per una definizione generale e per richiami ai precedenti, v. Cass. ord. 10/05/2016, n. 9501, seguita da altre successive, tra cui la richiamata Cass. 11116/20).

5. In base ad analogo principio, del resto, già si è statuito (Cass. 22/06/2016, n. 12877) che già soltanto le spese necessarie alla conservazione dell’immobile pignorato, cioè indissolubilmente finalizzate al mantenimento dello stesso in fisica e giuridica esistenza e non meramente conservative della sua integrità (quali quelle per la manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero per la gestione condominiale), sono strumentali alla procedura di espropriazione forzata, perché intese ad evitarne la chiusura anticipata: pertanto, esse restano incluse nelle spese per gli atti necessari al processo, suscettibili, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 8, di essere poste in via di anticipazione a carico del creditore procedente e, quindi, rimborsabili come spese privilegiate ex art. 2770 c.c. a favore del creditore che le abbia anticipate.

6. L’omesso versamento entro il termine – che, per quanto ab origine ordinatorio, non è più prorogabile una volta invano elasso, in applicazione della disciplina generale sui termini – fissato dal giudice dell’esecuzione implica quindi una situazione di impossibilità di raggiungimento dello scopo del processo esecutivo (oltretutto ascrivibile allo stesso creditore, che non potrà beneficiare, allora, dell’effetto sospensivo della prescrizione: Cass. 09/05/2019, n. 12239): riguardo alla quale lo stesso giudice che ha fissato quel termine non ha facoltà di intervenire ulteriormente ex post, poiché le disposizioni che egli impartisce vincolano non soltanto le parti, ma, a garanzia della serietà e dell’affidabilità dei suoi stessi provvedimenti, in primo luogo il medesimo giudice che le impone.

7. In applicazione dei principi generali sui termini allora sarebbe stato onere del creditore instare preventivamente per una proroga del termine, la cui osservanza era da intendersi indispensabile per la stessa prosecuzione del processo esecutivo e quindi imprescindibile per scongiurare la conclusione che dal medesimo non potesse produrre un ragionevole soddisfacimento delle pretese creditorie azionate; e, in applicazione di analoghi principi generali in materia, sarebbe stato comunque possibile instare per una rimessione in termini, ove ne fossero stati, tempestivamente ed adeguatamente, allegati e poi provati tutti i rigorosi presupposti. E’ appena il caso di rilevare come non rientri tra le cause non imputabili al creditore l’incertezza interpretativa sull’ambito di prosecuzione del processo e sulla convenienza ad una anticipazione complessiva, sul punto restando onere del creditore ottemperare nella sua integralità al provvedimento che l’acconto o fondo spese ha determinato, finché non sia stata conseguita, prima della scadenza del relativo termine ed a suo impulso e nel suo interesse, una sua modifica od interpretazione.

8. Non può quindi condividersi la conclusione cui perviene la gravata sentenza, secondo cui sarebbe stata “più che ragionevole una inerzia da parte del creditore nel dare impulso alle operazioni di vendita dell’intero compendio pignorato”: spetta al giudice dell’esecuzione, che abbia fissato quel termine, ogni ulteriore valutazione prima della scadenza ed incombe alla parte a cui carico l’incombente è stato posto l’onere di darvi corso, senza spazi per autonomi sindacati, che si risolvono in una inottemperanza al provvedimento del giudice.

9. Ne consegue che la prima delle due ragioni su cui era stata basata l’ordinanza di improseguibilità del g.e. del 25/07/2013, cioè l’inerzia nel versamento del fondo spese al professionista delegato, era idonea a sorreggerla e, sul punto, la gravata sentenza non può che essere cassata, in applicazione del seguente principio di diritto: “l’inottemperanza al termine fissato dal giudice dell’espropriazione immobiliare per il versamento di un fondo spese al professionista cui siano state delegate le operazioni di vendita impedisce al processo esecutivo di raggiungere il suo scopo e ne legittima la chiusura anticipata, ove il creditore non abbia tempestivamente e preventivamente instato, allegando e provando i relativi presupposti, per la rimessione in termini, neppure potendo giovargli l’invocazione successiva di dubbi o incertezze non sottoposti al giudice dell’esecuzione prima della scadenza di quelli”.

10. Benché suscettibile di ritenersi assorbito dalla non fondatezza della prima ratio decidendi della gravata sentenza a sostegno dell’illegittimità della opposta ordinanza, non è fondato invece l’ulteriore motivo di doglianza, con cui il ricorrente ha prospettato “violazione art. 2666 c.c., L. n. 69 del 2009, art. 62; artt. 100,500 e 564 c.p.c.”, negando che il soggetto che aveva proceduto alla rinnovazione vi fosse legittimato anche nei suoi confronti, siccome munito di titolo esclusivamente nei confronti del debitore esecutato nel processo esecutivo riunito, sicché la sentenza sarebbe oltretutto contraddittoria nell’estensione dell’effetto favorevole a chi vi avesse un concreto interesse.

11. Nella specie, del resto, la rinnovazione è stata comunque eseguita dal creditore procedente di un processo riunito avente ad oggetto una quota dell’unitario bene pignorato anche in danno dell’altro coesecutato ed odierno ricorrente: riunione avvenuta quindi per la migliore e più spedita realizzazione anche del processo contro quest’ultimo. Pertanto, la rinnovazione non può dirsi avvenuta ad opera di un quisque de populo, siccome posta in essere da chi era effettivamente cointeressato alla prosecuzione unitaria – rispondendo a nozioni di comune esperienza e del resto anche al disegno del codice di rito dopo le riforme del 2005/06 la maggiore convenienza di una vendita del bene per l’intero anziché per una quota – anche della procedura in origine intentata nei confronti di debitore nei cui confronti non era munito di titolo esecutivo.

12. Anche a non volere ritenere applicabili i principi di c.d. oggettivizzazione dell’attività nel processo esecutivo legittimamente svolta da uno qualunque dei creditori (affermati da Cass. Sez. U. 07/01/2014, n. 61, che ha espressamente sancito che gli atti compiuti nel corso della procedura espropriativa prescindono dal soggetto che concretamente li ha posti in essere, purché, ovviamente, munito di titolo esecutivo nel momento del relativo compimento, in quanto si compongono in un’unica sequenza che parte dal pignoramento, da chiunque dei creditori posto in essere, per concludersi con la vendita del bene pignorato, cui segue la distribuzione del ricavato), pertanto, può dirsi titolato ad eseguire la materiale attività di rinnovazione della trascrizione almeno il procedente nei confronti di diverso soggetto, ma in procedura riunita a quella da lui attivata.

13. Sul punto, quindi, la gravata sentenza si sottrae alle critiche mossele dal ricorrente, poiché, in caso di processi esecutivi contro due distinti debitori, tuttavia riuniti in quanto relativi a diverse quote del medesimo compendio immobiliare, il creditore munito di titolo esecutivo nei confronti di uno solo degli esecutati è legittimato, per garantire la massima proficuità possibile anche del processo esecutivo contro il proprio debitore, a rinnovare la trascrizione del pignoramento pure contro l’altro, in forza dell’indifferenza dell’autore della relativa attività, funzionalizzata allo svolgimento.

14. Del ricorso va pertanto – dichiarato inammissibile il secondo e rigettato il terzo – accolto il primo motivo, con la necessaria cassazione della gravata sentenza ed il rinvio al Tribunale di Catania, in persona di diverso giudicante, il quale provvederà pure sulle spese del giudizio di legittimità.

15. L’accoglimento almeno parziale del ricorso esclude la ricorrenza dei presupposti per applicare il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 quanto all’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il secondo motivo, rigetta il terzo ed accoglie il primo motivo di ricorso; cassa la gravata sentenza in relazione alla censura accolta e rinvia al Tribunale di Catania, in persona di diverso giudicante, pure per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472