LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio L. – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINAZA sul ricorso 16556/2015 proposto da:
Comune di Trento, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Viale G. Mazzini n. 11, presso lo studio dell’avvocato Stella Richter Elena, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Stella Richter Paolo, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
C.M., C.D., C.R., elettivamente domiciliati in Roma, Via Michele Mercati n. 51, presso lo studio dell’avvocato Antonini Giuseppe, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato De Pilati Andrea, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –
contro
Provincia Autonoma di Trento;
– intimata –
avverso l’ordinanza n. 4/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 07/01/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/04/2021 dal cons. VALITUTTI ANTONIO.
FATTI DI CAUSA
1. Il Comune di Trento, con determinazione del dirigente del Servizio Espropriazioni e Gestioni Patrimoniali della Provincia autonoma di Trento n. 935 del 28 ottobre 2011, veniva autorizzato all’esecuzione del piano delle espropriazioni per la realizzazione di un’area verde e di un percorso ciclopedonale, nel quale veniva ricompresa una porzione di un appezzamento di terreno appartenente a C.M., C.D. e C.R.. La superficie ablata, censita in catasto alla p.f. *****, dell’estensione di mq 575, era destinata, in massima parte (mq. 317) ai “servizi di quartiere”, mentre la restante parte di mq. 258 era soggetta a vincolo idrogeologico, con conseguente – in forza della L. provinciale 19 febbraio 1993, n. 6, art. 12, lett. b) – divieto di edificabilità. Di quest’ultima una minima parte (mq. 29) era destinata a “viabilità”.
1.1. Avverso la stima – determinata dapprima dal Servizio Espropriazioni della Provincia di Trento, e quantificata in Euro 133.681,80, dipoi dalla Commissione Provinciale Espropri, che la riconosceva in misura di Euro 165.381,80, proponevano opposizione i C., con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., dinanzi alla Corte d’appello di Trento.
1.2. Disposta c.t.u. e riservata la causa per la decisione, con ordinanza del 19 novembre 2013, la Corte la rimetteva sul ruolo in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, investita da altro giudice della questione di legittimità costituzionale della L. provinciale n. 6 del 1993, art. 13. A seguito della sentenza della Consulta n. 187 del 2014, la causa veniva nuovamente riservata per la decisione.
2. Con ordinanza n. 4/2015, depositata il 7 gennaio 2015, la Corte d’appello determinava in Euro 307.873,25 l’indennità spettante ai C. per l’espropriazione del bene di loro proprietà, oltre interessi legali con decorrenza dalla data del provvedimento ablativo.
3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso il Comune di Trento nei confronti di C.M., C.D. e C.R., affidato a cinque motivi, illustrati con memoria. I resistenti hanno replicato con controricorso e con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con i cinque motivi di ricorso motivo di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – il Comune di Trento denuncia la violazione e falsa applicazione della L. provinciale n. 6 del 1993, artt. 11, 12, 13, 14 e 15 bis e 12 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
1.1. Si duole il ricorrente del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto di applicare il criterio indennitario previsto per le aree edificabili di cui alla L. P. n. 6 del 1993, art. 14, anche alla parte della superficie ablata non edificabile, pari a 258 mq. in quanto soggetta a vincolo idrogeologico, e, quindi, non edificabile, ai sensi della L. p. n. 6 del 1993, art. 12, lett. b). Di più, il giudice a quo avrebbe, altresì, applicato siffatto criterio perfino alla superficie di mq. 29, dalla stessa Corte ritenuta non edificabile poiché destinata a “viabilità”.
Secondo la Corte territoriale, invero, a seguito della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 13 della citata legge – che, nel testo previgente, prevedeva il criterio del valore agricolo medio, dichiarato incostituzionale, senza alcuna distinzione tra aree non edificabili perché agricole ed aree non edificabili per ragioni diverse dalla destinazione agricola – sarebbe stato necessario “attribuire anche alla parte di area espropriata “non edificabile” un valore corrispondente a quello venale, che non può che coincidere con l’importo riconosciuto per la porzione “edificabile”, attesa l’identità dei criteri da applicare nella valutazione”. Di talché, ad avviso della Corte d’appello, non avrebbe potuto che applicarsi, anche alla porzione ablata gravata da vincolo idrogeologico, il criterio di determinazione dell’indennità di espropriazione previsto, per le aree edificabili, dalla L. p. n. 6 del 1993, art. 14.
1.2. Sostiene, per contro, il Comune di Trento che la necessità conseguente alla pronuncia n. 187 del 2014 della Consulta, che ha dichiarato incostituzionale il criterio del valore agricolo medio, previsto dall’art. 13 nel testo previgente – di applicare il criterio del “valore venale” del bene, successivamente introdotto specificamente dalla L. p. 30 dicembre 2014, n. 14, che ha novellato l’art. 13 della stessa legge, anche ai terreni non edificabili, non può in alcun modo comportare che siffatto valore venga ad essere determinato con il criterio previsto dalla L. p. n. 6 del 1993, art. 14, esclusivamente per le aree edificabili. Sarebbe, per vero, del tutto evidente che le aree edificabili presentano un plusvalore rispetto a quelle inedificabili, costituito appunto dalla potenzialità edificatoria che manca nelle altre e che, pertanto, non consente di estendere il regime previsto – in materia di indennità di esproprio per le prime alle seconde, neppure in via analogica.
L’ordinanza della Corte d’appello, che ha in tal modo opinato, sarebbe, pertanto, illegittima per violazione delle disposizioni normative succitate.
1.3. Deduce, infine, il ricorrente che avrebbe errato la Corte d’appello nel ritenere – peraltro con motivazione del tutto illogica e contraddittoria – liquidabile agli espropriati anche l’indennità per l'”esproprio parziale” del fondo, prevista dall’art. 15-bis succitato, sebbene la stessa Corte avesse escluso che la residua parte del bene avesse subito un pregiudizio, per effetto dell’ablazione di altra parte del terreno.
2. I motivi sono fondati, nei limiti che si passa ad esporre.
2.1. Deve, invero, osservarsi che la sentenza n. 187 del 2014 della Corte Costituzionale, che ha fatto applicazione dei medesimi principi affermati, in relazione alla normativa nazionale dalla precedente pronuncia n. 181 del 2011, nel dichiarare l’illegittimità del criterio fondato sul valore agricolo medio, ha indicato quale criterio più inerente alla natura ed alle qualità del bene, anche se non avente una potenzialità edificatoria, quello del “valore venale”, successivamente specificamente introdotto dalla L. p. n. 14 del 2014 nel testo della L. p. n. 6 del 1993, art. 13.
Il che non implica, tuttavia, che possano applicarsi all’indennità da liquidarsi per l’espropriazione di suoli non edificatori gli stessi criteri previsti dalla legge per i suoli che hanno, invece, in base agli strumenti urbanistici, una chiara vocazione edificatoria. E non può revocarsi in dubbio che – nel caso concreto – la superficie di mq 29, oggetto di controversia, non sia edificabile, ai sensi della L. provinciale n. 6 del 1993, art. 12, lett. d), in quanto adibita a viabilità.
E’ evidente, pertanto, che il valore venale di detta area non può essere determinato, come ha, invece, fatto la Corte d’appello – la quale pure ne ha affermato la natura non edificabile – in misura pari alle superfici considerate edificabili, sul presupposto che, a seguito della succitata sentenza della Consulta, il valore corrispondente a quello venale “non può che coincidere con l’importo riconosciuto per la porzione “edificabile”, attesa l’identità dei criteri da applicare nella valutazione”. Sul punto la decisione è da considerarsi, pertanto, erronea, dovendo adottarsi il criterio della stima secondo il valore venale del bene in conformità della sua natura effettiva (Cass., 06/03/2019, n. 6527; Cass. Sez. U., 19/03/2020, n. 7454).
2.2. Infondate sono, per contro, le censure del ricorrente relativamente all’area di 258 mq., soggetta a vincolo idrogeologico, ai sensi della L. p. n. 6 del 1993, art. 12, comma 1, lett. b).
Va rilevato, invero, che la Corte territoriale ha accertato in fatto – sulla base delle risultanze della c.t.u. – che “l’esistenza del vincolo in questione non limita la potenzialità edificatoria delle superfici gravate, dal momento che la concreta edificazione potrà avvenire sulla restante parte del lotto, libera dal vincolo, ma utilizzando l’intera volumetria ammissibile”. Ne discende che per tutte le porzioni del fondo soggette all’esproprio, fatta eccezione per l’estensione di 29 mq. adibita a viabilità, la natura edificatoria trattandosi di accertamento in fatto non censurabile in questa sede non può essere esclusa.
2.3. Per quanto concerne la natura parziale dell’esproprio, va osservato che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, l’espropriazione parziale per la quale l’indennità va determinata sulla base della differenza fra il valore dell’unico bene prima dell’espropriazione ed il valore della porzione residua – secondo la L. n. 2359 del 1865, art. 40 (oggi D.P.R. n. 227 del 2001, art. 33), del quale l’art. 15-bis della L. p. n. 6 del 1993 costituisce un’applicazione nell’ambito della Provincia autonoma di Trento – si verifica quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare appartenente allo stesso soggetto e caratterizzato da un’unitaria destinazione economica, implicando per il proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata, per effetto della compromissione o comunque dell’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento di essa (Cass., 15/07/2020, n. 15040; Cass., 27/08/2004, n. 17112).
2.4. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha riportato in motivazione il motivato convincimento del c.t.u., secondo il quale “per effetto della sottrazione della superficie di 575 mq l’area residua di proprietà dei ricorrenti, nella prospettiva di un futuro utilizzo edificatorio, ha subito un deprezzamento non limitato alla diminuzione di valore conseguente alla riduzione della superficie a disposizione”. Ciò in quanto è ragionevole ritenere che, per effetto del restringimento del terreno, conseguente all’esproprio, il lotto residuo – “che già presentava una conformazione non proprio favorevole” – verrà a subire una limitazione nella sua utilizzazione. E tuttavia, la Corte ha ritenuto di attribuire – in modo erroneo, per le ragioni suesposte – all’intera area ablata il valore di Euro 445,00 al mq., stabilito per le parti del terreno edificabili.
4. L’accoglimento del ricorso – nei limiti suesposti – comporta la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame del merito della controversia, facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, in particolare accertando il valore che l’intero terreno di proprietà dei resistenti aveva prima dell’ablazione ed il valore del medesimo terreno successivamente all’esproprio, tenendo conto della inedificabilità della sola superficie di 29 mq., attesa la possibilità di edificare sulle superfici non soggette a vincolo idrogeologico, come accertato nel giudizio di merito.
5. Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021