LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINAZA sul ricorso 4199/2017 proposto da:
Otma S.n.c. di Spaggiari & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 308, presso lo studio dell’avvocato Ruffolo Ugo, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Grundfos Management A/S, in persona del legale rappresentante pro tempore, e Hoj Finn Mathiensen, elettivamente domiciliati in Roma, Viale di Villa Massimo n. 57, presso lo studio dell’avvocato Iorio Fiorelli Gaetano, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Pescatore Luca, rispettivamente giuste procure speciali per Notaio I.K. e Notaio C.O. di Viborg (Danimarca) del 10.12.2020;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4336/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, pubblicata il 23/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/05/2021 dal cons. TERRUSI FRANCESCO.
FATTI DI CAUSA
La Otma s.n.c. di Spiaggiari & c. convenne la Grundfos Management a/s dinanzi al tribunale di Milano, sezione specializzata per le imprese, chiedendo che fossero accertate la nullità del brevetto per invenzione industriale EP ‘342, di cui la convenuta era titolare, e la commissione di atti di concorrenza sleale ai propri danni, con le conseguenti pronunce inibitorie e risarcitorie.
La convenuta resistette formulando, in riconvenzione, una domanda di accertamento della validità del medesimo brevetto. Sostenne che quel brevetto, relativo a un’unità costruttiva per impianto di riscaldamento compatto, era stato contraffatto da Otma mediante il sistema Compact Block da essa realizzato; per cui chiese che fossero emesse in pregiudizio di Otma le pronunce inibitorie e di danni.
Il tribunale, in parziale accoglimento della domanda, dichiarò la nullità come invenzione industriale della frazione italiana del brevetto Europeo EP ‘342, convertendolo in brevetto per modello di utilità, e respinse le domande residue.
La sentenza, impugnata in via principale dalla Grundfos e in via incidentale dalla Otma, è stata riformata dalla corte d’appello di Milano.
La corte d’appello (i) ha dichiarato valida la porzione italiana del brevetto di cui sopra, (ii) ha accertato che il prodotto Compact Block della società attrice ricade nell’ambito di protezione della suddetta porzione italiana del brevetto EP ‘342, (iii) ha disposto la conseguente inibitoria e il ritiro dal mercato dei prodotti, (iv) ha fissato penali giornaliere in caso di ritardo e (v) ha condannato Otma al risarcimento dei danni disponendo la pubblicazione della sentenza.
Nella sentenza ha premesso che il tema essenziale era costituito dalla dedotta nullità del brevetto Grundfos EP ‘342, previamente ritenuta dal tribunale a fronte dell’affermata possibile conversione del brevetto in modello di utilità, e ha affermato che quel brevetto dovevasi considerare valido in correlazione con le conclusioni assunte dalle c.t.u. circa la presenza dei requisiti di novità e altezza inventiva. Dopodiché ha ritenuto esistenti gli elementi di contraffazione integrati dal prodotto Compact Block per l’interferenza indicata dai c.t.u. a proposito della collocazione dei corpi del valvolame.
Contro la sentenza, depositata il 23 novembre 2016 e notificata il 5 dicembre, la società Otma ha proposto ricorso per cassazione in sette motivi.
La Grundfos ha replicato con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 30 del 2005, artt. 45 e seg., (recante il codice della proprietà industriale: c.p.i.) e degli artt. 2585 e 2592 c.c., nonché l’omesso esame di fatto decisivo, quanto al capo della sentenza relativo alla validità del brevetto per invenzione industriale, validità che sarebbe stata affermata senza previa individuazione del problema tecnico risolto dal brevetto medesimo.
Il motivo è infondato.
2. – In termini generali non è dubitabile che l’invenzione industriale debba fondarsi sulla soluzione di un problema tecnico. Ciò è stato affermato da tempo dalla giurisprudenza di questa Corte, che ne ha tratto la dovuta differenziazione rispetto al modello di utilità. L’invenzione industriale si fonda sulla soluzione di un problema tecnico, non ancora risolto, che la rende idonea ad avere concrete realizzazioni nel campo industriale, così da apportare un progresso rispetto alla tecnica e alle cognizioni preesistenti; mentre il modello di utilità, che pure richiede un carattere di intrinseca novità, opera sul piano dell’efficacia e della comodità di impiego di un oggetto preesistente, al quale conferisce, in certa misura, un’utilità nuova e ulteriore (ex aliis Cass. n. 16949-16, Cass. n. 19715-12, Cass. n. 19688-09).
3. – Sennonché dalla sentenza si evince che, nel concreto, il brevetto de quo risponde alla suddetta prima nozione.
Esso attiene a un’unità costruttiva per impianto di riscaldamento compatto contraddistinto da una particolare disposizione di alcuni componenti (i corpi di valvolame), posti a destra e a sinistra di un corpo a pompa.
La soluzione (e quindi la considerazione) del problema tecnico è insita nella caratteristica funzionale.
Invero la corte d’appello di Milano, in base alle risultanze delle c.t.u. sinteticamente richiamate, ha accertato che esiste un elemento qualificante del trovato, costituito dall’individuazione di una particolare e nuova tecnica di collegamento e di posizionamento del valvolame, col fine di rendere l’unità più compatta, ridurre l’ingombro e facilitare la manipolazione e la connessione nell’impianto di riscaldamento.
Ne segue che il relativo problema tecnico non è stato trascurato affatto dalla corte del merito, quanto piuttosto è stato ritenuto intrinsecamente risolto per l’appunto dalla soluzione innovativa ideata col brevetto. E del resto, come giustamente osservato dalla difesa della controricorrente, l’identificazione del problema tecnico è inscindibilmente legata alla soluzione dotata di altezza inventiva nel campo industriale.
L’accertamento della sussistenza in concreto delle caratteristiche dell’invenzione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, salvo il vizio di motivazione, nei limiti in cui, peraltro, tale vizio è ancora deducibile in cassazione (cfr. Cass. Sez. U n. 8053-14).
Nel concreto nessun vizio di tal genere risulta in effetti dedotto, poiché al di là della circostanza della non considerazione del problema tecnico, facilmente smentita dalla motivazione della sentenza, nessun fatto storico risulta specificato a fondamento della censura di omesso esame di fatti decisivi.
4. – Col secondo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 45 e seg. del c.p.i.) e degli artt. 2585 e 2592 c.c. “sotto ulteriore e autonomo profilo” della confusione fatta dall’impugnata sentenza a proposito dei distinti piani della qualificazione dell’innovazione e della validità del brevetto.
Il motivo è inammissibile per incomprensibilità della deduzione, non risultando chiarito quale sia l’errore concretamente imputato alla sentenza in aggiunta a quanto sotteso al primo mezzo.
5. – Col terzo motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 45 e seg. del c.p.i. “sotto ulteriore e autonomo profilo” della ritenuta caratteristica qualificante del trovato di Grundfos, data dal rendere più agevole l’utilizzo di una componente per caldaie; lamenta che la corte d’appello abbia infine contraddittoria mente classificato il trovato come invenzione industriale anziché come modello di utilità.
Il motivo è inammissibile poiché risolto in una critica di merito. Come detto in relazione al primo motivo, l’accertamento della sussistenza in concreto delle caratteristiche dell’invenzione spetta al giudice di merito.
Nel caso concreto la corte d’appello ha esplicitato, di riflesso all’accertamento peritale più volte richiamato, la ragione per cui la soluzione tecnica adottata con la collocazione dei corpi di valvolame dovesse considerare “del tutto innovativa rispetto all’anteriorità”, visto che la tecnica anteriormente nota mai avrebbe potuto “portare la persona esperta alla conclusione tecnica di cui al brevetto”; cosicché il risultato finale realizzato con modalità tecnica giustappunto assolutamente innovativa non poteva dirsi rappresentato dalla caratteristica dell’innovazione in sé, ma piuttosto e proprio dall’aspetto funzionale dell’innovazione suddetta.
Nessuna contraddizione si coglie in una simile argomentazione, giacché l’elemento qualificante dell’invenzione è stato individuato nella inedita tecnica che ha consentito il nuovo collegamento e il posizionamento del valvolame.
Di tanto la ricorrente pretende una revisione critica, sostenendo che, invece, s’era trattato di una mera “diversa configurazione dei modelli fino a quel momento conosciuti”, con limitata variazione della disposizione dei componenti rispetto alle disposizioni in precedenza utilizzate.
E’ di solare evidenza, però, che una tal messe di rilievi postula giustappunto una distinta rappresentazione del merito, notoriamente insuscettibile di trovare ingresso in cassazione.
6. – Col quarto mezzo la ricorrente censura la sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., essendo state erroneamente interpretate le risultanze delle c.t.u. a proposito del requisito dell’altezza inventiva del brevetto EP ‘342.
Il motivo è inammissibile per la medesima ragione appena esposta.
Non può che ribadirsi che in sede di legittimità non è censurabile l’asserito erroneo apprezzamento delle risultanze istruttorie.
Non lo è in base all’art. 115 c.p.c., – poiché per dedurre la violazione di tale norma occorrerebbe denunciare che il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa, fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che il giudice, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dal successivo art. 116 c.p.c..
E non lo è neppure in base all’art. 116 poiché una tal violazione sarebbe predicabile solo ove si allegasse che il giudice, nel valutare la prova o, comunque, la risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, un valore di prova legale); oppure al contrario se, per la prova soggetta a una specifica regola di valutazione, il giudice abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il prudente apprezzamento.
Mentre è pacifico che, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura in iure è inammissibile, potendo svolgersi solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per quanto nei rigorosi limiti in cui tale norma ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (v. Cass. Sez. U n. 20867-20).
Una censura di tal genere – formulata cioè secondo il regime del ripetuto art. 360 c.p.c., n. 5 – nella specie non è stata formulata.
7. – Anche il quinto motivo, che deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nella parte in cui l’impugnata sentenza ha altresì affermato l’interferenza tra il prodotto di essa Otma e il citato brevetto EP ‘342 erroneamente interpretando le risultanze del giudizio, è inammissibile per ragione identica a quella appena esposta.
Pure in tal caso la corte d’appello, di riflesso a quanto evidenziato dalle c.t.u., ha esplicitato le ragioni dell’interferenza tra i prodotti, non elise dalle marginali diversità del montaggio dei componenti del gruppo idraulico, giacché la tecnica impiegata allo specifico fine è stata ritenuta, praticamente, proprio quella rivendicata dal brevetto della Grundfos.
Si tratta di una valutazione in fatto, motivata e come tale insindacabile in questa sede.
8. – Il sesto motivo è teso a denunziare la nullità della sentenza anche ai sensi dell’art. 156 c.p.c., per contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo in ordine all’importo della penale per il caso di violazione dell’ordine di inibizione, indicato nella prima in 5.000,00 EUR e nel secondo in 50.000,00 EURO.
Questo motivo è fondato.
In effetti nella sentenza non si rinviene alcunché onde dirimere il contrasto esistente tra la motivazione e il dispositivo con riferimento a tale specifico profilo della statuizione finale, la cui contraddizione emerge testualmente.
Neppure dagli atti di parte (esaminabili in relazione alla tipologia di vizio denunziata) emerge alcunché in grado di dirimere il contrasto, volta che nella stessa domanda è presente il riferimento a una sorte di 50,000 EUR per ogni futura violazione; il quale riferimento è reso tuttavia ambiguo dall’uso della virgola seguita da tre zeri.
Il rilievo della controricorrente circa l’esistenza di un errore materiale è assertivo ed erroneo, né risulta (del resto) che una procedura di correzione sia stata concretamente attivata.
E’ erroneo perché il contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo della sentenza, non consentendo di individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, non può essere eliminato con il rimedio della correzione degli errori materiali, determinando, invece, la nullità della pronuncia ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2, (Cass. n. 24490-08, Cass. n. 5939-18).
9. – Il settimo subordinato motivo, intestato come violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la sentenza riconosciuto un importo a titolo di penale ben maggiore di quello richiesto dalla controparte Grundfos, resta chiaramente assorbito. Per poterlo scrutinare sarebbe necessaria la previa individuazione del comando impartito dalla sentenza; cosa che invece è impedita dalla surriferita irriducibile contraddittorietà.
10. – Ne discende che l’impugnata sentenza va cassata in relazione al solo sesto motivo, con rinvio alla medesima corte d’appello di Milano in diversa composizione per nuovo conferente esame.
La corte d’appello provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara inammissibili i restanti, salvo il settimo che dichiara assorbito; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla corte d’appello di Milano anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 19 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021
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