LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETIC Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1956-2020 proposto da:
O.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI FIRENZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 333/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 27/05/2019 R.G.N. 516/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
CHE:
1. la Corte di appello di Perugia, con sentenza pubblicata il 27.5.2019, ha respinto il ricorso proposto da O.J., cittadino della *****, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e il Tribunale hanno, a loro volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);
2. con riferimento al riconoscimento dello status di rifugiato e alla protezione sussidiaria, il giudice del merito ha condiviso il giudizio di non credibilità del ricorrente espresso dalla Commissione territoriale e dal Tribunale, e con riguardo alla protezione umanitaria ha rilevato l’insufficienza della circostanza dell’integrazione in Italia;
3. il ricorso di O.J. domanda la cassazione del suddetto decreto per sei motivi;
4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.
CONSIDERATO
CHE:
1. con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per motivazione apparente, non avendo, la Corte distrettuale, minimamente esaminato le condizioni socio/politiche/economiche della ***** e la situazione personale del richiedente;
2, con il secondo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, avendo, la Corte distrettuale, trascurato di consultare qualsiasi fonte internazionale per esaminare le condizioni di violenza generalizzata esistente in *****;
3, con il terzo motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, avendo, la Corte distrettuale, trascurato di valutare le dichiarazioni del richiedente, comparandole con la situazione del paese di provenienza;
4. con il quarto motivo si denunzia violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, art. 10 Cost. nonché vizio di motivazione, con riguardo alla protezione sussidiaria, avendo, la Corte distrettuale, trascurato di consultare qualsiasi fonte internazionale per esaminare le condizioni di violenza generalizzata esistente in *****;
5. con il quinto motivo si denunzia violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14,D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, art. 10 Cost. nonché vizio di motivazione per assenza di valutazione della situazione personale del richiedente e del paese di provenienza;
6. con il sesto motivo si denunzia violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 e art. 19, art. 10 Cost. nonché vizio di motivazione, con riguardo alla protezione umanitaria, per omessa comparazione tra le condizioni del paese di provenienza e il livello di integrazione raggiunto in Italia;
7. i motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto in parte sovrapponibili, sono fondati;
8. in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4; tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. da ultimo Cass., ord., n. 22598 del 2018);
9. questa Corte ha ripetutamente affermato che “In tema di protezione internazionale, la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, tenendo conto “della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente” di cui al comma 3 dello stesso articolo, senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto che deve essere valutato in modo complessivo e non atomistico” (cfr. da ultimo Cass. n. 2543 del 2021);
10. la motivazione, inoltre, deve essere argomentata in modo idoneo a rivelare la relativa “ratio decidendi”, senza essere basata, invece, su elementi irrilevanti o su notazioni, che, essendo prive di riscontri processuali, abbiano la loro fonte nella mera opinione del giudice, cosicché il relativo giudizio risulti privo della conclusione razionale;
11. inoltre, a fronte del dovere del richiedente di allegare tutti gli elementi necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente;
12. nella specie la Corte d’appello ha fondato il rigetto della domanda di protezione internazionale sulla mera condivisione generica del giudizio di non credibilità del racconto del ricorrente effettuata dal provvedimento del Tribunale – dal quale non sarebbe emersa la sussistenza di alcun rischio di essere sottoposto a tortura o a trattamento inumano o degradante né alcuna prova del pericolo di un eventuale rimpatrio in ***** – ed ha concluso ritenendo il richiedente un “migrante economico” attraverso una motivazione oltremodo concisa, stereotipata e senza alcuna valutazione della situazione del Paese di provenienza (da svolgere mediante consultazione di fonti internazionali);
11. e’, quindi, evidente che la suddetta valutazione di non credibilità soggettiva del richiedente risulta del tutto inidonea ad esplicitare le ragioni della decisione in quanto assolutamente priva di motivazioni e in totale difformità dai criteri previsti dalla legge e, in particolare, dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 riverberandosi tali vizi anche sulla parte della sentenza relativa alla protezione umanitaria.
12. il ricorso va dunque accolto, per quanto di ragione; la sentenza va cassata e rinviata alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021