Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.21584 del 28/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETIC Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1995-2020 proposto da:

L.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELLA BANDA, MARCO PAGELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI TORINO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 8906/2019 del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 04/12/2019 R.G.N. 24507/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

RILEVATO

CHE:

1. Il Tribunale di Torino ha rigettato le domande di protezione internazionale o umanitaria proposte da L.J., cittadino *****, il quale aveva dichiarato di essere fuggita dal proprio Paese a causa della sua adesione alla religione cristiana e della situazione di controllo, coercizione, violenza adottate dalle forze di polizia che contrastavano le sue predicazioni;

2. il ricorrente ha impugnato detta decisione con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo;

3. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo si denunziano numerose norme di legge (ai sensi dell’art. “360, n. 1 e n. 5”) rilevandosi che il Tribunale non ha disposto l’audizione personale, non ha osservato le disposizioni disciplinanti l’assunzione e la valutazione delle prove né quelle, latu sensu, sulla retta formazione della decisione, doveva esperire una seria e diligente istruttoria, doveva tener conto di fatti notori e della comune esperienza (quale l’impossibilità di esprimere ad estranei la conversione ad una religione); il ricorrente ha richiamato integralmente il ricorso a suo tempo presentato a mezzo del collega che antecedentemente lo patrocinava;

2. il ricorso è inammissibile per plurime ragioni:

3. richiama formalmente e promiscuamente le censure contenute sia nell’art. 360 c.p.c., comma 1, nel n. 1) (rectius n. 3) che nel n. 5), ma, secondo questa Corte, tale modalità di formulazione risulta non rispettosa del canone della specificità del motivo allorquando – come nella specie – nell’ambito della parte argomentativa del mezzo di impugnazione, non risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità, tale da rendere impossibile l’operazione di interpretazione e sussunzione delle censure (v., in particolare, Cass. n. 7394 del 2010, n. 20355 del 2008, n. 9470 del 2008; v. anche Cass. SS.UU. n. 17931 del 2013);

4. risulta, inoltre, privo di specificità, venendo meno, a cagione dell’oggettiva genericità delle contestazioni proposte, al principio in base al quale, costituendo il giudizio di cassazione un giudizio a critica vincolata da veicolarsi tassativamente attraverso uno dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., l’illustrazione del motivo impone che in esso trovino espressione le ragioni del dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione impugnata, formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione (Cass., Sez. III, 5/06/2007, n. 13066).

5. declina, ancora, una contestazione di ordine motivazionale che si sottrae al perimetro di attuale ricorribilità per cassazione del relativo vizio, non costituendo alla stregua del dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la carenza della motivazione vizio rilevante, e non evidenzia per contro, stante l’ampiezza e l’esaustività delle argomentazioni sviluppate dal giudicante a conforto della decisione, la sussistenza di un vulnus apprezzabile nel quadro della riduzione al minimo costituzionale del controllo di legittimità sulla motivazione.

6. sollecita, infine, una rimeditazione delle ragioni in fatto della decisione che non è compito di questa Corte, trattandosi di giudizio di esclusiva spettanza del giudice di merito a cui la Corte non può sovrapporre il proprio non essendo essa giudice del fatto sostanziale;

7. infine, in relazione alta questione dell’audizione giudiziale del richiedente, giova ricordare che, secondo un orientamento espresso recentemente da questa Corte (cui anche questo Collegio intende fornire continuità applicativa, condividendone le ragioni), in riferimento al procedimento D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, ex art. 35 bis D, “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass. n. 21584 del 07/10/2020; in senso conforme, anche Cass. n. 22049 del 13/10/2020, secondo cui verbatim “il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; in particolare il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza”);

8. ciò posto, osserva la Corte come la doglianza articolata dal ricorrente sul punto qui in discussione risulti, in primis, infondata perché – secondo i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità sopra menzionata (e qui confermata) – non esiste un obbligo dell’autorità giudiziaria ad ascoltare in sede giurisdizionale il richiedente e, inoltre, la stessa si presenti del tutto generica e dunque irricevibile, non spiegando e non specificando il richiedente, nel presente ricorso per cassazione, i fatti a suo tempo dedotti a fondamento dell’istanza di audizione innanzi ai giudici del merito ed i profili di credibilità del racconto non approfonditi nelle precedenti fasi di giudizio;

9. in conclusione, il ricorso è inammissibile; alla reiezione del ricorso, non consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, non avendo l’intimato svolto attività difensive;

10. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021

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