Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.21587 del 28/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETIC Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6863-2020 proposto da:

S.O., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato *****;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 3999/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 01/10/2019 R.G.N. 3113/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2021 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza pubblicata l’1.10.2019, ha respinto il ricorso proposto da S.O., cittadino del ***** (regione del *****), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale nonché il Tribunale hanno, a loro volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. La Corte territoriale ha precisato che:

a) il richiedente è fuggito dal suo paese temendo per l’incolumità personale a seguito di conflitto con lo zio paterno divenuto capofamiglia;

b) non sussistono i presupposti per la protezione sussidiaria, visto che, al di là degli attentati terroristici che frequentemente vengono realizzati nel sud del *****, la regione del ***** non rappresenta un’area fuori controllo;

c) neanche può essere concessa la protezione umanitaria perché la lite riferita con lo zio appare come episodio isolato e come una rielaborazione personale dei contrasti familiari;

3. il ricorrente domanda la cassazione del suddetto provvedimento per cinque motivi;

4. il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo si denunzia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.L. n. 13 del 2017, art. 2 che prevede l’istituzione di Sezioni specializzate per la trattazione delle cause di protezione internazionale: invero, il Presidente della Corte di appello di Venezia ha violato la norma prevedendo l’applicazione dei giudici civili provenienti da tutti i Tribunali del distretto ad alcune Sezioni civili della Corte di appello per comporre il collegio in materia di immigrazione;

2. con il secondo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), avendo, la Corte distrettuale, esaminato fonti internazionali autorevoli e dettagliate che descrivono la situazione generale del Paese di provenienza del richiedente ma ignorando quanto di diverso era stato allegato al ricorso di primo grado e nell’atto di appello ove veniva descritto il peggioramento delle condizioni del Paese, senza inoltre, correlare la situazione con lo specifico episodio che ha interessato il richiedente;

3. con il terzo motivo si denunzia violazione degli artt. 116 c.p.c., D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 3, comma 5, D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, avendo, la Corte distrettuale, desunto in maniera apodittica la non credibilità del ricorrente, senza dare rigorosa applicazione degli indici legali di affidabilità ed effettuando valutazioni personali di eventi storici;

4. con il quarto motivo si denunzia nullità della sentenza in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 32, comma 3, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 per mancata valutazione della situazione del Paese di origine e della situazione personale di integrazione del richiedente ai fini della protezione umanitaria;

5. con il quinto motivo si deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio avendo, la Corte distrettuale, omesso l’esame di parte della vicenda del richiedente con particolare riguardo al timore di temere una condanna a morte nel proprio Paese;

6. Va anzitutto rilevato che il provvedimento impugnato è stato depositato in copia privo delle pagine nn. 5 e 6, che non sono state riprodotte (se non per qualche riga) nel ricorso e ove si intuisce che sia stata descritta la vicenda personale del richiedente, sia stata valutata la sua eventuale credibilità e si sia iniziato a verificare le fonti internazionali concernenti il Paese di provenienza (disamina, quest’ultima, che prosegue nelle pagine 7-11);

7. considerato che la copia, incompleta, della sentenza depositata non consente di dedurre con certezza l’oggetto della controversia e di evincere le ragioni della decisione anche alla luce dei motivi di ricorso in cassazione innanzi illustrati, contenendo argomentazioni determinanti per stabilire se i motivi di censura siano fondati o meno, il ricorso deve ritenersi improcedibile (Cass. n. 3254 del 2005; Cass. n. 25407 del 2016; Cass., ord., n. 14426 del 2018; Cass. n. 14347 del 2020);

8. Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021

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