LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 34683-2019 proposto da:
ROMA CAPITALE, *****, in persona della Sindaca pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEMPIO DI GIOVE N. 21, presso gli Uffici DELL’AVVOCATURA CAPITOLINA, rappresentata e difesa dall’avvocato DOMENICO ROSSI;
– ricorrente –
contro
GRUPPO ODP PUBBLICITA’ SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2181/16/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 26/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 25/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA INZA LA TORRE.
RITENUTO
che:
Roma Capitale, in persona della Sindaca pro-tempore, come sopra rappresentata e difesa, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio che ha accolto l’appello della Gruppo ODP pubblicità srl in relazione a impugnazione di avviso di accertamento per la differenza asseritamente dovuta per il canone unico degli impianti pubblicitari, anno 2021 (anno 2013).
La CTR, preso atto che nella Banca dati del servizio affissioni erano stati inseriti una serie di impianti da parte della società contribuente, ma che questa aveva dimostrato che erano stati effettivamente realizzati impianti in numero inferiore rispetto al dichiarato, sulla base della documentazione prodotta, non smentita da parte del Comune, ha ritenuto tassabili solo gli impianti effettivamente esistenti, D.Lgs. n. 446 del 1997, ex art. 62, che statuisce l’assoggettabilità a canone delle iniziative pubblicitarie che “incidono sull’arredo urbano o sull’ambiente”. Pertanto “solo per gli impianti realizzati è possibile esigere il relativo canone, non essendo sufficiente la richiesta e “ottenimento dell’autorizzazione, se poi non seguite dalla effettiva installazione”.
La società è rimasta intimata.
CONSIDERATO
che:
1. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1999, art. 62 (rectius: 1997) e del Reg. in materia di esposizione della pubblicità e di pubbliche affissioni di Roma Capitale n. 50 del 2014, della Delib. della giunta n. 113 del 2013, e della Delib. della giunta n. 425 del 2013, ex art. 360 c.p.c., n. 3.
2. Considerato che in mancanza di precedenti specifici, non ricorrono i presupposti per la decisione ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
P.Q.M.
Rimette gli atti alla Quinta sezione civile di questa Corte.
Così deciso in Roma, il 25 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021