LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12983/2016 proposto da:
F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TANGORRA 12, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CATRICALA’, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANCARLO BRIA;
– ricorrente –
contro
P.G., rappresentato e difeso dall’avv. VINCENZO D’ALBA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 311/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 02/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/03/2021 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza n. 311 del 2016, pubblicata in data 2 marzo 2016 e notificata in data 8 marzo 2016, ha rigettato l’appello proposto da F.F. avverso la sentenza del Tribunale di Castrovillari n. 379 del 2009, e nei confronti di P.G..
1.1. Il F. aveva domandato l’accertamento della nullità del contratto preliminare in data 3 maggio 2002, con il quale aveva promesso di vendere al P. il diritto di superficie sulla metà dell’area inserita nel Piano di Insediamento Produttivo del Comune di Trebisacce (lotti nn. 18 e 19), con attribuzione anticipata del possesso al promissario acquirente.
L’attore aveva esposto di essersi reso concessionario del diritto di superficie sull’area in oggetto in forza di convenzione stipulata in data 23 aprile 2002 con il Comune; che detta convenzione imponeva la costruzione di edifici aventi determinate caratteristiche e ne vietava l’alienazione e la costituzione di diritti reali di godimento per la durata di cinque anni dalla stipula della convenzione, trascorsi i quali l’alienazione era comunque condizionata al possesso, da parte dell’acquirente, di specifici requisiti.
Secondo l’attore, il preliminare che aveva stipulato con il P. risultava in contrasto con la normativa contenuta nella L. n. 865 del 1971 e con la convenzione intervenuta con il Comune, anche in ragione della prevista immediata immissione nel possesso da parte del promissario acquirente, esponendo l’attore stesso alle sanzioni previste nella convenzione, onde la necessità di impedire l’esecuzione del preliminare.
1.2. Il Tribunale aveva rigettato la domanda.
2. La Corte d’appello ha confermato la decisione.
2.1. Dopo avere richiamato la L. n. 865 del 1971, art. 27, la Corte territoriale ha esaminato il contenuto della convenzione stipulata tra il F. ed il Comune di Trebisacce, ed ha concluso nel senso che l’attribuzione al P. del possesso sulla metà dell’area non si poneva in contrasto con la normativa di riferimento né con la convenzione, né in quanto non impediva al F. di rispettare gli impegni assunti.
3. F.F. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un motivo. Resiste P.G. con controricorso. Il ricorrente ha depositato documentazione che ne attesta l’ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato. Il resistente ha inviato dichiarazione con cui insiste nelle conclusioni rassegnate nel controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente si deve rigettare l’eccezione di tardività del ricorso, formulata nel controricorso.
La sentenza d’appello è stata notificata in data 8 marzo 2016, ed il ricorso, che risulta spedito per la notifica dall’Ufficiale giudiziario il giorno 11 maggio 2016, era stato consegnato all’Ufficiale giudiziario in data 6 maggio 2015, come risulta dal timbro dell’UNEP di Catanzaro apposto sul foglio allegato al ricorso, non contestato (ex plurimis, Cass. 30/05/2013, n. 13640).
Ancora in via preliminare, si deve rilevare la tardività della dichiarazione fatta pervenire dal controricorrente il 2 marzo 2021, poiché in tale data il termine previsto dall’art. 380-bis.1 c.p.c., “non oltre dieci giorni prima dell’adunanza in Camera di consiglio” era scaduto.
2. Con l’unico motivo di ricorso F.F. denuncia violazione o falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 27 e art. 35, comma 3, art. 1339 c.c., art. 1419 c.c., comma 2, art. 1140 c.c., perché la Corte di appello non avrebbe interpretato correttamente la convenzione stipulata con il Comune di Trebisacce, ed erroneamente ritenuto che il F. potesse disporre del diritto di superficie dell’area assegnatagli, mentre ciò doveva ritenersi vietato in assenza di espressa previsione nella convenzione.
3. In disparte la mancata trascrizione nel ricorso del testo del contratto preliminare, il motivo è infondato.
3.1. In applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 27, il Comune aveva concesso al F. il diritto di superficie sull’area in oggetto per attuare il PIP.
Per quanto in questa sede rileva, la convenzione stipulata con atto pubblico tra l’Ente territoriale ed il concessionario impegnava questi a costruire entro due anni dal rilascio della concessione, e prevedeva che le opere realizzate non potessero essere alienate per cinque anni dalla data della convenzione, trascorsi i quali rimaneva necessaria la verifica da parte del Comune, previa segnalazione del concessionario, del possesso in capo al soggetto subentrante dei requisiti richiesti.
In questo modo, conformemente alla previsione di legge richiamata, era preservata la destinazione dell’area e quindi assicurata la realizzazione dell’interesse pubblico sotteso alla formazione del Piano per gli insediamenti produttivi.
3.2. Nessuno dei vincoli discendenti dalla convenzione risulta incompatibile con la conclusione del preliminare in oggetto posto che, come evidenziato dalla Corte d’appello, la stipula del rogito era fissata alla scadenza del periodo di inalienabilità delle opere, e, ai sensi dell’art. 11 della convenzione, il F. avrebbe dovuto darne preventiva segnalazione al Comune, per consentire la verifica della sussistenza, in capo al P., dei requisiti necessari per subentrare nella gestione dell’attività produttiva da svolgersi nell’area in oggetto.
4. Il ricorrente ha sottolineato a più riprese che la previsione, nel preliminare, della immediata immissione del promissario acquirente nel possesso della metà dell’area, sarebbe ostativa all’adempimento degli obblighi discendenti dalla convenzione.
Anche questo profilo di doglianza è privo di fondamento.
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito da tempo che nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori (Cass. Sez. U. 27/03/2009, n. 7930; Cass. 26/04/2010, n. 9896; Cass. 16/03/2016, n. 5211).
In assenza di anticipazione di effetti traslativi, l’immissione nel possesso del promissario acquirente in quanto evenienza fattuale non poteva incidere sugli obblighi discendenti dalla convenzione a carico del promittente venditore, essendo piuttosto funzionale al progetto dei contraenti, trasfuso nel preliminare, di realizzare insieme l’opera prevista dalla convenzione (pag. 6 della sentenza impugnata).
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021