LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9460-2016 proposto da:
COMUNE di SARZANA, in persona del sindaco pro tempore C.A., rappresentato e difeso dagli Avvocati SEBASTIANO BRIGANTI, e FABIO COZZANI, ed elettivamente domiciliato (nello studio dell’Avv. Marcello Greco) in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 57;
– ricorrente –
contro
B.G., rappresentato e difeso dagli Avvocati GUASTINI ANDREA, e SIMONETTA BERNARDINI, ed elettivamente domiciliato (presso lo studio dell’Avv. Ludovica Caruso), in ROMA, VIA ODERISI da GUBBIO 245;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 978/2014 della TRIBUNALE della SPEZIA, pubblicata il 11/11/2014;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 25/03/2021, dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 978/2014, depositata in data 11.11.2014, il Tribunale della Spezia dichiarava che B.G. fosse proprietario esclusivo, per intervenuta usucapione ventennale, del terreno agricolo con annesso fabbricato rurale sito nel Comune di Sarzana loc. *****, iscritto ai Catasto Terreni al Foglio *****; condannava il COMUNE di SARZANA al pagamento delle spese processuali. In particolare, il Tribunale riteneva che i testi escussi avessero comprovato che almeno dal 1985 l’attore, e prima il di lui padre, avessero sempre utilizzato in via esclusiva sia il terreno sia il fabbricato rurale ivi esistente, provvedendo alla manutenzione e pulizia del terreno, alla sua coltivazione a orto, vigneto e frutteto, alla semina di mais e grano, alla costruzione dei pozzi ancora esistenti, al taglio del legname, al ricovero di attrezzi nel fabbricato rurale. Precisava il Tribunale che nessun altro era stato mai visto occuparsi del terreno in questione, né vi era prova che il Comune lo avesse concesso in uso al B. a fronte del pagamento di canoni, tesi contrastante con quanto documentalmente emerso dagli atti di causa, essendo comprovato che il Comune di Sarzana nel 2013 (quindi oltre il termine ventennale richiesto dall’art. 1158 c.c.) aveva iniziato un procedimento per l’adozione di ordinanza di sgombero del terreno occupato senza legittimo titolo. Ne’ vi era prova che il terreno facesse parte del patrimonio indisponibile del Comune, come tale insuscettibile di usucapione. Quanto all’animus possidendi, lo stesso era chiaramente evincibile dalle modalità della relazione di fatto, instaurata dall’attore e prima di lui dal padre, con il terreno oggetto di causa e talmente prolungata da non poter ritenere sussistenti alcun consenso all’uso ovvero alcun atto di tolleranza da parte del Comune, la cui prova deve essere fornita da chi ne allega l’esistenza.
Avverso detta sentenza proponeva appello il Comune di Sarzana, al quale resisteva l’appellato.
Con ordinanza n. 199/2016, la Corte d’Appello di Genova dichiarava, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. inammissibile l’appello.
Avverso la sentenza n. 978/2014 del Tribunale della Spezia propone ricorso per cassazione il Comune di Sarzana sulla base di quattro motivi. Resiste B.G. con controricorso e memoria illustrativa.
Il ricorso è procedibile in quanto proposto entro 60 giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza della Corte d’appello di Genova sopra citata (Cass., sez. un., n. 25513 del 2016; Cass., sez. un., n. 11850 del 2018; Cass. n. 17020 del 2018).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, il Comune ricorrente lamenta la “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 su un punto decisivo della controversia e in particolare violazione dell’art. 1199 c.c. (valore probatorio della quietanza di pagamento)”, giacché il Giudice di primo grado aveva affermato la genericità degli ordini provvisori di incasso prodotti dal Comune ricorrente, onde provare il pagamento di un canone per la tenuta del fondo da parte del B. e/o dei suoi genitori.
1.1. – Il motivo è fondato.
1.2. – Il Comune, in primo luogo, evidenzia che nessuna ricevuta di pagamento prevedeva la controfirma della parte e che, nonostante la mancata indicazione del mappale, era indicato come oggetto l'”affitto di terreno località *****”, unico terreno di cui il Comune era proprietario e che era affittato ai coniugi B., genitori del resistente. Il ricorrente rilevava inoltre la possibilità di chiamare a testimoniare l’economa comunale e depositare gli ulteriori atti contabili riferiti ai versamenti del B., ma, avendo depositato già le quietanze di pagamento sottoscritte dal funzionario (aventi fede fino a querela di falso), mai avrebbe immaginato che il Giudice potesse considerare tali documenti non probatori.
1.3. – A sua volta, il controricorrente B. contesta che il Comune resistente tentasse di indurre controparte ad ammettere istanze istruttorie mai avanzate nei termini di legge nei giudizi di merito.
Il Tribunale spezzino ha rilevato come nessun contratto di affitto fosse stato mai prodotto dal ricorrente e nessuna prova fornita in tal senso. In particolare il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse prova che il Comune avesse concesso in uso il terreno al B. a fronte del pagamento di canoni, presentandosi questa come “tesi decisamente contrastante con quanto documentalmente emerso dagli atti di causa, essendo comprovato che il Comune di Sarzana nel 2013 (quindi oltre il termine ventennale richiesto dall’art. 1158 c.c.) aveva iniziato un procedimento per l’adozione di ordinanza di sgombero del terreno “occupato senza legittimo titolo””, mentre “gli ordini provvisori di incasso prodotti in copia dal Comune di Sarzana erano peraltro del tutto generici, intestati a persona diversa dall’attore, privi di specifico riferimento al terreno oggetto di causa, non sottoscritti dall’attore né da altri, se non dal responsabile del servizio comunale (e quindi meri atti unilaterali)”. Il Tribunale ha ritenuto inoltre che non v’era prova che il terreno facesse “parte del patrimonio indisponibile del Comune, come tale insuscettibile di usucapione” essendo priva di alcun valore probatorio la documentazione prodotta dal convenuto.” (sentenza impugnata, pag. 2).
1.4. – Va, in primo luogo, rilevato come il Tribunale sia caduto in errore nell’affermare che gli ordini provvisori di incasso, prodotti dal Comune a riprova del rapporto contrattuale inter partes, non fossero idonei a dimostrare l’esistenza del menzionato contratto di affitto del terreno da parte del Comune ed in favore del B.; inoltre, non ha tenuto conto della operatività della quietanza quale atto contenente una dichiarazione unilaterale (Cass. n. 5417 del 2014; Cass. n. 6685 del 2009; Cass. n. 6109 del 2006) attestante il riconoscimento dell’intervenuto pagamento integrante, tra le parti, la confessione stragiudiziale proveniente dal creditore e rivolta al debitore (Cass. n. 3921 del 2006; Cass. 2813 del 2000).
Infatti, il creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria, ai sensi degli artt. 2733 e 2735 c.c., sicché non può impugnare l’atto se non provando, a norma dell’art. 2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o violenza, essendo insufficiente provare la non veridicità della dichiarazione.
1.5. – Il Tribunale ha errato altresì, nel liquidare, in termini affrettati quanto acritici, il problema della individuazione dell’autore del pagamento, resosi necessario in ragione del fatto che il Comune aveva prodotto in atti e depositato la quietanza a firma della madre dell’attore: spettava a quest’ultimo di dimostrare i fatti secondo le regole della distribuzione dell’onere probatorio (ex art. 2697 c.c., comma 2) e cioè che la quietanza si riferisse ad altro terreno.
Il Tribunale spezzino, inoltre, ha rilevato che il terreno faceva parte del patrimonio del Comune, come tale fosse insuscettibile di usucapione; che i genitori del controricorrente potevano avere in affitto un altro terreno in zona e che le quietanze si riferivano ad altro terreno concesso dal Comune ai predetti (circostanza questa sempre negata); che la domanda di rilascio per occupazione senza legittimo titolo, del 2013, appariva “decisamente contrastante” con quanto documentalmente emerso dagli atti di causa, ovvero con la tesi difensiva del Comune, circa l’interruzione dei pagamenti avvenuta due anni prima, nel 2011.
Il Tribunale dava infine atto della relazione di fatto col terreno avuta precedentemente dal padre e quindi doveva porsi il problema di individuare gli intestatari della quietanza una volta eccepito che si trattava dei genitori dell’attore. Ed ove fosse emerso un rapporto di locazione, avrebbe dovuto applicare la regola per cui i familiari non possono usucapire in mancanza di atti di interversione (cfr. Cass. n. 12080 del 2018; Cass. n. 11374 del 2010, in tema di comodato; e in tema di locazione, Cass. n. 1658 del 1996; Cass. n. 24456 del 2011).
Ve, peraltro, rilevato che l’art. 345 c.p.c., comma 3, come modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, nell’escludere l’ammissibilità di nuovi mezzi di prova, ivi compresi i documenti, consente al giudice di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima per causa ad esse non imputabile, anche quelle da lui ritenute, nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, indispensabili, perché dotate di un’influenza causale più incisiva rispetto a quella che le prove rilevanti hanno sulla decisione finale della controversia; indispensabilità da apprezzarsi necessariamente in relazione alla decisione di primo grado e al modo in cui essa si è formata, sicché solo ciò che la decisione afferma a commento delle risultanze istruttorie acquisite deve evidenziare la necessità di un apporto probatorio che, nel contraddittorio in primo grado e nella relativa istruzione, non era apprezzabile come utile e necessario. Tale facoltà deve esercitata in modo non arbitrario, in quanto il giudizio di indispensabilità, positivo o negativo, deve essere comunque espresso in un provvedimento motivato (Cass. n. 12080 del 2018; Cass. n. 15488 del 2018; Cass. n. 11374 del 2010; conf. Cass. n. 26020 del 2011). Si rende pertanto necessario un nuovo esame; e la sentenza va cassata in relazione a tale motivo.
2. – Con il secondo motivo, il Comune ricorrente deduce la “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 su un punto decisivo della controversia (elementi essenziali dell’usucapione)”.
3. – Con il terzo motivo, il ricorrente censura la “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 su un punto decisivo della controversia e in particolare violazione dell’art. 1158 c.c. (elementi essenziali dell’usucapione)”.
4. – Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 su un punto decisivo della controversia e in particolare violazione dell’art. 822 c.c. (bene demaniale patrimonio indisponibile del Comune)”.
5. – In conclusione, va accolto il primo motivo, per quanto di cui in motivazione, con assorbimento dei restanti motivi. Va cassata la sentenza impugnata e rinviata la causa alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo; assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 25 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021
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