Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.21618 del 28/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12311/2017 R.G. proposto da:

D.V.C., rappresentato e difeso dall’Avv. D’amato Michele, domiciliato in Bitetto, alla Via Beato Giacomo n. 53;

– ricorrente-

contro

PREFETTURA DI CHIETI – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO, in persona del Prefetto p.t.;

PREFETTURA DI CAMPOBASSO – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO, in persona del Prefetto p.t.;

PREFETTURA DI FOGGIA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO, in persona del Prefetto p.t.:

– intimate –

avverso la sentenza del Tribunale di Vasto n. 340/2016, depositata il 2.11.2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.2.2020 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 340/2016, il tribunale di Vasto ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da D.V.C., avverso la sentenza del giudice di pace di Casalbordino con cui era stata parzialmente accolta l’opposizione ad un verbale di contestazione, elevato a carico del ricorrente per violazione dell’art. 142 C.d.S..

Il giudice di secondo grado ha ritenuto che la nuova formulazione dell’art. 342 c.p.c. imponga all’appellante di indicare le parti del provvedimento che abbia inteso impugnare, le circostanze da cui derivi la violazione di legge e la loro rilevanza aì fini della decisione, osservando che tali indicazioni erano – nello specifico – del tutto carenti, salvo che con riguardo alla deduzione di un giudicato esterno, che però non aveva attinenza ai fatti di causa.

Per la cassazione della sentenza D.V.C. propone ricorso in otto motivi.

Le amministrazioni resistenti non hanno svolto difese.

Con ordinanza interlocutoria n. 12668/2020, è stata ordinata la rinnovazione delle notifica del ricorso nei confronti delle parti intimate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Deve darsi atto dell’avvenuta regolarizzazione del contraddittorio, stante la rituale rinnovazione della notifica del ricorso.

2. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 342,112 e 113 c.p.c., art. 24 Cost. e D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 7, comma 1, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendo che l’atto di appello conteneva censure specifiche alla pronuncia di primo grado, sussistendo tutti i requisiti di ammissibilità dell’impugnazione richiesti dall’art. 342 c.p.c..

Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 342,112 e 113 c.p.c., art. 24 Cost. e D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 7, comma 1, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, imputando al tribunale di aver sostenuto che la riproposizione delle medesime argomentazioni già sollevate dinanzi al giudice di pace non consentisse di comprendere le doglianze mosse alla sentenza di primo grado, mostrando tuttavia di averne perfettamente inteso il contenuto, avendole ritenute mere reiterazione delle medesime questioni sollevate nell’atto di opposizione.

Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 342,112 e 113 c.p.c., art. 24 Cost. e D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 7, comma 1, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la sentenza omesso di considerare che la riproposizione delle medesime argomentazioni formulate in primo grado era necessaria per evitare la presunzione di rinuncia ad avvalersene in appello.

Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver il tribunale trascurato che il ricorrente era stato sanzionato in diverse occasioni per la medesima violazione sullo stesso tratto di strada e che altre due opposizioni erano state accolte dai giudici di pace di Modugno e di Larino, rispettivamente con sentenze nn. 21/2014 e 1157/2013, passate in giudicato. In corso di causa erano divenute definitive anche la sentenza del Tribunale di Larino n. 78/2015 e la sentenza del Giudice di pace di S. Severo n. 73/2016, che avevano annullato due dei tre verbali oggetto di causa, sicché dette decisioni facevano pienamente stato nel presente giudizio.

Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 39,91,324 c.p.c. e art. 2909 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza infondatamente escluso – ai fini dell’accoglimento dell’opposizione e della regolazione delle spese processuali – la rilevanza dei giudicati esterni di cui alle sentenze del tribunale di Larino n. 78/2015 e del giudice di pace di S. Severo n. 73/2016.

Il sesto motivo denuncia – testualmente – la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto e l’omesso riconoscimento dell’illegittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S., comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si sostiene che l’opposizione era stata parzialmente accolta in primo grado in applicazione del principio espresso dalla sentenza della Corte costituzionale n. 113/2015. Quindi, poiché gli impianti di controllo della velocità non era stati sottoposti ad alcun controllo di corretto funzionamento, la sanzione era illegittima.

Il settimo motivo denuncia la violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 91 e art. 4, comma 1 e 5, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando la condanna al pagamento delle spese processuali, sull’assunto che le amministrazioni si erano costituite in primo grado tramite propri funzionari, avendo titolo solo al rimborso delle spese vive, mentre, con riferimento alle spese di appello, il tribunale aveva illegittimamente ed immotivatamente triplicato gli onorari.

L’ottavo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver la sentenza pronunciato sull’eccezione di incostituzionalità dell’art. 198 C.d.S. e L. n. 689 del 1981, art. 8 circa l’illegittimo utilizzo dei sistemi Tutor.

3. I primi tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono fondati.

Il tribunale ha erroneamente giudicato inammissibile l’impugnazione, ritenendo che il ricorrente dovesse indicare le parti del provvedimento che aveva inteso impugnare e le circostanze da cui derivava la violazione di legge, oltre che la loro rilevanza ai fini della decisione.

Ciò sull’assunto che la nuova formulazione dell’art. 342 c.p.c., come novellato dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con L. n. 134 del 2012, avrebbe imposto più rigorose prescrizioni contenutistiche dell’impugnazione. Secondo l’insegnamento di questa Corte, gli artt. 342 e 434 c.p.c., vanno invece interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. S.u. 27199/2017).

Non erano quindi necessarie la formale indicazione delle parti della sentenza impugnata, l’espressa individuazione delle modifiche di apportare alla ricostruzione in fatto o in diritto operata dal primo giudice ed inoltre, come si evince dall’esame dell’atto di appello, il ricorrente aveva adeguatamente esplicitato le ragioni di gravame, invocando precedenti pronunce del giudice di merito che avevano annullato due dei verbali oggetto di causa, passate in giudicato dopo la definizione del primo grado di giudizio.

L’impugnazione possedeva – in definitiva – tutti i requisiti di contenuto richiesti dall’art. 342 c.p.c., nonostante la riproposizione di gran parte delle censure sollevate con l’atto di opposizione.

Ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può difatti sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò – come nel caso in esame – determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. 23781/2020; Cass. 2814/2016).

Segue – quindi – l’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso, con assorbimento delle altre censure.

La sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altro giudice del tribunale di Vasto, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie i primi tre motivi di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al tribunale di Vasto, in persona di altro Magistrato, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021

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