Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.21625 del 28/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11648-2016 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in ROMA alla VIA MONTE ACERO 2/A, presso lo studio dell’avvocato GINO BAZZANI, che lo rappresenta e difende in virtù di procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OLINDO MALAGODI, 5, presso lo studio dell’avvocato ISABELLA FERRISE, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1942/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/04/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO, nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NARDECCHIA GIOVANNI BATTIST, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale;

Lette le memorie depositate dalle parti.

RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE F.P. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma il fratello F.G. al fine di accertare l’esclusiva proprietà dell’appartamento sito in *****, con la conseguente cancellazione della trascrizione nei registri immobiliari in favore del convenuto. Deduceva che il bene era in origine appartenente al padre F.P.L. che, deceduto nel *****, aveva istituito erede universale la moglie D.M. la quale, a sua volta deceduta nel *****, con testamento olografo aveva istituto l’attore erede universale, diseredando il convenuto. Aggiungeva altresì che il Tribunale di Roma con sentenza passata in cosa giudicata n. 18175/2004 aveva riconosciuto l’attore quale unico debitore degli oneri condominiali, in quanto esclusivo proprietario.

Si costituiva il convenuto che contestava la fondatezza della domanda.

Il Tribunale adito con la sentenza n. 6602/2008 rigettava la domanda, ritenendo che poiché con transazione del 1984 la Demontis aveva rinunciato all’eredità del marito, per l’effetto l’immobile oggetto di causa era stato assegnato a F.G., come peraltro accertato anche con sentenza di divisione del Tribunale di Roma n. 16385/1993, sostanzialmente ricognitiva delle pattuizioni di cui alla transazione.

Avverso tale sentenza propose appello F.P. e la Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 1942 del 25 marzo 2015, accolse il gravame rilevando che la sentenza del Tribunale di Roma n. 18175/2004, nell’individuare il soggetto obbligato al versamento degli oneri condominiali, aveva statuito con efficacia di giudicato circa la proprietà del bene, escludendo che la stessa fosse in capo al convenuto, essendo invece condomino il solo attore.

La verifica della titolarità del bene era un elemento fondante dell’accertamento compiuto dal Tribunale ed era quindi suscettibile di acquisire efficacia di giudicato, destinato quindi a prevalere, in quanto di data successiva rispetto a quello di cui alla sentenza del medesimo Tribunale n. 16385/1993.

Occorreva altresì disporre la cancellazione della trascrizione in favore del convenuto, senza però riconoscimento del diritto al risarcimento del danno patrimoniale, affermato dall’attore in termini astratti ed apodittici e senza avere fornito alcun riscontro probatorio.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione F.G. sulla base di un motivo.

Resiste con controricorso F.P., proponendo a sua volta ricorso incidentale affidato ad un motivo.

F.G. ha a sua volta resistito al ricorso incidentale con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.

Il ricorso è stato quindi esaminato in camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, secondo la disciplina dettata dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176.

RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE Preliminarmente rileva la Corte che il ricorso principale è inammissibile in quanto tardivamente proposto.

E’ stata impugnata una sentenza pubblicata in data 25 marzo 2015, e tenuto conto, in mancanza di notificazione, del termine di cui all’art. 327 c.p.c., ratione temporis ancora pari ad un anno (trattandosi di giudizio introdotto in primo grado in data anteriore al 4 luglio 2009), l’impugnazione andava proposta entro la data del 26 aprile 2016 (avuto riguardo alla riduzione del periodo di sospensione feriale di cui di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv., con modif. in L. n. 162 del 2014, che, sostituendo della L. n. 742 del 1969, l’art. 1 da 46 giorni a 31 giorni, destinata a trovare applicazione già per l’anno 2015).

Il ricorso principale è stato invece notificato in data 2 maggio 2016, il che ne palesa la tardività e la conseguente inammissibilità.

In tal senso occorre altresì rilevare che non incide sulla correttezza di tale soluzione la circostanza che il giudizio fosse già pendente alla data in cui è intervenuta la modifica del periodo di sospensione feriale, avendo questa Corte costantemente ribadito che la stessa è immediatamente applicabile con decorrenza dall’anno 2015, senza che possa invocarsi una rimessione in termini, atteso che l’applicazione di una novella non può mai integrare un errore scusabile da parte di un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori (Cass. n. 21674/2017; Cass. n. 20866/2017; Cass. n. 11758/2017).

Ai sensi dell’art. 334 c.p.c., u.c., va rilevata l’inefficacia del ricorso incidentale, evidentemente tardivo, proposto da F.P..

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

5. Poiché il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, inefficace il ricorso incidentale, e condanna il ricorrente principale al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale del contributo unificato per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2021

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