Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.21656 del 29/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO A.M. – Consigliere –

Dott. NONNO G.M. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 18671/2013 R.G. proposto da:

Pinolia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, largo Trionfale n. 7, presso lo studio dell’avv. Mario Scialla, rappresentata e difesa dall’avv. Michele Martini giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente – controricorrente incidentale –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 34/35/12, depositata il 4 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 novembre 2020 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. De Augustinis Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.

Udito per la ricorrente principale l’avv. Michele Martini e per la ricorrente incidentale l’avv. Davide Giovanni Pintus.

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 34/35/12 del 04/06/2012, la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello principale proposto da Pinolia s.r.l. e l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 304/04/10 della Commissione tributaria provinciale di Grosseto (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società contribuente avverso due avvisi di accertamento, rispettivamente per IVA relativa all’anno 2003 e per IRES, IRAP e IVA relative all’anno 2004, oltre sanzioni.

1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata, gli avvisi di accertamento venivano emessi: il primo, per errata applicazione di un’aliquota IVA ridotta rispetto a quella ordinaria ad alcune cessioni di immobili facenti parte di una residenza turistico alberghiera (RTA) per gli anni 2003 e 2004; il secondo per plurimi rilievi formali e sostanziali, tra i quali la contestazione di maggiori ricavi conseguenti alle vendite immobiliari eseguite nell’anno 2004.

1.2. La CTR motivava il parziale accoglimento degli appelli principale e incidentale osservando che: a) il n. 127 undecies, della tabella A, parte terza, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nella formulazione applicabile ratione temporis, prevedeva l’applicazione di un’aliquota IVA agevolata nel caso di alienazione di case di abitazioni non di lusso e si applicava anche in caso di immobili facenti parte di un residence, purché gli immobili avessero le caratteristiche previste dalla legge; b) Pinolia s.r.l. non svolgeva un’attività propriamente imprenditoriale in quanto, da un lato, il residence era goduto unicamente dagli acquirenti degli immobili e, dall’altro, le spese non erano equiparabili a tariffe alberghiere, ma corrispondevano alle spese di gestione rapportate ai millesimi, sicché il ruolo della contribuente era equiparabile a quello di un amministratore di condominio; c) la ripresa concernente il maggior valore degli immobili alienati da Pinolia s.r.l. nell’anno 2004 era, invece, fondata, anche in ragione dello ius superveniens costituito dal D.Lgs. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35 applicabile retroattivamente in quanto norma procedimentale.

2. Pinolia s.r.l. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memorie.

3. L’Agenzia delle entrate proponeva, avverso la medesima sentenza, autonomo ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

3.1. Tale ultimo ricorso, notificato successivamente a quello proposto da Pinolia s.r.l., va, dunque, qualificato come con ricorso incidentale.

3.2. Avverso il ricorso principale proposto l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

4. Con ordinanza resa all’esito della camera di consiglio del 14/01/2020 la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va pregiudizialmente evidenziato che il controricorso depositato dall’Agenzia delle entrate avverso il ricorso principale è inammissibile, essendo stato notificato in data 28/10/2013, oltre il termine di venti giorni previsto dalla legge che, in ipotesi, tenuto conto del periodo feriale, scadeva in data 06/10/2013.

2. Con il primo motivo di ricorso principale Pinolia s.r.l. deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa o insufficiente motivazione su di un fatto decisivo e controverso del giudizio oggetto di discussione tra le parti e riguardante il recupero di ricavi ritenuti evasi per Euro 157.457,00.

2.1. In buona sostanza, la società contribuente contesta che la CTR si sarebbe adagiata, nella valutazione degli immobili oggetto di vendita, sugli elementi indiziari, assolutamente insignificanti, indicati dall’Ufficio, utilizzando, peraltro, valori di abitazioni di lusso e superiori agli stessi valori OMI.

3. Il motivo è inammissibile per evidente difetto di specificità.

3.1. La sentenza impugnata ha ritenuto la correttezza dei valori di vendita al metro quadro indicati dall’Ufficio, fondati non solo su di un atto di vendita realmente effettuato (vendita R.), ma anche sulle anomale differenze di prezzo praticate ai singoli acquirenti e sulle provvigioni corrisposte a Secondacasa s.r.l.

3.2. Trattasi di un iter argomentativo non privo di intrinseca logicità, che non è infirmato dalle contestazioni di Pinolia s.r.l., la quale fa riferimento a fatti e circostanze (utilizzazione di valori previsti per le abitazioni di lusso; valori superiori a quelli OMI) di cui non risulta né l’allegazione né la documentazione.

4. Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce la violazione o la falsa applicazione del D.Lgs. 4 luglio 2006, n. 223, art. 23 bis e art. 35, commi 2, 3 e 4, e dell’art. 11 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi l’irretroattività delle menzionate disposizioni, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR.

5. Con il terzo motivo di ricorso principale si contesta la violazione del D.Lgs. n. 223 del 2006, art. 23 bis e art. 35, commi 2, 3 e 4 e della L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 24, comma 4, lett. f), e comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che le disposizioni del D.Lgs. n. 223 del 2006 non avrebbero potuto essere applicate dalla CTR in quanto successivamente abrogate.

6. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse.

6.1. Non è dubbio che la CTR abbia ritenuto di potere applicare norme abrogate, con effetto retroattivo, dalla L. n. 88 del 2009 (ex multis, Cass. n. 11439 del 11/05/2018; Cass. n. 9474 del 12/04/2017).

6.2. Tuttavia, come si evince da quanto già precedentemente esposto con riferimento al primo motivo di ricorso principale, la valutazione della CTR (al pari di quella dell’Ufficio) in ordine al maggior valore degli immobili oggetto di accertamento non è fondata esclusivamente sulla presunzione iuris tantum di corrispondenza del corrispettivo effettivo al valore normale del bene, ma su una serie di elementi indiziari esplicitati nel contesto della motivazione che sono idonei, di per sé, a legittimare l’accertamento impugnato.

6.3. Pertanto, una volta confermata la validità dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata con il rigetto del primo motivo di ricorso principale, la società contribuente non ha interesse a far valere una violazione di legge che non può avere alcun effetto con riferimento alla legittimità della ripresa.

7. Con il primo motivo di ricorso incidentale l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 127 undecies della Tabella A Parte III allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che la vendita di unità immobiliari appartenenti ad una Residenza. Turistico Alberghiera (RTA) sconta l’aliquota IVA ordinaria e non già quella agevolata (del dieci per cento o del quattro per cento);

8. Il motivo è fondato.

8.1. Da un punto di vista fattuale, si osserva che Pinolia s.r.l. ha realizzato un complesso immobiliare che è stato adibito a RTA. Successivamente ha alienato gran parte delle unità immobiliari facenti parte del complesso, ritenendo applicabile l’aliquota IVA agevolata prevista dal n. 127 undecies della tabella A, parte terza, della tariffa allegata al D.P.R. n. 633 del 1972. L’Agenzia delle entrate contesta l’applicazione della disposizione in parola alle residenze turistico alberghiere.

8.2. Nella versione applicabile ratione temporis, la disposizione in discussione così recita: sono soggette all’aliquota IVA del 10 per cento (o del 4 per cento in caso di prima casa) le “case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro del lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, anche se assegnate a soci da cooperative edilizie e loro consorzi, ancorché non ultimate, purché permanga l’originaria destinazione, qualora non ricorrano le condizioni richiamate nel numero 21) della parte seconda della presente tabella (…)”.

8.3. Secondo la CTR la menzionata disposizione troverebbe applicazione anche nel caso di alienazione di abitazioni non di lusso facenti parte di un residence, trattandosi di abitazioni idonee a ospitare un nucleo familiare, essendo sempre state abitate dagli occupanti e dai loro familiari, ed essendo classate catastalmente A/2. Inoltre, gli occupanti versano a Pinolia s.r.l. unicamente le spese di gestione rapportate ai millesimi, sicché la contribuente svolgerebbe un ruolo equiparabile a quello di un amministratore di condominio.

8.4. Va, peraltro, osservato – diversamente da quanto ritenuto dalla CTR – che la realizzazione e la gestione di una RTA implica indiscutibilmente esercizio di un’attività imprenditoriale (cfr. Cass. n. 4317 del 04/05/1994; Cass. n. 1713 del 25/02/1997; Cass. n. 8129 del 15/06/2001; da ultimo si veda anche Cass. n. 7624 del 18/03/2021).

8.4.1. Tale circostanza – cioè che il residence sia stato destinato allo svolgimento di un’attività d’impresa di tipo turistico-alberghiero esclude che le unità abitative facenti parte del complesso possano essere assimilate alle case di civile abitazione di cui alla L. 2 luglio 1949, n. 408 e rientrare, pertanto, nell’ambito di applicazione della disposizione di cui al n. 127 undecies, Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972 (cfr. Cass. n. 4317 del 1994, cit.; Cass. n. 1713 del 1997, cit.; Cass. n. 19197 del 02/08/2017; Cass. n. 21378 del 06/10/2020).

8.4.2. Invero, quel che conta, ai fini dell’IVA, non è l’astratta classificazione catastale dell’immobile (nella specie, ad uso abitativo, come sottolineato dalla sentenza impugnata) ma la destinazione dello stesso all’attività di impresa (Cass. n. 8628 del 29/04/2015; Cass. n. 26748 del 22/12/2016).

8.4.3. Ne’ può avere alcuna rilevanza la circostanza che i nuovi acquirenti paghino esclusivamente le quote delle spese corrispondenti ai millesimi da loro acquistati, perché ciò non esclude che, da un lato, la realizzazione e, quindi, la gestione del complesso sia avvenuta nell’esercizio dell’attività di impresa e, dall’altro, che la stessa vendita dei beni realizzati da Pinolia s.r.l. implichi tale esercizio (cfr. Cass. n. 24053 del 03/10/2018, secondo la quale: “in tema di agevolazioni fiscali sull’IVA, non è applicabile l’aliquota agevolata alla vendita da parte di un costruttore di unità abitative gestite da un’impresa turistica, ai sensi della L. n. 217 del 1983, art. 5 in quanto dette unità abitative, pur avendo le caratteristiche necessarie ad ospitare un nucleo familiare, costituiscono una struttura funzionale all’esercizio di una attività di impresa”).

8.4.4. Del resto, la ratio legis sottesa al più volte menzionato n. 127 undecies della Tabella A è quella di promuovere lo sviluppo dell’edilizia abitativa e, quindi, la costruzione di abitazioni non di lusso destinate a questo scopo (cfr. Cass. n. 15620 del 27/07/2016); non certo quella di incentivare la costruzione di abitazioni destinate all’esercizio dell’attività turistico-alberghiera.

8.5. Nel caso di specie, non è quindi applicabile l’aliquota agevolata come erroneamente ritenuto dalla CTR, sicché la sentenza impugnata va cassata in parte qua.

9. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si contesta la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8 e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 5,6 e 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che erroneamente la CTR, confermando la sentenza di primo grado, avrebbe escluso le sanzioni collegate alla mancata riscossione dell’IVA nella misura ordinaria, non sussistendo obiettive condizioni di incertezza sulla portata e l’ambito applicativo della previsione di cui all’art. 127 undecies della Tabella A Parte III allegata al D.P.R. n. 633 del 1972.

10. Il motivo è fondato.

10.1. Pinolia s.r.l. ha realizzato il complesso immobiliare per adibirlo allo svolgimento della propria attività imprenditoriale, che è quello di gestione di una RTA, non certo quello della costruzione di immobili non di lusso destinati ad implementare l’edilizia abitativa; allo stesso modo, la società contribuente ha deciso, sempre nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, di alienare parte delle unità immobiliari realizzate.

10.2. Ne consegue che la società contribuente non poteva ragionevolmente ritenere l’applicabilità delle tariffe IVA agevolate, previste per la realizzazione di abitazioni di edilizia abitativa non di lusso, con conseguente applicabilità delle sanzioni comminate.

11. In conclusione, va accolto il ricorso incidentale e rigettato il ricorso principale. Con riferimento al ricorso incidentale, poiché non sussistono ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto, in parte qua, dell’originario ricorso della società contribuente.

11.1. La soccombenza della società contribuente implica la condanna della stessa al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore complessivo della lite di oltre Euro 1.000.000,00. Le peculiari questioni giuridiche affrontate nella presente controversia giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese relative ai gradi di merito.

11.2. Poiché il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale e rigetta quello principale; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi di ricorso incidentale e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso di Pinolia s.r.l. in parte qua; condanna Pinolia s.r.l. al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito; compensa tra le parti le spese relative alle fasi di merito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Si dà atto che, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 3, la presente sentenza è sottoscritta unicamente dal Presidente del Collegio per impedimento del Consigliere estensore a recarsi nella città di Roma in ragione dell’emergenza sanitaria Covid-19.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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