Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21660 del 29/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13659-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

GIOEL SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato MARIA ANTONELLA MASCARO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 21/2012 della COMM. TRIBUTARIA II GRADO di TRENTO, depositata il 12/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/07/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

FATTI DI CAUSA

1. Dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata emerge che l’Agenzia delle Entrate emetteva, nei confronti della società “Gioel S.p.a”, due avvisi di accertamento di rettifica del reddito di impresa imponibile ai fini IRES, IRAP per l’anno 2005 e corrispondente IVA detratta per l’anno 2006, recuperando a tassazione costi indebitamente dedotti per difetto dei requisiti di certezza e di inerenza.

2. La società impugnava con due distinti ricorsi, poi riuniti, detti accertamenti, previa richiesta di sospensione della loro esecutività. La contribuente rilevava come i costi in questione fossero inerenti all’attività di impresa in quanto relativi a corsi di formazioni per i dipendenti della società e, pertanto, deducibili secondo quanto disposto dall’art. 109 TUIR.

3. La CTP di Trento, evidenziando il carattere premiale dei costi in questione, respingeva la pretesa della contribuente giudicandola infondata. Infatti, la circostanza che i corsi formativi fossero riservati solo a taluni dipendenti selezionati in relazione al numero di vendite effettuate durante l’anno, la presenza di alcuni familiari in qualità di accompagnatori nonché le mete turistiche scelte come sede di detti corsi, avevano indotto la CTP a ritenere che si trattasse piuttosto di viaggi premio destinati ai dipendenti che avessero raggiunto gli obiettivi annuali prefissati dall’azienda e, dunque, di costi con finalità estranee all’esercizio di impresa.

4. La Commissione Tributaria di secondo grado di Trento, in parziale riforma della sentenza di primo grado, considerava deducibili i costi sostenuti per la formazione del personale dipendente, con la sola esclusione di quelli riferibili ai familiari accompagnatori.

5. Contro la sentenza di secondo grado propone ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandolo ad un unico motivo cui la società contribuente risponde con controricorso, che illustra con memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986TUIR, art. 109, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la CTR affermato che la valutazione circa l’inerenza dei costi all’attività di impresa implica un’ingerenza in scelte imprenditoriali che invece esulano dai poteri dei giudicanti. L’Agenzia evidenzia come il testo della citata norma richieda proprio quale presupposto applicativo una valutazione circa l’inerenza dei componenti economici, ossia dei costi e dei ricavi, sostiene l’Agenzia, i costi dedotti dalla società afferivano ad incentivi premiali; pertanto, il giudice di secondo grado avrebbe dovuto dichiararli indeducibili per difetto del requisito di inerenza.

2. Occorre in primis rilevare come la censura proposta dalla parte ricorrente non appaia congruente con il contenuto della motivazione della sentenza impugnata. La CTR in motivazione sottolineava come il giudice di primo grado non avesse contestato l’inerenza del costo in sé, ma, in considerazione del luogo in cui i corsi di formazione si erano tenuti, ne ipotizzava una finalità turistico-ricreativa con conseguente estraneità rispetto all’oggetto di impresa della società contribuente. Tuttavia, a parere della CTR, la specifica circostanza della scelta delle sedi per i corsi di formazione non è sufficiente ad escludere l’inerenza di un costo con l’attività di impresa, trattandosi peraltro di scelta imprenditoriale il cui sindacato esula dal potere dei giudicanti (pag. 4 sentenza).

Le valutazioni svolte dalla CTR, che, ai fini del giudizio d’inerenza, fa leva sulle particolari modalità e caratteristiche dell’esercizio dell’attività imprenditoriale della società, si pongono in linea con la nozione d’inerenza elaborata da questa Corte, secondo cui (vedi Cass. n. 902 del 2020; Cass. n. 2224 del 2021) in tema di imposte sui redditi delle società il principio di inerenza dei costi deducibili esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, nel senso che attiene alla compatibilità, coerenza e correlazione di detti costi non ai ricavi in sé, bensì all’attività imprenditoriale svolta idonea a produrre redditi, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, essendo il giudizio sull’inerenza di carattere qualitativo e non quantitativo.

3. Secondo quanto già chiarito da questa Corte (Cassazione civile sez. trib. – 14/3/2018, n. 6265), ai fini della determinazione del reddito di impresa, le spese sostenute per corsi di formazione ed aggiornamento del personale rientrano tra quelle per “studi e ricerche” di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 344 del 2003). Invero, il riferimento agli “studi” va interpretato nel senso che deve intendersi compreso qualsiasi esborso che sia finalizzato al potenziamento dell’impresa per il tramite di energie intellettuali, senza distinguere a seconda che l’attività di studio riguardi il miglioramento dell’organizzazione aziendale ovvero della competenza delle persone che in essa collaborano. E’ sufficiente l’analisi dei servizi resi e l’accertamento dei costi degli stessi, e tale valutazione emergente dalla motivazione della sentenza impugnata, è incensurabile in sede di legittimità, rientrando nei poteri esclusivi del giudice di merito.

4. Il ricorso va pertanto rigettato e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000,00 oltre spese forfettarie e oneri di legge.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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