Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21693 del 29/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta Maria Consolata – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

A.F., rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale stesa a margine del controricorso, dagli Avv.ti Daniela Ajese, che ha indicato recapito PEC, e Francesco Sibilla, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori, alla via Nomentana n. 251 in Roma;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 88, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Venezia-Mestre il 26.9.2010, e pubblicata il 29.10.2012;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere Paolo Di Marzio;

la Corte osserva.

FATTI DI CAUSA

a seguito di controllo fiscale, l’Agenzia delle Entrate notificava cinque avvisi di accertamento alla ditta individuale A.F., ritenendo l’errata contabilizzazione di plusvalenza e l’indebita deduzione di costi, in relazione agli anni dal 2001 al 2004. In relazione all’anno 2005, preso atto della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, l’Ente impositore procedeva alla ricostruzione del reddito imponibile della ditta.

Gli avvisi di accertamento erano impugnati da A.F. innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova, che riuniva i ricorsi e li rigettava.

Il contribuente ricorreva avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, comunicando che in riferimento agli anni dal 2001 al 2004 aveva aderito a normativa condonistica, e rimaneva pertanto in discussione il solo avviso di accertamento n. *****, concernente Irpef ed Irap in riferimento all’anno 2005, in relazione ad ottenuta plusvalenza non assoggettata a tributo. La plusvalenza era stata conseguita dalla ditta mediante cessione della comproprietà di marchi commerciali, e la CTR confermava l’assoggettabilità della stessa a tributo ai fini Irpef, ma non ai fini Irap, “trattandosi di provento occasionale ed estraneo all’attività produttiva”, non potendo trovare accoglimento neppure la contestazione dell’Ente impositore che aveva lamentato la tardiva proposizione della questione da parte del contribuente.

Avverso la decisione assunta dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a tre motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso A.F.. Il controricorrente ha poi depositato memoria, chiedendo dichiararsi l’estinzione del giudizio, e la cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’adesione a normativa condonistica.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Mediante il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Ente impositore contesta la nullità della impugnata sentenza adottata dalla CTR, in conseguenza della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 24 e 57, perché il giudice dell’appello ha accolto una contestazione, relativa alla pretesa mancata debenza dell’Irap, non proposta dalla ditta ricorrente nel ricorso introduttivo, bensì mediante memoria depositata nel corso del secondo grado del giudizio.

1.2. – Con il suo secondo motivo di impugnazione, anch’esso introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle Entrate rinnova la contestazione relativa alla nullità della sentenza pronunciata dalla CTR, in conseguenza della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, perché il giudice dell’appello ha accolto una contestazione, relativa alla pretesa mancata debenza dell’Irap, non proposta dalla ricorrente nel ricorso introduttivo, bensì mediante memoria depositata nel corso del secondo grado del giudizio, non potendo ritenersi che i nuovi argomenti introdotti dalla ditta costituiscano un accessorio o uno sviluppo dei motivi di contestazione già proposti.

1.3. – Mediante il suo terzo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione del D.Lgs. n. 445 (ma: 446) del 1997, art. 11, perché “l’art. 11, comma 3, dispone che le plusvalenze – esclusi i trasferimenti d’azienda – di beni strumentali (e tale è un marchio) sono imponibili ai fini Irap” (ric., p. 6).

Occorre quindi rilevare che non sussistono le condizioni perché si proceda all’esame dei motivi di ricorso.

Invero, il contribuente ha documentato di aver aderito alla definizione agevolata delle controversie tributarie di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6, come conv., con comunicazione al competente Ufficio del 13.4.2017, ed Equitalia Servizi di Riscossione Spa ha provveduto al calcolo del dovuto, quindi il contribuente ha depositato dichiarazione di adesione al condono di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 3 (c.d. Rottamazione ter), in data 15.4.2019. Inoltre, A.F. ha prodotto attestazione che in relazione alla cartella di pagamento n. *****, la quale ricomprendeva l’avviso di accertamento n. ***** in discussione in questo giudizio, non è più dovuto alcun pagamento.

Il controricorrente ha pertanto proposto documentata istanza, che consente di collegare la cartella di pagamento per cui è stata presentata domanda di definizione agevolata all’avviso di accertamento in contestazione nel presente giudizio, con comunicazione dell’Incaricato per la riscossione che nessun altro importo è dovuto, ed ha domandato emettersi pronuncia di estinzione del giudizio e cessazione della materia del contendere.

Avendo il contribuente dimostrato, mediante produzione documentale, di aver estinto il debito fiscale oggetto del presente giudizio (Irap 2005), il processo deve essere dichiarato estinto, e la Corte deve quindi dare atto della cessazione della materia del contendere.

Le spese del giudizio restano a carico della parte che le ha anticipate, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, ult. periodo.

La Corte.

P.Q.M.

dichiara estinto il giudizio introdotto dall’Agenzia delle Entrate e cessata la materia del contendere. Le spese del giudizio rimangono a carico della parte che le ha anticipate.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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