Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21698 del 29/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo M. – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29696/2017 R.G. proposto da:

P.O., P.R., P.P.E., nonché

P.C., P.E. e P.V., eredi di P.U., elett.te domiciliati in Roma alla via Lucrezio Caro n. 62, presso lo studio dall’avv. Valentino Fedeli, unitamente all’avv. Alfredo Carraturo, da cui sono rapp.ti e difesi come da mandato in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3685/18/17 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. distaccata di Latina, depositata il 20/6/2017, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 aprile 2021 dalla Dott.ssa Milena d’Orfano.

RITENUTO

che:

1. con sentenza n. 3685/18/17, depositata il 20 giugno 2017, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. distaccata di Latina, rigettava l’appello proposto dai contribuenti avverso la sentenza n. 1449/1/14 della CTP di Frosinone, con compensazione delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un diniego di una istanza di autotutela presentata da P.O. avverso un avviso di liquidazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, anziché a tassa fissa, rispetto ad una sentenza traslativa di un immobile che si deduceva sottoposta a condizione sospensiva; il rigetto era stato motivato dall’Ufficio in considerazione del fatto che l’avviso era stato oggetto di precedente impugnazione, già respinta con sentenza passata in giudicato;

3. la CTP aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso per quei contribuenti che non avevano presentato l’istanza di autotutela, ed in ogni caso perché aveva ritenuto il giudicato ostativo all’accoglimento e non impugnabile il diniego di autotutela;

4. la CTR aveva rigettato l’appello sul rilievo che i contribuenti non avevano riproposto l’originario motivo di merito, posto a fondamento dell’istanza, presupposto della sottoposizione della sentenza a tassa fissa, che si intendeva pertanto rinunciato, con conseguente venir meno dell’interesse ad agire;

5. avverso la sentenza di appello, i contribuenti proponevano ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 14-12-2017, affidato ad un unico motivo; l’Agenzia si costituiva con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. con un unico motivo di ricorso i contribuenti deducono la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2, 53 e 56, e dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censurando l’impugnata sentenza per aver errato nell’individuazione dell’oggetto del giudizio, con cui era stata censurata solo la legittimità del diniego di autotutela, in quanto emesso in violazione del D.M. n. 37 del 1997, art. 3, comma 2, e su cui sollecitavano, pertanto, una decisione ex art. 384 c.p.c., comma 2.

Osserva che:

1. Occorre preliminarmente precisare che, essendo in discussione la corretta interpretazione dell’art. 100 c.p.c., e quindi la dedotta violazione di questa norma di diritto, non rilevano i supposti errori motivazionali della decisione impugnata, perché, come si desume dall’art. 384 c.p.c., quando viene sottoposto a sindacato il giudizio di diritto, il controllo del giudice di legittimità investe direttamente anche la decisione e non è limitato alla plausibilità della giustificazione (tra le tante, vedi Cass. n. 20719 del 2018 e n. 13086 del 2015).

Sicché un giudizio di diritto potrà risultare incensurabile anche se mal giustificato, perché, secondo quanto prevede appunto l’art. 384 c.p.c., comma 4, la decisione erroneamente motivata in diritto non è soggetta a cassazione, ma solo a correzione da parte della corte, quando il dispositivo sia conforme al diritto (Cass., sez. un., 25 novembre 2008 n. 28054).

2. Ciò posto, e passando alla questione prospettata dai ricorrenti, va rilevato che l’emissione del provvedimento di annullamento in autotutela dell’atto impositivo, divenuto definitivo, è atto discrezionale dell’Amministrazione finanziaria e, secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte, “nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente” (Vedi Cass. n. 20200 del 2020; Cass. n. 21146 e n. 5332 del 2018).

Invero questa Corte ha pure recentemente ribadito che il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell’annullamento dell’atto tributario divenuto definitivo è consentito, nei limiti dell’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute; deve invece escludersi che possa essere accolta l’impugnazione dell’atto di diniego proposta dal contribuente il quale contesti vizi dell’atto impositivo che avrebbe potuto far valere, per tutelare i propri interessi, in sede di impugnazione dell’atto, prima che divenisse definitivo (cfr. Cass. n. 24033 del 2019).

2.1 Nel caso di specie ha quindi errato la CTR a ritenere preclusivo di un interesse ad impugnare l’atto di diniego di autotutela la mancata riproposizione del vizio attinente all’atto impositivo, individuato nella sottoposizione ad imposta proporzionale di una sentenza avente ad oggetto un presunto trasferimento soggetto a condizione sospensiva, che i ricorrenti avrebbero potuto e dovuto far valere in sede di impugnazione dell’atto.

3. Il ricorso, tuttavia, non è comunque meritevole di accoglimento, per un duplice ordine di ragioni.

3.1 Innanzitutto perché i contribuenti lamentano la pretesa illegittimità del diniego di autotutela, ma non illustrano quali siano le ragioni di interesse generale che avrebbero dovuto giustificare l’adozione del provvedimento domandato, e che condizionano in apicibus l’ammissibilità dell’impugnazione del diniego.

Ragioni di interesse generale difficili da configurare, in presenza di un avviso di liquidazione già oggetto di un’impugnazione definita con sentenza passata in giudicato.

Corrisponde, infatti, all’interesse generale proprio la tutela della definitività del giudicato, che trova fondamento nel principio della certezza del diritto, volto a riconoscere l’effetto della intangibilità ed irretrattabilità delle situazioni giuridiche, che rappresenta in ogni ordinamento il limite invalicabile entro il quale i rapporti giuridici non possono più essere messi in discussione.

4. Il ricorso risulta infondato anche in considerazione dell’effetto preclusivo all’annullamento in autotutela che deriva dal D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 2, comma 2.

Recita tale norma che “Non si procede all’annullamento d’ufficio, o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria”.

Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, al fine di individuare il giudicato ostativo all’autoannullamento, ritiene il Collegio che la norma regolamentare debba comunque essere interpretata alla luce dei consolidati principi generali in tema di giudicato operanti nel nostro ordinamento.

4.1 Ne consegue che il riferimento ai motivi, e non all’atto, consente di interpretare la norma sulla base dei principi consolidati in materia di giudicato civile secondo cui “la pronuncia in rito dà luogo soltanto al giudicato formale, con la conseguenza che essa produce effetto limitato al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata e, pertanto, non è idonea a produrre gli effetti del giudicato in senso sostanziale” (Vedi Cass. n. 26377 del 2014), con l’effetto di poter ritenere ammissibile un annullamento in autotutela anche in presenza di un giudicato formatosi sull’atto per questioni di rito, e ciò anche in deroga ad altro principio affermato secondo cui “in relazione alla natura impugnatoria del processo tributario, quantunque nella forma di impugnazione – merito, l’effetto del giudicato formale, ancorché conseguito in forza di una pronuncia “in rito”, comporta la definitività dell’atto impugnato, che non può essere rimessa in discussione da una pronuncia successiva del tutto identica, sicché resta preclusa la proposizione della stessa domanda davanti al medesimo giudice” (Vedi Cass. n. 18382 del 2020).

In tal senso si esprime del resto la stessa Circolare del Ministero delle Finanze 5 agosto 1998, n. 198, che, dopo aver individuato, a titolo esemplificativo, una serie di ipotesi in cui è opportuno procedere all’annullamento precisa che, nella ricorrenza dei presupposti, l’Amministrazione può provvedere in autotutela “anche se il ricorso è stato presentato ma respinto con sentenza passata in giudicato per motivi di ordine formale (inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità, ecc.)”.

4.2 Tale interpretazione estensiva non può, tuttavia, giungere sino al punto da porsi in contrasto sia con il testo della disposizione, che fa riferimento ai motivi “tout court”, sia con la regola normativa che caratterizza il giudicato civile, delimitandone ambito ed effetti, secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (Vedi da ultimo Cass. n. 6091 del 2020 e n. 5486 del 2019; per la preclusione in caso di giudicato sostanziale si veda anche la già citata Circolare n. 198 del 1998) 4.3 Il riferimento ai motivi include, quindi, sia quelli dedotti che quelli deducibili o rimasti assorbiti, e ciò a prescindere dai motivi oggetto di espresso esame nel precedente giudizio di impugnazione, sicché l’atto impositivo, la cui legittimità sia stata accertata con sentenza su cui si sia formato un giudicato sia formale che sostanziale, ai sensi dal D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 2, comma 2, non è suscettibile di annullamento in autotutela da parte dell’amministrazione finanziaria.

5. Il ricorso, seppure all’esito di una correzione della motivazione ex art. 384 c.p.c., comma 4, va pertanto rigettato.

5.1 Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

5.2. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione rigettata.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 7 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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