Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.21749 del 29/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10027-2019 proposto da:

I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO FIORENTINO (STUDIO LEGALE CARLINI), rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO PAOLINO, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 7055/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il 27/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2020 dal Consigliere COSENTINO ANTONELLO.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Rilevato:

che I.G. ricorre per la cassazione del Decreto n. 7055 del 2018 emesso dalla Corte di Appello di Salerno – da lui adita con l’opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, avverso il decreto del giudice delegato – che ha confermato il rigetto della domanda di equo indennizzo per irragionevole durata di un giudizio amministrativo definito per perenzione in grado di appello;

che la Corte territoriale ha reputato tardiva la domanda per essere stata proposta oltre i termini stabiliti dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, calcolati a partire “dalla data del decreto di avvenuta prescrizione anziché dalla vana scadenza del termine previsto per l’impugnazione dello stesso ex art. 85 c.p.a., tante l’evidente difetto di interesse delle parti a proporre detta impugnazione”;

che la Corte salernitana ha precisato che, ove la domanda fosse stata reputata tempestiva, ai fini dell’indennizzo avrebbe potuto essere preso in considerazione soltanto il termine successivo alla presentazione dell’istanza di prelievo (e non anche della previa istanza di fissazione di udienza) avvenuta nel primo ma non nel secondo grado dei giudizio presupposto; e che, per il restante periodo (restante periodo consistente sia nulli durata del processo di primo grado antecedente all’istanza di prelievo in primo grado; sia nella durata di tutto il processo d’appello) la parte avrebbe dovuto superare la presunzione prevista dal L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-sexies, lett. d); ciò che, ad avviso del collegio non era avvenuto, non essendosi la parte attivata, onde prolungare a proprio favore il giudizio di merito presupposto e, così, continuare a godere degli effetti favorevoli del provvedimento cautelare che aveva ottenuto;

che il ricorso si articola in quattro motivi;

che col primo motivo si denuncia violazione c/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4; art. 35 par. i CEDU; art. 124 disp. att. c.p.c.; artt. 54 e 85 c.p.a.; violazione e falsa applicazione dei principi enunciati in materia dalla giurisprudenza nonché del giusto processo ex artt. 25 e 111 Cost., per non avere la Corte d’Appello di Salerno considerato come dies a quo quello della data del passaggio in giudicato formale del decreto di perenzione;

che con lo stesso motivo si censura il decreto anche con riguardo al giudizio di carenza di interesse impugnare il decreto di perenzione e si sottolinea come la pronuncia di legittimità richiamata nell’impugnato decreto concernesse la diversa ipotesi di presentazione di un’istanza congiunta di rinuncia agli atti ad opera di tutte le parti processuali;

che col secondo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, come modificato dall’art. 3, comma 23 dell’allegato 4 al D.Lgs. n. 104 del 2010, sia perché la Corte d’Appello non avrebbe considerato che l’istanza di prelievo, una volta presentata, assolve alla propria funzione di presupposto processuale del procedimento di equa riparazione, rendendo computabile, ai fini della determinazione della durata del processo, anche il periodo anteriore alla sua presentazione; sia perché, in ogni caso, la sent. 34/2019 C. Cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della suddetta disposizione;

che col terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies e comma 2-sexies lett. d); dell’art. 82 c.p.a.; degli art. 111 Cost., art. 117 Cost., comma 1; art. 6 par. 1 e 13 CEDU per avere la Corte d’Appello affermato che, ai fini del calcolo del termine di irragionevole durata del processo questi avrebbe dovuto dare la prova di essersi attivato anche nel grado di appello del giudizio presupposto. Tale statuizione è impugnata poiché, nel grado d’appello del giudizio presupposto, l’onere di proporre istanza di prelievo ex art. 82 c.p.a. sarebbe gravato sull’appellante, mentre l’attuale ricorrente era parte appellata;

che in tale motivo il ricorrente chiede che venga sollevata questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 2-sexies, in relazione all’art. 111 Cost., comma 2, art. 117 Cost., comma 1, artt. 6 par. 1 e art. 13 CEDU, nell’ipotesi in cui questo Collegio reputasse gravare anche sulla parte appellata nel giudizio presupposto (e cioè sull’attuale ricorrente stesso l’onere di presentare istanza di prelievo, a pena dell’insussistenza del diritto all’equa riparazione dei danni non patrimoniali subiti;

che in tale motivo il ricorrente censura il decreto della Corte d’Appello per non aver riconosciuto l’equo indennizzo almeno per la durata irragionevole del processo di primo grado;

che col quarto motivo vengono riprodotti i motivi dedotti nella domanda di equo indennizzo, nell’ipotesi in cui questo collegio reputasse la causa matura per una pronuncia nel merito;

che il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato; che la causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 22 ottobre 2020, per la quale non sono state depositate memorie.

Ritenuto:

che il primo motivo è fondato;

che la corte distrettuale ha erroneamente stabilito che la domanda era tardiva L. n. 89 del 2001, ex art. 4;

che il dies a giro di decorrenza del termine per proporre domanda di equo indennizzo coincide con la data di passaggio in giudicato formale del decreto di perenzione e non con la sua pubblicazione atteso che, nelle more del termine di impugnazione, esso non mio”, ancora definirsi definitivo, permanendo in esistenza il rapporto giuridico processuale instaurato (in termini, seppur pronunciata in riferimento ad un giudizio presupposto di natura civile, Cass. 14076/2015);

che d’altra parte l’argomento della corte territoriale relativo all'”evidente difetto di interesse delle parti a proporre detta imptignaione” è palesemente inconsistente, risolvendosi in un’affermazione apodittica e – almeno per quanto riguarda l’Amministrazione che aveva appellato) la sentenza di primo grado davanti al Consiglio di Stato – incomprensibile;

che gli altri motivi, che possono essere riuniti dal momento che attingono al medesimo capo di sentenza, sono inammissibili;

che, a tal riguardo, il ricorrente non ha interesse ad impugnare tale capo di sentenza poiché esso è privo di decisorietà, atteso che, giudicata tardiva la domanda, la Colle d’Appello si era spogliata della potestas decidendi e non avrebbe potuto statuire nel merito, con la conseguenza che ogni ulteriore statuizione è tamquam non esset (Cass. Sez. Un. 3840/2007).

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo cli ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

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