LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18252-2019 proposto da:
L.C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BAIAMONTI, 4, presso lo studio dell’avvocato ANDREA LIPPI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO ECONOMIA e FINANZE – COMANDO GENERALE della GUARDIA di FINANZA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente –
contro
EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA, *****;
– intimata –
avverso la sentenza n. 7844/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
RITENUTO
CHE:
1.- L.C.E. ha agito in giudizio nei confronti del Ministero della Economia e Finanze per ottenere la condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno da illegittima iscrizione di ipoteca. Il Ministero erroneamente ha preteso il pagamento di una somma ingente (170 mila Euro) a garanzia della quale ha iscritto ipoteca su un bene immobile del L.C..
E’ successivamente emerso che il debito non era del ricorrente ma di un altro soggetto, che, dunque, erroneamente il Ministero ha iscritto l’ipoteca.
2.- L.C. ha citato il MEF davanti al Tribunale di Roma, che, ritenuta la giurisdizione propria – era stata fatta eccezione dal Ministero – ha però deciso per la propria incompetenza territoriale a favore del Tribunale di Torino, condannando il L.C. al pagamento delle spese di lite, con una sentenza confermata dalla Corte di Appello di Roma, che viene qui impugnata.
3.- il ricorso è basato su tre motivi.
CONSIDERATO
CHE:
4.- Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 91 c.p.c..
Si ritiene che la soccombenza, che ha determinato la regolamentazione delle spese, sia solo l’esito di una decisione nel merito, e non nel rito, posto che la legge la prevede quale regola di regolamentazione delle spese a chiusura del processo: qui invece la decisione è stata in rito ed il processo non si è concluso, ma è proseguito davanti ad altro giudice.
Il motivo è infondato.
Nel processo a cognizione ordinaria, il giudice di merito, quando declina la competenza con l’ordinanza di cui all’art. 279 c.p.c., comma 1, deve provvedere sulle spese giudiziali, in quanto la decisione chiude il processo davanti a lui, considerato che il riferimento alla sentenza, contenuto nell’art. 91 c.p.c., comma 1, è da intendere nel senso di provvedimento che chiude il processo davanti al giudice che lo pronuncia (Cass. n. 7010/2017; Cass. n. 21565/2011).
5.- Il secondo motivo invece censura la decisione quanto alla ritenuta soccombenza: lo fa sotto l’aspetto del difetto di motivazione, che il ricorrente denuncia come apparente o insufficiente. In realtà il motivo, sostanzialmente, è di violazione di legge, poiché imputa alla corte di merito di avere errato sul concetto di soccombenza, meglio di non aver considerato adeguatamente che la soccombenza era reciproca, in quanto, pur avendo lui perso sulla competenza, aveva tuttavia vinto sulla giurisdizione.
Il motivo è infondato.
V’e’ soccombenza reciproca ogni volta che vi siano domande contrapposte ed alcune solo vengano accolte, mentre altre rigettate (cass. n. 516/2020; Cass. n. 3438/2016).
In realtà nella fattispecie non è ravvisabile questo presupposto, in quanto era stato il Ministero a fare entrambe le eccezioni – che dunque non sono contrapposte – quella di difetto di giurisdizione e quella di difetto di competenza: al rigetto della eccezione di giurisdizione non ha corrisposto l’accoglimento di una domanda contrapposta dell’altra parte. Semplicemente, delle due eccezioni fatte, ne è stata accolta solo una, mentre alcuna domanda della controparte ha trovato accoglimento.
6.- Il terzo motivo denuncia anche esso difetto di motivazione, ma anche violazione del D.M. n. 55 del 2014, attribuendo al Tribunale di avere in sostanza liquidato le spese come se si fosse svolto un giudizio nel merito, e dunque tenendo conto di fasi del processo mai svolte, ed alla corte di appello di avere confermato questa decisione senza auna adeguata motivazione.
Il motivo è fondato.
Intanto va precisato che quando la causa è decisa per questioni solamente processuali, il valore va considerato come indeterminabile (Sez. 1, n. 21613/2018; Sez. 3, n. 504/2020).
Inoltre, come riportato in ricorso, la liquidazione delle spese di lite (oltre 16 mila Euro) è avvenuta includendo fasi ed attività del processo che non si sono tenute, essendosi concluso il procedimento con la declaratoria di incompetenza, senza dunque fase istruttoria, per la quale invece risultano liquidate le spese.
Inoltre, la motivazione con cui la corte liquida il motivo di appello sul punto, è meramente assertiva, in quanto si limita a dire che la somma è stata liquidata correttamente, senza entrare nel contenuto della impugnazione, che lamentava proprio il difetto di alcune fasi del processo, per le quali erano state liquidate le spese.
In conclusione, la liquidazione deve avvenire solo per la fase incidentale del processo, quella che ha risolto la questione di competenza, secondo i criteri sopra indicati.
P.Q.M.
La Corte rigetta primo e secondo motivo. Accoglie il terzo, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021