LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31510/2019 proposto da:
E.A.Y.A., S.A., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Bava Arturo;
– ricorrenti –
contro
D.B.R., quale tutore dei minori E.A.G.F.
e E.A.M.A., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa da se medesima, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Genova;
– intimato –
avverso la sentenza n. 90/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, pubblicata il 27/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/04/2021 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 90/2019 depositata in data 27.9.2019 e notificata nella stessa data la Corte d’appello di Genova, Sezione specializzata per i minorenni, ha confermato la sentenza del Tribunale per i Minorenni di Genova depositata in data *****, con la quale veniva dichiarato lo stato di adottabilità dei minori E.A.G.F., nato il *****, e E.A.M.A., nata il *****. La Corte d’appello ha ritenuto non necessari “ulteriori accertamenti peritali sulla condizione dei minori essendo del tutto esaustivi la corposa documentazione e gli accertamenti in atti” e che “i genitori dei minori, per il loro vissuto e la grave situazione di salute della madre, la quale manifesta uno stato di sudditanza psicologica nei confronti del Sig. E., malgrado l’atteggiamento violento di quest’ultimo nei suoi confronti – non sono in grado di prendersi cura in modo conveniente degli stessi”. La Corte di merito ha, quindi, affermato che non potesse farsi una prognosi positiva sulla ripresa dei contatti dei genitori con i minori ed ha rimarcato il riscontro del tutto positivo riguardo all’inserimento dei minori stessi nel nucleo familiare degli affidatari, con cui avevano instaurato un significativo rapporto affettivo. La Corte d’appello ha ritenuto, pertanto, i minori in condizione di abbandono e ha rigettato l’impugnazione anche in punto richiesta di adozione ex art. 44 L. Adozione.
2. Avverso questa sentenza E.A.Y.A. e S.A. propongono ricorso per cassazione, affidato a un solo motivo, nei confronti del tutore dei minori avv. D.B.R., che resiste con controricorso, e del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Genova, che è rimasto intimato.
4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con unico motivo i ricorrenti denunciano “Omesso esame circa un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5; Violazione di legge – art. 360 c.p.c., n. 3 (L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, dell’art. 7 e 9 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.1989 (ratificata con L. n. 176 del 1991); dell’art. 8 della Convenzione di Strasburgo del 25.1.1996 (ratificata con L. n. 27 del 2003; degli artt. 1.9 e 11.67 e 24 del Trattato Istitutivo di una Costituzione per l’Europa del 29.10.2004 (ratificato con L. n. 57 del 2005), con riferimento alla idoneità dei genitori a crescere i propri figli”. Deducono i ricorrenti che successivamente, alla declaratoria di decadenza dalla responsabilità genitoriale, ossia dopo il *****, avevano con grande fatica risolto le loro criticità ed erano riusciti a raggiungere una situazione di stabilità. In particolare espongono che hanno un’abitazione nella quale conducono una vita sostanzialmente dignitosa perché la madre dei minori percepisce una pensione di invalidità e che le ostilità tra loro sono cessate, avendo trovato soluzione i pregressi problemi di coppia. Affermano, altresì, i ricorrenti, che, nonostante il miglioramento di vita, “permanevano le loro condizioni personali che impedivano di attivarsi presso i Servizi ed il Tribunale territoriale”. Rimarcano di avere un livello di scolarizzazione basso ed in particolare evidenziano che il padre dei minori, stante la persistenza di notevoli problematiche personali e difficoltà di integrazione, era emigrato in Francia per lunghi periodi per la necessità di procacciarsi un lavoro, così dovendosi giustificare la protratta mancanza di contatti con i Servizi Sociali. Lamentano che la Corte territoriale non abbia effettuato alcuna istruttoria in ordine all’allegato mutamento positivo della loro condizione, quale indizio di modificazioni significative di comportamenti, né abbia considerato l’impegno manifestato dai ricorrenti nell’attivarsi per impugnare la sentenza del Tribunale e della Corte territoriale, nonché nel presentarsi personalmente in udienza avanti la Corte territoriale. Ad avviso dei ricorrenti, la valutazione del Giudice non era stata fatta alla luce del parametro contenuto nella L. n. 184 del 1983, art. 8 nonché di quanto disposto dagli artt. 7 e 9 Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo, dall’art. 8 CEDU e dall’art. 7 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che sanciscono il diritto del fanciullo di essere allevato dai propri genitori e prevedono l’eventualità di separazione dai genitori solo ove sia necessaria nell’interesse preminente del fanciullo, sicché la declaratoria di adottabilità può intervenire solo in casi eccezionali e previa rigorosa verifica dei presupposti dell’abbandono.
2. Il motivo è inammissibile.
2.1. I ricorrenti svolgono una critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, senza una precisa e puntuale enunciazione dei vizi denunciati in collegamento con il decisum (tra le tante da ultimo Cass. n. 11603/2018; Cass. n. 26790/2018). Inoltre le censure, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio mirano, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dai giudici di merito (Cass. S.U. n. 34476/2019).
In particolare i ricorrenti riferiscono, in modo non del tutto lineare, una serie di circostanze che assumono di avere allegato nelle precedenti fasi di giudizio, in ordine all’asserito cambiamento positivo della loro condizione di vita, perché la percezione di pensione di invalidità da parte della madre consentirebbe loro di sostenersi e di vivere dignitosamente e in armonia, senza nulla aggiungere o precisare circa una qualche occupazione lavorativa del padre e, soprattutto, circa la situazione di salute della madre, nonché senza precisare di avere allegato nel giudizio di merito riscontri al riguardo, ma solo rimarcando l’impegno” da essi manifestato nell’impugnare le sentenze di primo grado e d’appello. Nel contempo i ricorrenti danno atto di non essersi mai attivati, per le loro “condizioni personali”, presso i Servizi Sociali, neppure per avere notizie dei minori, collocati presso una famiglia affidataria dal ***** e visitati per l’ultima volta solo dalla madre nel *****, nonché danno atto che per il padre persistono notevoli problematiche personali e difficoltà di integrazione, giustificando la protratta mancanza di contatti con i Servizi Sociali in ragione di dette problematiche e perché erano “rimasti in attesa degli sviluppi del procedimento e di essere convocati dal Giudice” (pag. n. 5 ricorso).
La Corte di merito, con motivazione adeguata (Cass. S.U. n. 8053/2014), ha esaminato le condizioni personali dei genitori (la madre ha gravi problemi di salute e sudditanza psicologica verso il padre, nonostante il suo atteggiamento violento; il padre, assente dall’Italia per lunghi periodi e mai collaborativo con i Servizi, non aveva mai prospettato un progetto di vita con i figli), nonché ha dato conto della loro incapacità, per motivazioni diverse, di avere consapevolezza delle responsabilità verso i figli, stante il disinteresse al riguardo da essi manifestato, protrattosi per svariati anni e, come si è detto, ammesso dagli stessi ricorrenti.
La Corte d’appello ha inoltre evidenziato, richiamando una relazione dei Servizi Sociali del *****, il riscontro del tutto positivo circa l’inserimento dei minori nel nucleo familiare prescelto, ed ha concluso affermando l’inadeguatezza di entrambi i genitori e il pregiudizio che conseguirebbe da un cambiamento per i figli, già segnati dal tragico vissuto perché affetti da gravi disagi psichici allorquando ne venne disposto l’allontanamento dai genitori.
I ricorrenti, nel richiamare le norme nazionali e sovranazionali indicate nella rubrica del motivo, si dolgono di un difetto di istruttoria senza confrontarsi specificamente con il percorso argomentativo della sentenza impugnata e deducono la sussistenza del mutamento positivo della loro condizione nei generici termini di cui si è detto, sollecitando, peraltro, così una sostanziale rivisitazione dei fatti storici.
3. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, disponendone il pagamento in favore dell’Erario, per essere la controricorrente ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.400, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori come per legge, disponendone il pagamento in favore dell’Erario.
Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 19 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021