In tema di intermediazione finanziaria, ove una società di intermediazione mobiliare stipuli direttamente con l’investitore un contratto di investimento c.d. tailor made, ossia calibrato specificamente sulle esigenze dell’investitore stesso, essa deve osservare gli stessi obblighi informativi e le medesime prescrizioni formali desumibili, rispettivamente, dagli artt. 21 e 23 (nonché, oggi, anche 24-bis) del TUF, benché non sia necessaria, in tal caso, la stipulazione di un contratto c.d. quadro accanto (e precedentemente rispetto) a quello riguardante l’operazione di investimento, potendo l’osservanza degli obblighi informativi e delle prescrizioni formali predetti essere assicurata anche uno actu, cioè con il solo contratto relativo a detta operazione.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. G. C. – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 15444/2016 r.g. proposto da:
SOCIETE’ GENERALE S.A., (cod. fisc. *****), società di diritto francese, con sede legale in *****, e sede secondaria in *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati Massimo Greco, ed Amilcare Sada, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, al Corso Vittorio Emanuele II, n. 284;
– ricorrente –
contro
SERENA TEAM S.R.L., (cod. fisc. *****), – società succeduta, nei diritti nascenti dalla sentenza oggi impugnata, alla partecipata, oggi disciolta e cancellata S.L.M. s.r.l. – con sede in *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, S.S., rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocato Andrea Minozzi, presso il cui studio elettivamente domicilia in Padova, alla via G. A. Longhin n. 11 n. 21.
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI MILANO depositata il 14/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 05/05/2021 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese;
lette le conclusioni motivate, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, , convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Nardecchia Giovanni Battista, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
lette le memorie ex art. 378 c.p.c. depositate dalle parti.
FATTI DI CAUSA
1. La S.L.M. s.r.l. convenne la Societe’ Generale SA (società di diritto francese, con sede secondaria stabilita in Italia. D’ora in avanti, semplicemente SG) innanzi al Tribunale di Milano esponendo: i) di aver effettuato un’operazione di investimento sottoscrivendo, nel 2006, uno strumento finanziario emesso da SG, con esborso di un importo di Euro 2.150.000,00, a seguito di conversione di altri strumenti finanziari acquistati nel 2004 tramite BNL; ii) che tale investimento si era rivelato, negli anni successivi, una perdita totale del capitale investito. Chiese, previa declaratoria di nullità (per mancanza o indeterminatezza del relativo prezzo, e del contratto quadro di intermediazione) o di risoluzione (per inadempimento della SG, la quale aveva violato gli obblighi informativi sulla stessa gravanti) o di invalidità (perché esorbitante dall’oggetto sociale dell’attrice) di detta operazione, la condanna della convenuta al pagamento di Euro 2.145.000,00, a titolo di restituzione o risarcimento del danno.
1.1. La SG si costituì e contestò le avverse domande. Dedusse che: i) l’operazione contestata, di cui doveva escludersi l’estraneità all’oggetto sociale della S.L.M. s.r.l., aveva fatto seguito ad altra analoga operazione di acquisto di prodotti finanziari di tipo warrants, con effettuazione di uno switch le cui condizioni economiche risultavano chiaramente indicate; il) non aveva operato quale intermediaria finanziaria, in quanto l’emissione degli strumenti finanziari era stata espressamente richiesta dall’attrice in relazione a sue specifiche esigenze, sicché non poteva trovare applicazione la disciplina del TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998) circa gli obblighi informativi, la necessità di un contratto quadro e tutte le norme comportamentali relative.
1.2. Espletata l’istruttoria, l’adito tribunale, con sentenza depositata il 17 maggio 2013, n. 6955, respinse le domande dell’attrice. In particolare: i) negò che potesse ravvisarsi una nullità dell’operazione per indeterminatezza dell’oggetto o una sua invalidità per estraneità all’oggetto sociale dell’attrice; ii) escluse che l’operazione stessa potesse rientrare nell’ambito applicativo di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 25-bis (d’ora in avanti semplicemente TUF ogni volta che si farà riferimento a disposizioni di quel D.Lgs.), non vertendosi in un’ipotesi di sottoscrizione o collocamento di strumenti finanziari, bensì di mera vendita di un prodotto finanziario. Precisò, inoltre, quanto alla vendita in fase di emissione, che solo l’art. 36-bis del regolamento intermediari Consob, entrato in vigore successivamente alla stipula dell’accordo, aveva previsto l’applicazione delle norme di cui al TUF, compreso l’art. 25-bis; iii) affermò che l’operazione comunque non poteva ritenersi inadeguata essendosi trattato di mera conversione di altra di contenuto del tutto analogo, con evidente consapevolezza dell’attrice della tipologia di investimento effettuato.
2. Il gravame promosso dalla S.L.M. s.r.l. contro quella decisione è stato accolto dalla Corte di appello di Milano con la sentenza del 9 marzo/14 luglio 2016, n. 1470, resa nel contraddittorio con la SG. Per quanto qui di interesse, quella corte: i) ha affermato la piena applicabilità della disciplina sui servizi di investimento all’operazione in esame; il) ha dichiarato la nullità di quest’ultima per carenza del contratto quadro ex art. 23 TUF; iii) ha considerato assorbite le ulteriori domande di invalidità e/o di risoluzione per inadempimento della SG agli obblighi informativi su di essa gravanti, originariamente proposte dall’appellante in relazione all’operazione predetta; iv) ha condannato l’appellata al pagamento, in favore della controparte, di Euro 2.150.000,00, oltre interessi.
3. Avverso questa sentenza SG ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Ha resistito, con controricorso, la Serena Team s.r.l., qualificandosi come società succeduta alla S.L.M. s.r.l. nei diritti nascenti in favore di quest’ultima, medio tempore cancellata dal registro delle imprese, giusta il piano finale di ripartizione già notificato alla controparte unitamente alla menzionata sentenza. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
3.1. La Prima Sezione civile, investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 23 luglio 2020, n. 15796, dopo aver rilevato che “la complessità, anche tecnica, delle questioni oggi prospettate, la loro rilevanza e la carenza di specifici precedenti nella giurisprudenza di legittimità rendono opportuno disporre la trattazione della causa in pubblica udienza”, ha ritenuto insussistenti i presupposti per la decisione camerale ex art. 380-bis.1 c.p.c., ed ha rimesso la causa alla pubblica udienza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, come novellato dall’art. 1-bis della L. 25 ottobre 2016, n. 197. Le parti hanno depositato ulteriori memorie ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Rileva pregiudizialmente il Collegio che, in questa sede, si è costituita, come parte controricorrente, la Serena Team s.r.l., qualificandosi “società succeduta nei diritti nascenti dalla causa n. r.g. 2734/2013, svoltasi avanti la Corte di appello di Milano e decisa con la sentenza n. 1470/2016, (…), alla partecipata, oggi disciolta e cancellata, S.L.M. s.r.l. (…), come da piano finale di ripartizione registrato già notificato alla ricorrente unitamente alla sentenza impugnata”.
1.1. Orbene, è noto che, dopo la riforma di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003, le società di capitali si estinguono per effetto della cancellazione dal registro delle imprese, giusta il nuovo art. 2495 c.c., salvi espressi casi di legge in contrario. La norma ha posto fine all’orientamento giurisprudenziale che – allo scopo, per vero, di razionalizzare la situazione esistente in presenza di sopravvenienze attive o passive – reputava la società sempre in vita, purché esistessero ancora “rapporti pendenti”.
1.2. Esclusa, dunque, ogni possibilità di conservare tale visuale, a fronte di una lettera e di un fondamento inequivocamente contrari (cfr. l’incipit dell’art. 2495 c.c., comma 2), è qui sufficiente ricordare, quanto al tema della sorte di un credito controverso, esistente al momento della cancellazione volontaria della società dal registro delle imprese, che la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito, che, “…ferma l’estinzione a norma dell’art. 2495 c.c., il credito controverso, esistente al momento della cancellazione, non può ritenersi automaticamente rinunciato, dal momento che la regola è la successione in favore dei soci dei residui attivi, mentre la non sopravvivenza delle “mere pretese” è l’eccezione: onde l’esistenza della rinuncia, da ricondurre alla remissione del debito di cui all’art. 1236 c.c., va allegata e provata con rigore da chi intenda farla valere in tutti i presupposti della fattispecie, ossia la volontà remissoria, la manifestazione inequivoca di tale volontà e la destinazione della dichiarazione allo specifico creditore” (cfr., in motivazione, Cass. n. 30075 del 2020. In senso analogo, si veda, amplius, la precedente Cass. n. 9464 del 2020).
1.3. Posto, allora, che nulla di tutto ciò emerge dagli atti, ne consegue la piena ammissibilità del controricorso proposto dalla Serena Teams s.r.l. nella indicata qualità (mentre quello della S.L.M. s.r.l. sarebbe stato, esso sì, inammissibile. Cfr. Cass. n. 9464 del 2020, in motivazione; Cass. n. 12603 del 2018; Cass. n. 15177 del 2016), atteso che erano proprio i soci della società estinta che, quali successori a titolo universale, erano abilitati a proporlo per esercitare il diritto di difesa in Cassazione.
2. E’ opportuno precisare, poi, in via preliminare, che l’operazione finanziaria dedotta in causa è stata eseguita in epoca antecedente al recepimento (avvenuto con il D.Lgs. n. 164 del 2007) delle direttive comunitarie n. 2004/39 e n. 2006/73 (costituenti la cd. direttiva MiFid), poi integrate dal regolamento n. 1283/2006. Nelle pagine seguenti si farà, perciò, sempre riferimento alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 58 del 1998 (testo unico delle disposizioni in materia d’intermediazione finanziaria, per il prosieguo semplicemente TUF) e dal regolamento Consob quale vigente prima delle modifiche apportate per adattarla alle suddette nuove direttive.
3. Il primo motivo prospetta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, comma 5 TUF, e art. 3, comma 1 (L), e art. 25, comma 1 (A e D), del Regolamento Consob n. 11522/98, nonché degli artt. 19,94 e 100 TUF, e art. 33 del Regolamento Consob n. 11971/2019, nonché, conseguentemente, dell’art. 23 TUF, per avere la sentenza d’appello qualificato la mera emissione dello strumento finanziario come un servizio di investimento”. Si sostiene che: i) il trasferimento di uno strumento finanziario, nella sostanza un titolo di credito, in fase di emissione non può costituire, di per sé, un servizio d’investimento e, perciò, tantomeno, una negoziazione in conto proprio; il) nella qualificazione di un’attività quale servizio d’investimento non si può prescindere dal ruolo svolto dai diversi soggetti e, così, da un’attenta valutazione della sussistenza, o meno, degli elementi tipici che caratterizzano i singoli servizi di investimento individualmente considerati; iii) nella specie, la SG aveva agito esclusivamente come emittente di strumenti finanziari ed il trasferimento di quelli emessi su richiesta della S.L.M. s.r.l. si poneva in diretta consequenzialità rispetto a tale emissione; iv) la corte distrettuale, pertanto, aveva violato, ovvero falsamente applicato, la normativa predetta avendo erroneamente qualificato l’attività di SG quale servizio d’investimento (negoziazione in conto proprio) e, conseguentemente, ritenuto applicabile anche l’art. 23 del TUF malgrado l’inconfigurabilità, nell’odierna vicenda, di un servizio di investimento; v) gli errori ascritti alla sentenza impugnata rivelavano anche l’omesso esame di fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti: l’essersi SG limita ad emettere i warrant oggetto di contestazione, e l’assenza di qualsivoglia contatto diretto tra SG e S.L.M. s.r.l., posto che, se proprio un servizio di investimento era stato svolto, questo doveva, se del caso, individuarsi nell’attività di intermediazione, consulenza e mediazione svolta, nei confronti di S.L.M. s.r.l., dalla RCF SA, nella persona del Dott. G.M..
2.1. Il secondo motivo reca, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “Violazione e falsa applicazione degli artt. 25-bis TUF e 36-bis del regolamento intermediari Consob, nonché, conseguentemente, dell’art. 23 TUF, per avere la sentenza di appello considerato tali norme applicabili alla mera emissione di uno strumento finanziario anche a prescindere dalla sua “sottoscrizione e collocamento” e, in ogni caso, dallo svolgimento di un servizio di investimento”. Si assume che: i) la corte territoriale aveva ignorato ed addirittura travisato il consolidato orientamento della Consob secondo cui le nozioni di “sottoscrizione e collocamento”, “vendita in fase di emissione” e “distribuzione” presupponevano chiaramente, anche solo per il senso letterale e comune di tali espressioni, la presenza di un’offerta al pubblico degli investitori a condizioni di prezzo e tempo standardizzate; ii) il tentativo di inficiare tale consolidato indirizzo interpretativo utilizzando il pur corretto principio espresso da Cass., SU, n. 13905 del 2013, ma citandolo parzialmente, omettendone gli espressi riferimenti sia ai servizi d’investimento che all’offerta fuori sede, “dimostra la totale illogicità ed erroneità della motivazione qui impugnata”; iii) la SG non aveva svolto alcun servizio di investimento, sicché l’art. 23 TUF, che prevede che lo svolgimento di servizi d’investimento sia preceduto dalla stipula per iscritto di un contratto quadro, era inapplicabile; iv) l’utilizzabilità di quest’ultima disposizione era comunque esclusa dalla stessa fattispecie attuativa di tale norma, e cioè l’art. 30, comma 3, del Regolamento Intermediari Consob, a tenore del quale “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alla prestazione dei servizi: a) di collocamento, ivi compresi quelli di offerta fuori sede e di promozione e collocamento a distanza”. Pertanto, la nullità dell’operazione in esame nemmeno sarebbe astrattamente ipotizzabile.
3. Le due doglianze della SG possono essere scrutinate congiuntamente attesa l’evidente connessione che le caratterizza.
3.1. Giova premettere, quanto alla fattispecie concreta oggi all’esame di questa Corte, che la sentenza impugnata dà atto che “…e’ pacifico, e non vi è contestazione sul punto, che l’operazione contestata sia stata effettuata quale conversione di un precedente strumento finanziario analogo a quello per cui è causa, emesso da (rectius: acquistato tramite. Ndr) BNL nel giugno del 2004; è pacifico, altresì, che SG, in questa operazione di conversione, sia stata richiesta dell’emissione di uno specifico strumento finanziario, cioè di warrants relativi ad un fondo, tale *****, su suggerimento del Dott. G.M. e della G. & Associati s.p.a., che aveva una partecipazione in RCF SA, cioè la società cui era collegato il fondo di cui sopra. Lo strumento finanziario, quindi, è stato costruito ad hoc su richiesta del cliente, in tutte le sue componenti”.
3.1.1. Dalla medesima sentenza emerge, poi, per quanto qui ancora di interesse, che il giudice di primo grado, nel rigettare le domande dell’attrice, “ha escluso l’applicabilità delle norme di protezione di cui al TUF, ritenendo che tali norme si applichino solo nel caso in cui “il prodotto finanziario emesso dalla banca sia uniformemente destinato ad un numero indifferenziato di investitori, a differenza di quanto avviene nella differente ipotesi della mera vendita di un prodotto finanziario, concetto che può essere riferito ad uno strumento predisposto dall’istituto di credito per un determinato specifico cliente sulla base della richiesta da questo avanzata”. Ha evinto tale interpretazione in primo luogo dal significato letterale di “sottoscrizione e collocamento”, facendo poi riferimento, come argomento ulteriormente rafforzativo dell’esclusione dell’applicazione della normativa di cui al TUF, al fatto che la norma che ha assoggettato i prodotti finanziari emessi dalle banche “in fase di emissione” alla normativa di cui all’art. 25-bis (che rimanda agli art. 21 e 23 TUF), sarebbe la norma regolamentare dell’art. 36-bis del Regolamento Intermediari, che è entrata in vigore successivamente alla stipula del contratto e per tale ragione non applicabile”.
3.2. La corte distrettuale, come si è già anticipato, ha accolto, invece, il gravame della S.L.M. s.r.l..
3.2.1. Essa, muovendo dalla premessa di dover “verificare se alla fattispecie in esame sia applicabile l’art. 25-bis TUF, in quanto la contrattazione ha avuto ad oggetto un prodotto finanziario emesso da banca, per poi verificare se abbia rilevanza dal punto di vista temporale il fatto che il Regolamento Intermediari, all’art. 36-bis, abbia previsto che l’art. 25-bis si applica “anche in fase di emissione””, ha ritenuto non potersi affermare che, “nell’ipotesi in cui lo strumento finanziario sia stato emesso e venduto dalla Banca su specifica richiesta del cliente, e non si tratti di un prodotto finanziario destinato ad un pubblico indistinto ed indifferenziato, si fuoriesca dalla normativa di protezione dell’investitore di cui al TUF”.
3.2.2. Il corrispondente iter argomentativo può così riassumersi: i) “e’ pacifico che la contrattazione oggetto del presente contenzioso ha avuto ad oggetto uno strumento finanziario come definito dall’art. 1, comma 2 TUF. Quindi l’oggetto del contratto rientra nella normativa di cui al Testo Unico Finanza”; ii) “la compravendita di uno strumento finanziario, quale categoria di carattere generale”, rientra “nei “servizi ed attività di investimento” come definiti dall’art. 1, comma 5 TUF”; iii) il contrario assunto di SG, – per la quale, “nell’ipotesi in cui lo strumento finanziario sia stato “confezionato su misura” in relazione alle specifiche richieste del cliente, e quindi, sulla base di tale incarico, sia stato emesso dalla banca, non si versi in ipotesi di servizio ed attività di investimento, ma di una mera compravendita, come tale sottratta alla normativa di protezione” – “si incentra sul fatto che l’art. 25-bis del TUF regolamenta la sottoscrizione ed il collocamento dei prodotti finanziari emessi da banche”. A suo dire, dunque, per verificare se l’ipotesi di vendita di un prodotto tailored rientri, o meno, nella sfera di applicazione di detta norma (e di quelle cui rinvia), dovrebbe farsi riferimento ai concetti di sottoscrizione e collocamento: questi, però, “evocano una situazione di offerta al pubblico indistinto di un determinato prodotto”, dovendosi, così, escludere che possa rientrare nell’ambito dell’art. 25-bis predetto l’ipotesi di vendita di un singolo prodotto commissionato dal cliente secondo le sue specifiche indicazioni. Al contrario, secondo la corte distrettuale (che, sul punto, rinvia ad una “spiegazione agli informatori della normativa sui servizi di investimento”), “non è dato riscontrare alcun riferimento normativo, nell’ambito del TUF e delle norme regolamentari conseguenti, che indichi che la sottoscrizione ed il collocamento avvengono solo nell’ambito di un’offerta al pubblico, anche se questa è indubbiamente l’ipotesi maggiormente diffusa (…) Invero, gli artt. 21 e 23 TUF, che dettano le norme di validità e di comportamento nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento, non pongono limitazioni in ordine al fatto che si tratti di attività di investimento che presuppongono la sussistenza di un prodotto finanziario standardizzato, da offrire a un pubblico indifferenziato. In questo quadro non pare corretto ritenere che l’art. 25-bis TUF, nel fare riferimento alla sottoscrizione ed al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche e assicurazioni, abbia voluto limitare la tutela di cui agli art. 21 e 23 alle sole ipotesi di sottoscrizione e collocamento di prodotti offerti ad un pubblico indifferenziato, mentre per gli altri intermediari, che non siano banche o assicurazioni, le norme dovrebbero applicarsi anche nell’ipotesi di vendita di un singolo prodotto espressamente confezionato su richiesta del cliente”; iv) prescindendo dall’art. 25-bis TUF, in nessuna norma è dato rinvenire il fatto che la normativa di protezione si riferisca alla negoziazione di strumenti finanziari standardizzati ed offerti ad un pubblico indifferenziato. “In questo quadro, l’interpretazione offerta da SG (…) si pone in contrasto con la ratio che assiste l’introduzione dell’art. 25-bis TUF: con tale norma, infatti, si è voluto estendere a soggetti prima esclusi dalla normativa sull’intermediazione finanziaria le regole protettive essenziali previste per tutti i servizi di investimento. (…). In questa direzione, di interpretazione improntata alla ratio della norma, si muove anche la sentenza richiamata più volte da parte appellante, Cass. SU 13905/13, relativamente alla nozione di collocamento. Con tale pronuncia la corte di legittimità ha voluto uscire dalle maglie di una interpretazione limitante di una legislazione tecnica, che può portare a escludere di porre sullo stesso piano situazioni analoghe meritevoli di tutela. E nel caso di specie occorre seguire la medesima ratio interpretandi. La normativa di protezione deve trovare applicazione rispetto a “qualsiasi atto negoziale mediante il quale lo strumento finanziario viene fatto acquisire al cliente e quindi inserito nel suo patrimonio” (Cass. 13905/13). E, dunque, anche nel caso in cui lo strumento finanziario sia stato espressamente richiesto dal cliente, analogamente all’ipotesi, ormai pacifica in giurisprudenza, secondo cui, nell’ipotesi in cui il cliente effettui un preciso ordine di acquisto di uno specifico prodotto, la normativa di protezione trova comunque applicazione”; v) l’art. 36-bis del Regolamento Intermediari, entrato in vigore successivamente alla stipula del contratto oggetto di causa, specifica quali norme regolamentari devono essere rispettate dalle banche nella fase di emissione degli strumenti finanziari. Proprio la sua rubrica, “Distribuzione di prodotti finanziari emessi da banche”, esclude che abbia una portata ampliativa della fattispecie prevista dall’art. 25-bis TUF, il quale si esprime già in termini di “emissione” (la rubrica recita “Prodotti finanziari emessi da banche e imprese di assicurazione”, ed il testo della norma fa riferimento ai prodotti finanziari “emessi da banche ed imprese di assicurazione”); vi) la piena applicazione dell’art. 25-bis TUF al caso di specie comporta l’irrilevanza “del fatto che S.L.M. fosse in concreto a conoscenza della tipologia di strumento finanziario dalla stessa acquistato, dato che la negoziazione ha avuto ad oggetto uno switch di un prodotto finanziario strutturalmente identico, tipo warrant su fondo. La normativa di cui agli art. 21 e 23 TUF non fa distinzioni di sorta circa le norme che debbano essere rispettate nell’ambito di una negoziazione di strumenti finanziari. Si limita a richiedere che la contrattazione avente ad oggetto queste tipologie di prodotti avvengano secondo determinate regole di carattere imperativo, e ciò esclude qualsiasi indagine sul contesto e sui pregressi di tale negoziazione. Alla declaratoria di applicabilità dell’art. 25-bis TUF al caso di specie segue l’accertamento della violazione dell’art. 23 TUF, in quanto non vi è stata la stipula di alcun contratto scritto, da qualificarsi come contratto quadro relativo al servizio di investimento effettuato da SG in favore di S.L.M.”.
3.3. Tanto premesso, la questione posta dai formulati motivi di ricorso investe il perimetro applicativo dell’art. 25-bis TUF e della sua successiva norma di attuazione rinvenibile nell’art. 36-bis Regolamento Consob n. 11522 del 1998: si chiede, cioè, di stabilire se la complessiva disciplina da essi prevista (e, conseguentemente, gli artt. 21 e 23 TUF, dal primo espressamente richiamati) possa riguardare, o non, anche un’operazione, come quella, risalente al dicembre 2006, intercorsa direttamente tra le società SG e S.L.M. s.r.l., caratterizzata dal fatto, assolutamente pacifico, che SG era stata officiata da S.L.M. s.r.l. dell’emissione di uno specifico strumento finanziario (warrants relativi ad un fondo, tale *****), dalla prima costruito ad hoc su richiesta della seconda, in tutte le sue componenti.
4.4. A tale fine si rivela utile, in primis, la ricognizione dell’intero quadro normativo di riferimento.
4.4.1. Orbene, va immediatamente rimarcato che l’art. 25-bis TUF, introdotto dalla L. n. 262 del 2005, art. 11 (cd. legge sul risparmio) ed in vigore dal 12 gennaio 2006, prevedeva, al comma 1, che “Gli artt. 21 e 23 si applicano alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche nonché, in quanto compatibili, da imprese di assicurazione”. Questo articolo ha poi subito numerose modifiche – per effetto del D.Lgs. 29 dicembre 2006, n. 303, art. 3; del D.Lgs. 17 settembre 2007, n. 164, art. 4; del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, art. 40; del D.Lgs. 12 maggio 2015, n. 72, art. 4; del D.Lgs. 3 agosto 2017, n. 129, art. 2; infine del D.Lgs. 25 dicembre 2019, n. 165, art. 2 che ne ha sancito il seguente testo attuale “Gli artt. 21, 23 e 24-bis si applicano all’offerta e alla consulenza aventi ad oggetto depositi strutturati e prodotti finanziari, diversi dagli strumenti finanziari, emessi da banche. Rimane fermo quanto stabilito ai sensi del D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 30, art. 3” – che qui, però, non interessano perché tutte successive rispetto alla data (dicembre 2006) dell’operazione di cui oggi si discute.
4.4.2. Deve altresì ricordarsi che: i) ai sensi dell’art. 1, comma 5 TUF (nel testo, qui applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportategli dal D.Lgs. n. 303 del 2006, entrate in vigore il 25.1.2007), “Per “servizi di investimento” si intendono le seguenti attività quando hanno per oggetto strumenti finanziari: a) negoziazione per conto proprio; b) negoziazione per conto terzi; c) collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione”. Il comma 5-bis detto articolo, – secondo cui “Per “negoziazione per conto proprio” si intende l’attività di acquisto e vendita di strumenti finanziari, in contropartita diretta e in relazione a ordini dei clienti, nonché l’attività di market maker” – pure richiamato dalla corte distrettuale, è stato introdotto, invece, solo successivamente (dal D.Lgs. n. 164 del 2007, in vigore solo dall’1.11.2007; ii) giusta l’art. 1, comma 1, lett. u) TUF (nel già indicato testo qui applicabile ratione temporis), sono “”prodotti finanziari” gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”; iii) secondo l’art. 21 TUF (nel testo vigente alla data della operazione de qua) “1. Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati. I soggetti abilitati classificano, sulla base di criteri generali minimi definiti con regolamento dalla CONSOB, che a tale fine può avvalersi della collaborazione delle associazioni maggiormente rappresentative dei soggetti abilitati e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di cui alla L. 30 luglio 1998, n. 281, il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli d’investimento e rispettano il principio dell’adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti in prodotti finanziari, della sua situazione finanziaria, dei suoi obiettivi d’investimento e della sua propensione al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente impartite dall’investitore medesimo in forma scritta, ovvero anche mediante comunicazione telefonica o con l’uso di strumenti telematici, purché siano adottate procedure che assicurino l’accertamento della provenienza e la conservazione della documentazione dell’ordine; b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati; c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento; d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi; e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati. 2. Nello svolgimento dei servizi le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente”; iv) l’art. 23 TUF (anch’esso nel testo applicabile ratione temporis) dispone che “1. I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. 2. E’ nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tal caso nulla è dovuto. 3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la nullità può essere fatta valere solo dal cliente. 4. Le disposizioni del titolo VI, capo I, del T.U. bancario non si applicano ai servizi di investimento né al servizio accessorio previsto dall’art. 1, comma 6, lett. f). 5. Nell’ambito della prestazione dei servizi di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’art. 18, comma 5, lett. a), non si applica l’art. 1933 c.c.. 6. Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta”; v) infine, l’art. 36-bis del Regolamento Consob n. 11522 dell’1 luglio 1998 (concernente la disciplina degli intermediari), rubricato “Distribuzione di prodotti finanziari emessi da banche”, stabilisce che “1. Le banche rispettano le disposizioni di cui agli artt. 26, 27, 28, comma 1, lettera a), e commi 2 e 5, 29, 31, 36, 56, commi 1, 2, 3, 6, 7, 57, 58, 59, 60, 61, comma 3, 63 e 69 del presente regolamento, anche quando procedono alla vendita, in fase di emissione, di propri prodotti finanziari. 2. Il comma 1 si applica anche alle vendite effettuate con tecniche di comunicazione a distanza”. Questo articolo, però, è stato introdotto nel menzionato Regolamento solo con la Delib. Consob 30 maggio 2007, n. 15961 ed è entrato in vigore il successivo 1 luglio 2007.
4.5. Alla luce del descritto quadro normativo, allora, è subito evidente che l’art. 25-bis TUF ha inteso estendere la disciplina di cui agli artt. 21 (riguardante la “prestazione dei servizi di investimento e accessori”) e 23 (afferente i “contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori”) del TUF alle ipotesi, tra l’altro, di “sottoscrizione” e “collocamento” di “prodotti finanziari emessi da banche”.
4.5.1. Esso si inserisce nel contesto degli interventi normativi, condotti nel biennio 2005/2007, che hanno segnato il “tramonto del regime di esenzione” a beneficio dei prodotti bancari ed assicurativi. Come è noto, tale trattamento differenziato poggiava, anzitutto, sulla esenzione dalla disciplina dettata dagli artt. 94 e ss. TUF introdotta dall’art. 100, comma 1, lett. f) TUF medesimo, per i “prodotti finanziari emessi da banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni, ovvero prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione”; il TUF escludeva poi l’applicazione ai prodotti in questione anche delle disposizioni in materia di offerta fuori sede di cui al suo art. 30, che erano estese, dal comma 9 della medesima norma, ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti indicati nell’art. 100, comma 1, lett. f), appena citati. Non costituiva, invece, una deroga la circostanza che alla commercializzazione, da parte di banche, delle proprie obbligazioni in fase di emissione, effettuata presso le proprie succursali, nonché alla commercializzazione (diretta o da parte di distributori terzi) di polizze a contenuto finanziario non trovasse applicazione la disciplina in materia di servizi di investimento. Sotto il primo profilo, l’attività descritta non costituiva un servizio di investimento, pur avendo ad oggetto strumenti finanziari, ed era assoggettata esclusivamente alle disposizioni del Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993) in materia di raccolta del risparmio (art. 11 e 12) e di trasparenza delle condizioni contrattuali (artt. 115 e ss.), costituendo un “tipico momento” dell’attività di raccolta bancaria; sotto il secondo profilo, la mancata applicazione ai prodotti finanziari assicurativi delle disposizioni in materia di servizi ed attività di investimento derivava dalla constatazione che i contratti assicurativi di ramo III e V non erano strumenti finanziari ed erano assoggettati esclusivamente alla disciplina in materia di intermediazione assicurativa.
4.5.2. Sull’assetto sopra descritto è intervenuta la cd. legge sul risparmio (L. 28 dicembre 2005, n. 262), che ha abrogato le citate esenzioni in materia di (allora) sollecitazione del pubblico risparmio e disciplina dell’offerta fuori sede ed a distanza e, per quanto qui di interesse, ha introdotto nel TUF l’art. 25-bis, che ha esteso al collocamento in sede di prodotti finanziari emessi da banche in sede di emissione ed al collocamento (diretto e indiretto) di polizze a contenuto finanziario gli art. 21 e 23 TUF, dettati per la prestazione di servizi di investimento. L’estensione della disciplina alla distribuzione dei prodotti assicurativi, è stata dettata, in ultima analisi, dal rilievo che, per effetto di quella che è stata definita “azione corrosiva” dell’innovazione finanziaria, si sono sviluppati prodotti che, pur offerti da compagnie di assicurazione, apparivano pressoché in toto sovrapponibili a prodotti di investimento “tradizionali”. In proposito, può peraltro rilevarsi che gli sviluppi successivi a livello comunitario appaiono in linea generale confermare l’impostazione adottata dalla legge sul risparmio. In effetti, il collocamento diretto di prodotti di matrice bancaria è stato attratto, anche nella disciplina comunitaria, nell’ambito della disciplina dei servizi di investimento (cfr. Direttiva 2014/65/EU del Parlamento Europeo e del Consiglio in vigore dal 3 gennaio 2018).
4.5.3. In definitiva, quindi, può dirsi che l’art. 25-bis TUF ha consentito l’applicabilità alla “sottoscrizione” (fattispecie riferita ad un prodotto di nuova emissione) ed al “collocamento” (ipotesi afferente il trasferimento di un prodotto già esistente) dei prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione delle regole concernenti i criteri generali che i soggetti abilitati devono osservare nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelle concernenti la disciplina dei contratti. In tal modo si è sostanzialmente spostata la corrispondente tutela dell’investitore dall’area del Testo Unico Bancario a quella del TUF, e ciò in piena coerenza con l’avvenuto superamento della previgente disciplina speciale per banche ed imprese di assicurazione, relativamente alle operazioni aventi ad oggetto prodotti finanziari.
4.6. E’ indubbio, poi, che l’operazione di cui oggi si discute ha avuto come oggetto un bene definibile, in generale, come “prodotto finanziario” alla stregua di quanto sancito dal già riportato art. 1, comma 1, lett. u) TUF: più in particolare, uno “strumento finanziario” (da considerarsi come species, rispetto al genus prodotto finanziario) certamente ricompreso tra quelli analiticamente descritti dal comma 2 medesimo articolo. Operazione, giova ribadirlo, intercorsa direttamente tra SG e S.L.M. s.r.l., e caratterizzata dal fatto, assolutamente pacifico, che la prima aveva emesso uno specifico strumento finanziario costruito ad hoc, in tutte le sue componenti, su richiesta della seconda che l’aveva poi sottoscritto (trattandosi, appunto, di strumento di nuova emissione, e non di collocamento di strumento preesistente). In altri termini, SG aveva creato lo strumento per renderlo sottoscrivibile, mentre solo la successiva sua sottoscrizione da parte della S.L.M. s.r.l. ne aveva concretamente determinato l’ingresso nel patrimonio di quest’ultima: si era, pertanto, al cospetto di un’operazione che, pur nella sua apparente unicità, constava comunque di due momenti logicamente e cronologicamente distinti, il secondo dei quali (quello, appunto, della sottoscrizione), regolato dall’art. 25-bis TUF volto ad assicurare al risparmiatore una tutela adeguata.
4.6.1. L’operazione predetta, infine, ha comportato lo svolgimento, da parte della odierna ricorrente, di un servizio di investimento reso alla controparte (giusta la previsione dell’art. 1, comma 5, lett. a) TUF). In quest’ottica, dunque, la corte distrettuale ha chiaramente (e correttamente) ritenuto di poter equiparare, sotto il profilo degli obblighi di condotta, la negoziazione in fase di emissione e la negoziazione in conto proprio intesa quale servizio di investimento.
4.6.2. Ecco, allora, che il riferimento alla negoziazione per conto proprio di cui all’art. 1, comma 5, lett. a) TUF, contenuto nella sentenza oggi impugnata (che ha ricondotto a questa specifica tipologia il servizio di investimento a suo dire reso, nella specie, dalla SG), non può considerarsi erroneo. Quella norma, infatti, è ubicata nella Parte I del TUF, recante le Disposizioni comuni, come tali evidentemente riferibili sia alla Disciplina degli intermediari (Parte II del TUF) che a quella degli emittenti (Parte IV del TUF). Ciò consente di affermare, del tutto ragionevolmente, che: i) laddove un soggetto emittente intenda negoziare, direttamente per proprio conto, suoi prodotti finanziari standardizzati indirizzandoli ad un pubblico indistinto di investitori (così realizzando un’offerta al pubblico), esso sarà tenuto all’osservanza agli obblighi di cui agli artt. 94 e ss. TUF; ii) ove, invece, si sia in presenza della negoziazione diretta di un prodotto cd. tailored, cioè “confezionato su misura” in relazione alle specifiche esigenze del singolo cliente che gliene abbia fatto puntuale richiesta, lo stesso soggetto emittente, giusta il corrispondente rinvio contenuto nell’art. 25-bis TUF, dovrà attenersi agli stessi obblighi informativi ed alle medesime prescrizioni formali desumibili, rispettivamente, dagli artt. 21 e 23 (nonché, oggi, anche 24-bis) del TUF; iii) se, infine, la banca intenda agire come intermediaria, acquistando, in proprio, titoli altrui da rivendere, poi, in contropartita diretta, all’investitore, parimenti sarebbe soggetta – questa volta direttamente, e non per il tramite del rinvio contenuto nell’art. 25-bis TUF – alla disciplina di cui agli artt. 21 e 23 TUF stesso.
4.6.3. Conclusione, questa, che ha trovato sostanziale conferma nella normativa regolamentare attuativa del citato art. 25-bis TUF, vale a dire il già riportato art. 36-bis del Regolamento Consob n. 11522 del 1998, che ha imposto alle banche il rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 26, 27, 28, comma 1, lettera a), e commi 2 e 5, 29, 31, 36, 56, commi 1, 2, 3, 6, 7, 57, 58, 59, 60, 61, comma 3, 63 e 69 del medesimo regolamento, anche quando procedono alla vendita, in fase di emissione, di propri prodotti finanziari. E’ vero che questo articolo è stato introdotto nel menzionato Regolamento solo con la Delib. Consob 30 maggio 2007, n. 15961 ed è entrato in vigore il successivo 1 luglio 2007, (successivamente, quindi, alla data dell’operazione oggi in esame, risalente al dicembre 2006): è evidente, però, che, non potendo una fonte di carattere secondario (quale e’, appunto, un regolamento) avere una portata ampliativa di fattispecie previste dalla normativa primaria, il citato art. 36-bis di quel regolamento non ha fatto altro che esplicitare quanto già desumibile, circa gli obblighi informativi gravanti sulla banca nella vendita in fase di emissione di propri titoli, dal menzionato art. 25-bis TUF.
4.6.4. Del resto, opinare diversamente, magari assumendo, come preteso dalla odierna ricorrente, che l’unica differenza tra il collocamento di cui all’art. 1, comma 5, lett. c) TUF (norma che, però, nel già indicato testo qui applicabile ratione temporis, non menzionava anche la sottoscrizione) e la fattispecie prevista dall’art. 25-bis del TUF risieda nella partecipazione, o meno, di un intermediario nella fase di distribuzione, finirebbe con il lasciare sfornite di adeguata tutela tutte quelle negoziazioni (come, per esempio, quella di cui oggi si discute) intervenute in fase di emissione dello strumento ma che non possano dirsi rivolte ad un pubblico indistinto: conclusione, questa, evidentemente contraria alla ratio della legge sulla tutela del risparmio.
4.6.5. In sintesi, dunque, l’emissione di un derivato, da parte di una banca (così come da parte di un qualsiasi altro intermediario finanziario), nell’instaurato rapporto con il cliente che gliene abbia fatto richiesta e poi lo sottoscriva, rientra nell’attività di “negoziazione per conto proprio”, di cui all’art. 1, comma 5, lett. a) TUF. E ciò a prescindere dal fatto che si tratti di prodotto finanziario standardizzato o cd. tailor made.
4.6.6. L’odierna ricorrente sostiene, invece, che l’attività di emissione di strumenti finanziari sia libera (possa, cioè, essere esercitata da chiunque e senza i vincoli del TUF), salvo che non presenti le caratteristiche (in primo luogo essere rivolta al pubblico) in presenza delle quali scattano gli obblighi previsti dalla “Disciplina degli emittenti” di cui alla parte IV del TUF (artt. 91 ss.), e che solo la emissione di prodotti standardizzati possa costituire servizio di investimento.
4.6.7. Tale assunto, però, finisce con il confondere il piano soggettivo con quello oggettivo. Invero, l’attività di emissione di strumenti finanziari (es. obbligazioni) e’, sì, libera, ma solo se è svolta da un comune operatore economico; se, invece, è svolta in maniera “professionale nei confronti del pubblico”, allora è riservata ai soggetti di cui all’art. 18 TUF (imprese di investimento e banche) ed è regolata non solo dalla parte IV di quest’ultimo, ma – in quanto servizio di investimento – anche dalla parte II, e in particolare dal titolo II, capo II, di essa, che comprende, tra gli altri, gli artt. 21 e 23. Diversamente, dovrebbe ritenersi che l’emissione di derivati “su misura”, in quanto appunto “libera” attività di emissione, sarebbe esente dalla disciplina di protezione degli investitori prevista dal TUF: conclusione, quest’ultima, affatto inverosimile perché proprio la mancanza di standardizzazione e, dunque, di un mercato di riferimento aggrava la disparità informativa tra emittente ed acquirente.
4.7. Posto, allora, che pure in presenza di una negoziazione diretta di un prodotto cd. tailored, cioè “confezionato su misura” in relazione alle specifiche esigenze del singolo cliente che gliene abbia fatto puntuale richiesta, il soggetto emittente deve osservare gli stessi obblighi informativi e le medesime prescrizioni formali desumibili, rispettivamente, dagli artt. 21 e 23 (nonché, oggi, anche 24-bis) TUF, ciò su cui occorre ora riflettere è se sia necessaria, anche in una siffatta fattispecie, la stipulazione di un contratto cd. quadro, accanto (e precedentemente rispetto) a quello riguardante l’operazione di sottoscrizione, oppure se l’osservanza degli obblighi informativi e delle prescrizioni formali predetti possa essere garantita anche uno actu, cioè con il solo contratto relativo alla richiesta operazione di sottoscrizione.
4.7.1. Orbene, il contratto, generalmente definito “quadro”, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 già previsto dalla L. n. 1 del 1991, art. 6 nonché dal successivo D.Lgs. n. 415 del 1996, art. 18 è stato da alcuni qualificato in termini di contratto normativo: vale a dire come accordo che ha per oggetto la disciplina di futuri, singoli contratti. I contraenti, quindi, allorché sottoscrivono un contratto quadro, intendono disciplinare i loro futuri rapporti, che si manifesteranno, cioè, attraverso il perfezionamento di singoli atti esecutivi negoziali.
4.7.1.1. Una differente impostazione, invece, ha inteso il contratto quadro come una fattispecie a formazione progressiva, il cui primo livello sarebbe assolto dal contratto quadro stesso, mentre il secondo livello sarebbe rappresentato dai singoli ordini.
4.7.1.2. Altra opinione, infine, ha considerato il contratto de quo come un incarico, ovvero una sorta di mandato, conferito all’intermediario finanziario, affinché costui esegua gli incarichi di volta in volta conferitigli dall’investitore.
4.7.2. Nella giurisprudenza di legittimità, esso è stato accostato per alcuni aspetti al mandato, derivandone obblighi e diritti reciproci dell’intermediario e del cliente, e le successive operazioni sono state considerate quali suoi momenti attuativi (cfr. Cass., SU, nn. 26724 e 26725 del 2007), mentre la più recente Cass., SU, n. 28314 del 2019, gli ha attribuito “una funzione conformativa e normativa”. Lo stesso, peraltro, va redatto per iscritto, a pena di nullità (che può essere fatta valere unicamente dal cliente investitore o essere rilevata di ufficio nel solo interesse del medesimo. Cfr. Cass., SU, n. 28314 del 2019), e necessita di un contenuto minimo – che, in quanto prescritto dalla legge, deve avere la medesima forma – costituito dalla indicazione della natura dei servizi forniti, delle modalità di svolgimento del servizio, dell’entità e dei criteri di calcolo della remunerazione dell’intermediario. Il D.Lgs. n. 58 del 1998, peraltro, non fissa detto contenuto minimo, da ricercarsi, invece, nella normativa secondaria, vale a dire nell’art. 30, comma 2 Regolamento Consob n. 11522 del 1998 (nel testo, qui applicabile ratione temporis), secondo cui esso deve: a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche; b) stabilire il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto stesso; c) indicare le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini e istruzioni; d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all’investitore a rendiconto dell’attività svolta; e) indicare e disciplinare, nei rapporti di negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l’esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant; f) indicare le altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l’investitore per la prestazione del servizio.
4.7.2.1. In sintesi, tale contratto reca la definizione specifica della tipologia d’investimenti da eseguire, il range di rischio coerente con il profilo del cliente e la determinazione degli obblighi che l’intermediario è tenuto ad adempiere (cfr. Cass.12937 del 2017, nonché, in motivazione, Cass., SU, n. 28314 del 2019). Il suo perfezionamento, tuttavia, costituisce la condizione necessaria ma non sufficiente perché si realizzino tutti gli effetti scaturenti dal vincolo negoziale assunto dalle parti. Ad esso deve seguire l’effettuazione degli investimenti finanziari, attraverso l’esecuzione degli ordini di acquisto da parte dell’intermediario. Nonostante l’impegno economico per il cliente si determini con la trasmissione degli ordini, la forma scritta, in linea generale, è imposta soltanto per il contratto quadro, salvo diversa disposizione contrattuale voluta dalle parti (cfr. Cass. n. 7093 del 2020; Cass. n. 19759 del 2017; Cass. n. 16053 del 2016), perché in questo testo negoziale si cristallizzano gli obblighi dell’intermediario che il legislatore ha inteso rendere trasparenti, in primo luogo, con la predisposizione di un regolamento scritto. Tale obbligo, come specificato da Cass. SU n. 898 del 2018 (successivamente richiamata, in motivazione, da Cass., SU, n. 28314 del 2019), ha natura e contenuto funzionali e costituisce il primo, (ma non l’unico) ineliminabile strumento di superamento dello squilibrio contrattuale e dell’asimmetria informativa delle parti.
4.7.3. Secondo la giurisprudenza di legittimità, infine, il requisito della forma scritta del contratto quadro, imposta dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 è adempiuto anche quando le parti richiamino per iscritto elementi contenuti in un diverso atto, cui espressamente e specificamente si riportano (cfr. Cass. n. 8751 del 2018), e deve ritenersi assolto pure se il contratto stesso è sottoscritto soltanto dall’investitore, essendo destinato alla protezione effettiva del cliente senza tuttavia legittimare l’esercizio dell’azione di nullità in forma abusiva, in modo da trarne ingiusti vantaggi (cfr. Cass., SU, n. 898 del 2018; Cass. n. 5267 del 2020).
4.7.4. E’ chiaro, dunque, che una siffatta complessa disciplina è imposta dal fatto che quello di regola che viene ad instaurarsi tra l’investitore e l’intermediario (cui si riferisce l’art. 23 TUF) è un rapporto continuativo, nel corso del quale il primo effettuerà uno o più ordini afferenti prodotti/strumenti finanziari emessi da un terzo soggetto, generalmente aventi caratteristiche standardizzate e di cui l’investitore medesimo occorre che sia adeguatamente informato dall’intermediario (e’ opportuno ricordare, poi, che gli artt. 28 e 29 del medesimo Regolamento Consob, nel testo precedentemente indicato come qui applicabile ratione temporis, disegnano più analiticamente quegli obblighi informativi sanciti, in generale, dal già riportato art. 21 TUF).
4.8. Laddove, invece, – come accaduto nella vicenda oggi in esame – si tratti di un rapporto avente ad oggetto un’unica operazione (dunque, non un rapporto continuativo), che, peraltro, intercorra direttamente tra il soggetto emittente il prodotto/strumento finanziario e l’investitore che gliene abbia fatto espressa domanda, richiedendone uno, poi sottoscritto, specificamente ritagliato sulle proprie peculiari esigenze, nulla impedisce che quegli stessi obblighi informativi e le medesime prescrizioni formali desumibili, rispettivamente, dagli artt. 21 e 23 (nonché, oggi, anche 24-bis) TUF, cui l’emittente è tenuto, possano coesistere in un unico contratto:
quello, appunto, afferente l’operazione di sottoscrizione del prodotto/strumento finanziario in fase di sua emissione. Di tanto, del resto, può ricavarsi una logica conferma dal fatto che, ai sensi dell’art. 23 TUF, nella già descritta interpretazione fornitane dalla giurisprudenza di legittimità, la forma scritta a pena di nullità è prevista per il contratto d’intermediazione finanziaria, non anche, per le singole operazioni che ad esso danno esecuzione, per le quali vige il principio della libertà della forma per evitare rallentamenti all’operatività del mercato e conseguentemente le parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, possono prevedere, o meno, nel contratto predetto la forma scritta per i singoli ordini (cfr. Cass. n. 18122 del 2020).
4.8.1. In altri termini, se, come si è già spiegato, anche in ipotesi come quella appena descritta, l’investitore deve beneficiare (diversamente verificandosi un’evidente ed ingiustificata disparità di trattamento tra situazione sostanzialmente analoghe) di una tutela affatto analoga a quella di cui goderebbe ove si avvalesse dell’operato di un intermediatore finanziario per investire in prodotti/strumenti finanziari indirizzati ad una generalità indeterminata di persone e con precise caratteristiche sancite dall’emittente, non e’, perciò solo, necessaria la stipulazione di un contratto cd. quadro accanto (e precedentemente rispetto) a quello riguardante l’operazione di sottoscrizione, ben potendo l’osservanza degli obblighi informativi e delle prescrizioni formali predetti essere assicurata anche uno actu: cioè con il contratto relativo all’unica operazione di sottoscrizione, da stipularsi in forma scritta, a pena di nullità, e recante tutte le indicazioni necessarie a rendere l’investitore concretamente edotto della tipologia e delle caratteristiche del prodotto/strumento sottoscritto, nonché della durata dell’investimento così effettuato.
4.9. Alla stregua delle argomentazioni tutte fin qui esposte, ed in tali sensi integrata, ex art. 384 c.p.c., u.c., la motivazione della sentenza oggi impugnata, ne consegue che le formulate doglianze di SG non sono meritevoli di accoglimento, posto che: i) l’operazione oggetto di controversia ha comportato lo svolgimento, da parte della odierna ricorrente, di un servizio di investimento reso alla controparte; ii) pure in presenza di una negoziazione diretta di un prodotto cd. tailored, cioè “confezionato su misura” in relazione alle specifiche esigenze del singolo cliente che gliene abbia fatto puntuale richiesta, il soggetto emittente deve osservare gli stessi obblighi informativi e le medesime prescrizioni formali desumibili, rispettivamente, dagli artt. 21 e 23 (nonché, oggi, anche 24-bis) TUF. Non e’, però, necessaria, in una siffatta fattispecie, la stipulazione di un contratto cd. quadro, accanto (e precedentemente rispetto) a quello riguardante l’operazione di sottoscrizione, potendo l’osservanza degli obblighi informativi e delle prescrizioni formali predetti essere assicurata anche uno actu, cioè con il solo contratto relativo alla richiesta operazione di sottoscrizione; iii) nel caso di specie, la corte distrettuale, con accertamento di natura evidentemente fattuale, ha sancito non esserci stata “la stipula di alcun contratto scritto, da qualificarsi come contratto quadro relativo al servizio di investimento effettuato da SG in favore di S.L.M.”: accertamento, questo, rimasto non censurato dalla ricorrente; iv) è innegabile che l’art. 36-bis di quest’ultimo Regolamento venne introdotto solo con la Delib. Consob 30 maggio 2007, n. 15961 ed entrò in vigore il successivo 1 luglio 2007, in epoca posteriore, quindi, rispetto alla data dell’operazione oggi in esame, risalente al dicembre 2006: è evidente, però, che, non potendo una fonte di carattere secondario (quale e’, appunto, un regolamento) avere una portata ampliativi di fattispecie previste dalla normativa primaria, il citato art. 36-bis di quel regolamento non ha fatto altro che specificare quanto già desumibile, circa gli obblighi informativi gravanti sulla banca nella vendita in fase di emissione di propri titoli, dal menzionato art. 25-bis TUF.
5. Il ricorso, dunque, va respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza e liquidate come in dispositivo, altresì dandosi atto – in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 – che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto, mentre “spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento”.
PQM
La Corte rigetta il ricorso della Societe’ Generale S.A. e condanna quest’ultima al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla società controricorrente, liquidate in Euro 15.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta lo stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile della Corte Suprema di cassazione, il 5 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021
Codice Civile > Articolo 1236 - Dichiarazione di remissione del debito | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 1933 - Mancanza di azione | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2495 - Cancellazione della societa' | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 1 - Giurisdizione dei giudici ordinari | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 378 - Deposito di memorie | Codice Procedura Civile