Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.21835 del 29/07/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9860/2016 proposto da:

Bar Falco di E.V., in persona del titolare pro tempore E.V., elettivamente domiciliato in Roma, Via Taro n. 56, presso lo studio dell’Avvocato Luigi Tretola, rappresentato e difeso dall’Avvocato Ugo D’Angelo giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Atradius Credit Insurance N. V., quale cessionaria del portafoglio rami cauzioni e assicurazione credito della Società Italiana Cauzioni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giosue’ Borsi n. 4, presso lo studio dell’Avvocato Federica Scafarelli, che la rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato Cristiano Migli, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

Regione Campania, in persona del Presidente della Giunta pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Poli n. 29, presso l’Ufficio di Rappresentanza della Regione Campania, rappresentata e difesa dall’Avvocato Corrado Grande, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3998/2015 della Corte d’appello di Napoli depositata il 14/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/5/2021 dal cons. Dott. Alberto Pazzi.

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Napoli, una volta ritenuta illegittima la revoca del contributo già concesso dalla Regione Campania a E.V., titolare del Bar Falco di E.V., nell’ambito dell’accordo di inserimento formativo per l’assunzione – P.O.R. Campania 2000/2006, stante la mancata specifica dimostrazione dell’inadempimento del beneficiario, condannava l’amministrazione regionale al pagamento del saldo del finanziamento, pari a Euro 23.760.

2. La Corte d’appello di Napoli, a seguito dell’impugnazione presentata dalla Regione Campania, riteneva invece che l’ E. non avesse adeguatamente dimostrato di aver correttamente adempiuto gli obblighi di comunicazione della documentazione necessaria a consentire il controllo sull’effettuazione delle spese e ad assicurare il monitoraggio sull’esecuzione del programma finanziario. Di conseguenza, in parziale accoglimento dell’appello, rigettava la domanda originaria proposta da E.V. e lo condannava al pagamento in favore della Regione Campania della somma di Euro 15.840, in restituzione della parte di finanziamento già percepito. Disattendeva, infine, la domanda di condanna proposta dalla Regione Campania nei confronti di Atradius Credit Insurance N. V. affinché quest’ultima pagasse l’importo dovuto dall’ E. a titolo di garanzia fideiussoria.

3. Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 14 ottobre 2015, ha proposto ricorso E.V. prospettando cinque motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso la Regione Campania e Atradius Credit Insurance N. V..

E.V. e Atradius Credit Insurance N. V. hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

4. Il primo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della decisione impugnata a causa dell’omessa pronuncia sull’eccezione sollevata dall’ E. all’interno della comparsa di risposta, laddove era stato sostenuto che l’atto di appello era stato redatto senza tener conto dei requisiti richiesti dall’attuale testo dell’art. 342 c.p.c..

5. Il motivo è inammissibile.

Il mezzo, pur assumendo che l’atto di appello della Regione Campania risultasse privo dell’apporto argomentativo reso necessario dall’attuale testo dell’art. 342 c.p.c., non ne riporta in alcun modo il contenuto.

Il motivo, così formulato, risulta inammissibile per difetto di autosufficienza, non soddisfacendo l’obbligo previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui lo stesso è fondato.

Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che trova la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – trova infatti applicazione anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali siano contestati errori da parte del giudice di merito; ne discende che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in conseguenza della mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte.

Ciò in quanto l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, proprio per assicurare il rispetto del principio di autosufficienza di tale atto (cfr. Cass. 29495/2020, Cass. 22880/2017, Cass. 86/2012).

6.1 Il secondo motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’appello di Napoli non si sarebbe pronunciata sull’eccezione formulata dall’ E. al momento della sua costituzione in sede di impugnazione, quando aveva sottolineato che le originarie eccezioni della difesa regionale erano state arricchite in sede di appello da un serie di ulteriori inammissibili nuove contestazioni, in violazione dell’art. 345 c.p.c..

6.2 Il terzo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e in relazione all’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza gravata per vizio di ultra o extrapetizione, in quanto la Corte d’appello aveva rilevato una serie di profili di inadempimento dell’ E. malgrado la Regione Campania non avesse mai contestato, nei propri atti, la documentazione di spesa, le modalità di effettuazione della stessa, la mancata trasmissione degli atti di interesse e la realizzazione parziale del progetto.

7. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro connessione, non sono fondati.

7.1. Il vizio di omessa pronuncia deve essere escluso nel caso in cui ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni (Cass. 264/2006).

Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta, quindi, la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: evenienza, questa, che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 24155/2017). Nel caso di specie la Corte d’appello non si è curata espressamente dell’eccezione di violazione del divieto posto dall’art. 345 c.p.c. sollevata dall’appellato, procedendo direttamente all’esame del merito dell’impugnazione ed accogliendo la stessa.

E’ evidente che una simile statuizione sia incompatibile con l’accoglimento dell’originaria pretesa attorea e deponga, invece, per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione in discorso, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. 24953/2020).

7.2 Non è neppure configurabile una violazione dell’art. 345 c.p.c..

La Corte d’appello, infatti, ha constatato che l’amministrazione appellante aveva contestato che il beneficiario avesse assolto l’obbligo di porre in essere tutte le attività per le quali il beneficio era stato erogato, omettendo in particolare di trasmettere documentazione idonea a consentire il controllo sull’effettuazione delle spese e ad assicurare il costante monitoraggio sull’esecuzione del programma finanziato.

Il che corrisponde a quanto già contestato dall’amministrazione in primo grado (per il cui tenore si fa rinvio a quanto testualmente riportato a pag. 12 del ricorso), dove, nel costituirsi in giudizio, la Regione aveva richiamato la propria nota del 2/12/2009, con la quale era stato rilevato che il beneficiario del contributo non aveva ottemperato a quanto previsto dall’atto di concessione rispetto a “monitoraggio e valutazione” e “modalità di certificazione della spesa”.

L’eccezione di inadempimento valorizzata dalla Corte d’appello era stata quindi già proposta, con l’allegazione degli ambiti a cui la stessa si riferiva, avanti al Tribunale e non costituiva un elemento di novità introdotto nell’ambito del giudizio di impugnazione.

7.3 In tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza ma non l’inadempienza dell’obbligato, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento o dell’inesatto adempimento della controparte e spettando, invece, al debitore convenuto l’onere di provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (Cass. 13685/2019). Di conseguenza, una volta constatato come la Regione avesse sollevato, al momento della sua costituzione in giudizio avanti al giudice di primo, l’eccezione di inadempimento da parte dell’ E. agli obblighi assunti nei confronti dell’amministrazione in conseguenza della concessione del finanziamento, sotto i profili sopra indicati, si deve escludere che la Corte di merito si sia spinta oltre i limiti segnati dall’iniziativa processuale delle parti, in quanto non competeva alla Regione allegare e dimostrare specificamente i termini dell’inadempimento del beneficiario del finanziamento, ma era quest’ultimo a dover dare prova “della corretta e integrale esecuzione degli obblighi assunti nei confronti della Regione” (come ha correttamente rilevato la Corte distrettuale a pag. 5 della propria statuizione).

8. Il quarto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e in relazione all’art. 112 c.p.c. e art. 329 c.p.c., comma 2, e art. 2909 c.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione del giudicato interno e vizio di infrapetizione, in quanto la Corte d’appello si sarebbe pronunciata su questioni decise in primo grado, non oggetto di impugnazione e su cui, pertanto, si era formato il giudicato interno.

Più precisamente le circostanze fattuali dedotte e dimostrate dall’ E. in ordine alla corretta esecuzione del progetto, alla formazione e all’assunzione dei lavoratori nonché la documentazione attestante le spese sostenute ed oggetto di rendicontazione non erano mai state contestate – a dire del ricorrente – dalla Regione Campania, “con conseguente uniformarsi della pronuncia del Tribunale di Napoli”, né erano state oggetto dell’atto di appello, “con conseguente loro cristallizzazione”.

Un simile giudicato era stato inspiegabilmente non considerato e totalmente obliterato dai giudici di secondo grado, che avevano ritenuto di pronunciarsi rispetto a questioni sulle quali era invece precluso il loro vaglio.

9. Il motivo non è fondato.

La cosa giudicata si forma sulla decisione delle questioni sostanziali nonché, fra le questioni processuali, su quelle che formano oggetto di accertamento, ai sensi dell’art. 2909 c.c..

Nel caso di specie vi sarebbe stata – a dire dell’odierno ricorrente un’allegazione di circostanze fattuali, peraltro documentate, che non sarebbe stata contestata, a cui avrebbe fatto seguito una constatazione del giudice di primo grado – non impugnata – di una simile mancata contestazione.

Nulla di tutto questo emerge però dal tenore della statuizione del primo giudice.

La sentenza di primo grado, per come riportata, non ha rilevato una mancata contestazione di quanto allegato dall’attore, ma – ben diversamente – ha constatato che l’amministrazione non aveva provato specificamente l’inadempimento dell’altra parte (limitandosi “genericamente a dedurre che l’ E. non avrebbe ottemperato agli obblighi di monitoraggio e valutazione, nonché agli obblighi di certificazione della spesa previsti dagli articoli di cui sopra”).

Una simile statuizione è stata poi oggetto di espressa impugnazione da parte della Regione Campania, la quale ha sostenuto – come registra la sentenza della Corte campana (pag. 3) – che le inadempienze contestate dalla Regione dovevano ritenersi provate. Nessun giudicato interno sussisteva sulle circostanze fattuali dedotte dall’attore, dato che il giudice di primo grado non ha affatto valorizzato circostanze non contestate ai sensi dell’art. 115 c.p.c. ed ha deciso (facendo riferimento alla ripartizione degli oneri probatori) sulla base di argomenti che erano stati oggetto di impugnazione avanti alla Corte di merito.

10. Il quinto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame dei documenti di causa nonché l’errata e omessa valutazione delle risultanze istruttorie e sostiene che la sentenza impugnata, con una motivazione errata, illogica, contraddittoria e smentita dalle risultanze di causa, abbia erroneamente ritenuto che l’ E. non avesse provato il corretto adempimento degli obblighi assunti con la convenzione.

In particolare, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto sia del fatto che era mancata una richiesta espressa da parte delle strutture regionali di invio dei dati del monitoraggio, sia del contenuto della documentazione prodotta, che confermava l’esistenza delle spese sostenute, sia della piena attuazione della formazione del personale e della sua assunzione.

La decisione impugnata, inoltre, avrebbe trascurato di vagliare l’onere probatorio che ricadeva sull’amministrazione, limitandosi ad attribuire al beneficiario il compito di dimostrare il proprio adempimento.

11. Il motivo risulta in parte inammissibile, in parte infondato.

Il mezzo in esame assume che la decisione impugnata sia errata, giacché la sua motivazione risulterebbe smentita dalla documentazione in atti, non adeguatamente vagliata dai giudicanti. Rispetto alle circostanze indicate la doglianza, quindi, lamenta non tanto un omesso esame (o un esame non argomentato), ma un esame non conforme alla lettura che l’odierno ricorrente vorrebbe dare delle emergenze processuali.

Una simile doglianza, tuttavia, non è coerente né con il tipo di censura sollevabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che consente di lamentare l’omissione dell’esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non la valorizzazione di tale fatto in un senso differente da quello voluto dalla parte, né con la denuncia di un vizio di motivazione – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, -, che è volta a rappresentare l’esistenza di una motivazione intrinsecamente inidonea ad assolvere la funzione di rappresentare il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento e rendere così percepibile il fondamento della decisione.

La critica in esame si riduce, quindi, a un tentativo di offrire una diversa lettura delle emergenze processuali, la cui cernita e valutazione competono esclusivamente al giudice di merito e possono essere sindacate in questa sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito.

L’errore di valutazione delle prove, consistente nel ritenere la fonte di prova dimostrativa o meno del fatto che con essa si intendeva provare, non è poi sindacabile avanti a questa Corte, non essendo previsto dalla tassonomia dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione di cui all’art. 360 c.p.c. (Cass. 9356/2017).

Quanto, infine, al vaglio dell’onere probatorio spettante sulla Regione, una volta fatto richiamo a quanto detto più sopra sull’onere per il creditore di provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza ma non l’inadempienza dell’obbligato, è sufficiente rilevare che la Corte distrettuale ha constatato – con una valutazione di merito non rivedibile in questa sede – che l’amministrazione appellante aveva assolto un simile onere (tramite la produzione dell’atto di concessione del finanziamento).

12. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.

Le spese, seguendo la soccombenza, possono essere liquidate soltanto in favore della Regione Campania, nella misura indicata in dispositivo.

Nessuna soccombenza che giustifichi la liquidazione delle spese può invece essere ravvisata in capo all’ E. o alla Regione Campania rispetto ad Atradius Credit Insurance N. V..

Sulla statuizione relativa alla domanda proposta nei confronti della garante in sede di merito non c’e’ stata infatti alcuna impugnazione, dovendosi di conseguenza ritenere che Atradius, la quale sarebbe risultata in ogni caso estranea a qualsiasi esito del presente giudizio, sia stata coinvolta in termini di mera litis denuntiatio (cfr. Cass. 5508/2016, Cass. 2208/2012).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della Regione Campania delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472