LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18548-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FRATELLI RUSPOLI 2, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BALBI, rappresentata e difesa dall’avvocato VITTORIO CASSI’;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 194/2016 della COMM.TRIB.REG. SICILIA SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il 20/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/01/2021 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.
RITENUTO
CHE:
L’Agenzia delle Entrate ricorre contro la sentenza della CTR Sicilia che, confermando la sentenza della CTP di Ragusa, annullava il silenzio rigetto dell’ufficio sull’istanza della contribuente C.R. per il rimborso del 90% delle imposte sulla base della relativa normativa emanata a seguito degli eventi sismici che avevano colpito la Sicilia orientale nel dicembre 1990.
La CTR riteneva che la misura agevolativa si riferisse non solo ai contribuenti che dovevano ancora provvedere al versamento delle imposte relative agli anni interessati, ma anche a chi le imposte le avesse già versate, sebbene come sostituito di imposta.
Per la cassazione di quest’ultima sentenza ricorre l’ufficio sulla base di un motivo.
Si costituisce la contribuente con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
Con l’unico motivo di ricorso l’ufficio deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, nonché della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, (legge di stabilità 2015) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
La CTR avrebbe interpretato erroneamente la normativa che non si applica a coloro che hanno versato le imposte come sostituiti di imposta. Inoltre, tale normativa è stata ritenuta dalla Commissione Europea in contrasto con la normativa comunitaria.
La contribuente eccepisce, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso perché tardivo.
La sentenza di appello è stata, infatti, notificata dalla contribuente all’Agenzia il 17.2.2016, ed il ricorso è stato notificato oltre il termine di 60 giorni dalla ricezione della sentenza.
L’eccezione di tardività appare fondata, e questo preclude l’esame del merito della causa.
In effetti, dal fascicolo di parte della contribuente, in atti, emerge che la sentenza della CTR è stata notificata all’Agenzia, ed in particolare all’ufficio di Ragusa, il 17.2.2016 a mani di un’impiegata.
Il contribuente afferma di avere prodotto anche la copia del deposito della notifica della sentenza presso la CTR, come richiesto dal D.P.R. n. 546 del 1992, art. 38 è ciò sarebbe avvenuto il 12.5.2016.
Sempre dagli atti a disposizione del collegio emerge che la spedizione della notifica del ricorso da parte dell’Agenzia è avvenuta il 13.7.2016, come emerge dalla data sul plico, e quindi certamente oltre i 60 giorni dalla notifica della sentenza.
Dal ricorso dell’Agenzia che afferma espressamente, in apertura, che la sentenza impugnata non è stata notificata, deve dedursi, quindi, che l’Agenzia, evidentemente per un mero disguido, abbia omesso di considerare la notifica della sentenza del febbraio 2016 ed abbia erroneamente preso quale termine di riferimento per il ricorso quello semestrale dalla pubblicazione della decisione, che sarebbe scaduto in effetti a luglio 2016. Come detto, però, la sentenza era stata notificata il 17.2.2016.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
Sono, pertanto, a carico dell’ufficio ricorrente e, tenuto conto del valore della causa, si liquidano in Euro 2.100, oltre ad Euro 200 per esborsi e spese forfettarie nella misura del 15%, oltre oneri di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso perché tardivo.
Condanna l’ufficio ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio, liquidate in Euro 2.100, oltre ad Euro 200 per esborsi e spese forfettarie nella misura del 15%, nonché oneri di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021