Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.21860 del 30/07/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO A. Maria – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. CASTORINA R. Maria – Consigliere –

Dott. NOVIK A. Ton – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15733/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

E.P.F. Comunicazioni s.r.l., in persona del legale rappresentante;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 6949/2014, depositata il 17 dicembre 2014, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/05/2021 dal Consigliere Dott. Novik Adet Toni.

RILEVATO

CHE:

– Con sentenza n. 2949/2014 del 17 dicembre 2014 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva a sua volta accolto i ricorsi riuniti della E.P.F. Comunicazioni s.r.l., avverso gli avvisi di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria, in esito ad attività ispettiva, aveva recuperato l’Iva sulle fatture emesse da Aegis Media Italia s.p.a. per prestazioni di servizi; in particolare, l’amministrazione contestava alla E.P.F. di avere, negli anni di imposta 2005-2006, indebitamente detratto l’Iva addebitata sulle fatture emesse da Aegis Media Italia s.p.a. per cd. “premi impegnativa”, che l’amministrazione finanziaria ha qualificato cessione di danaro a titolo gratuito, come tale non assoggettabile ad IVA.

– i giudici di appello, in adesione alle argomentazioni svolte dal primo giudice, ritenevano che, per il principio della libertà delle forme, non assumeva rilevanza la circostanza che per i cd. “premi impegnativa” non fosse una documentazione scritta e che l’appellante non avesse censurato adeguatamente l’affermazione dei primi giudici secondo cui i premi in questione costituivano una remunerazione specifica nell’ambito dell’attività di intermediazione svolta dal Centro media; portava questa conclusione l’ulteriore circostanza per cui l’ammontare dei premi era determinato “applicando delle percentuali su soglia di fatturato crescenti”, dimostrando “che in tale determinazione non è indifferente l’attività di intermediazione svolta dal centro media e il suo risultato, che trova nel premio una corrispondente remunerazione”;

– avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione sulla base di un unico motivo, cui non replica l’intimata.

CONSIDERATO

CHE:

– Con l’unico motivo proposto, l’Agenzia deduce la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 34 e art. 118 disp. att.. In combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4; violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” osservando che dal PVC della Guardia di Finanza, diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione regionale, emergeva con chiarezza, l’assenza di corrispettività dei bonus riconosciuti; infatti, l’esame dei contratti aveva evidenziato l’assenza di un impegno contrattuale a carico del Gruppo Aegis e che il riconoscimento dei premi era a titolo gratuito, come tale fuori campo dell’Iva;

– la censura è fondata;

– questa Corte, in fattispecie analoga alla presente controversia, ha affermato il principio di diritto per cui “Ai fini della assoggettabilità ad IVA di una prestazione di servizi, e del conseguente diritto alla detrazione dell’imposta assolta, l’onerosità dell’operazione è riconoscibile solo quando tra l’autore della prestazione ed il suo destinatario intercorra un rapporto giuridico di scambio di adempimenti sinallagmatici, per cui il compenso ricevuto dal primo costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato al secondo, con la specificazione che il fatto generatore dell’IVA va identificato nella materiale esecuzione di una prestazione “individualizzabile”, tale, cioè, da costituire condizione di esigibilità del corrispettivo. (Così statuendo, la S.C. ha escluso l’assoggettabilità ad IVA dell’ipotesi dei cd. “premi impegnativa”, per mancanza di un legame diretto ed immediato tra prestazione e corrispettivo, conseguentemente escludendo il diritto del destinatario della prestazione alla detrazione dell’IVA, possibile solo quando l’imposta assolta sia dovuta). (Sez. 5 -, Sentenza n. 14406 del 09/06/2017, Rv. 644548 – 01);

– nel percorso motivazionale di detta decisione, si è osservato che, ai fini della assoggettabilità ad IVA di una prestazione di servizi, e del conseguente diritto alla detrazione dell’imposta assolta, per giurisprudenza costante una prestazione di servizi è effettuata “a titolo oneroso”, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lettera c), della sesta direttiva IVA, soltanto quando tra l’autore di tale prestazione e il suo destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avviene uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, per cui il compenso ricevuto dal primo costituisce il controvalore effettivo del servizio fornito al secondo (Corte giust. in causa C-653/11, punto 40; 27 marzo 2014, causa C-151/13, Le Rayon d’Or, punto 29 e giurisprudenza ivi richiamata, anche antecedente ai fatti di causa);

– si è quindi puntualizzato che “Questa nozione di prestazione di servizi si specchia nel diritto interno, giacché secondo il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3 “costituiscono prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da…”. La prospettiva della “realtà economica e commerciale” induce dunque ad aver riguardo precipuo all’operazione, ma comporta comunque la necessità dell’esistenza del nesso corrispettivo tra prestazione e compenso (sulla necessaria sinallagmaticità delle prestazioni di servizi, per la loro imponibilità ai fini dell’iva, vedi Cass., sez.un., 15 marzo 2016, n. 5078). Risalta dunque, anche in questa prospettiva, la forza qualificante della corrispettività e non della mera onerosità, che si traduce nella reciprocità assicurata dallo scambio (…..) scambio, che, ai fini dell’iva, non necessariamente dev’essere lucrativo, essendo indifferente il risultato dell’operazione economica (Corte giust. 22 giugno 2016, causa C267/15, Gemeente Woerden, punto 40, a proposito della pattuizione di un prezzo inferiore ai costi sostenuti). Lo scambio pretende: a. – la configurabilità di un rapporto giuridico da cui scaturiscano le attribuzioni patrimoniali; b. – la reciprocità delle attribuzioni, data dalla sussistenza di un nesso diretto tra il servizio fornito al destinatario ed il compenso da costui corrisposto. Giova rimarcare che il fatto generatore dell’iva e, dunque, l’insorgenza della correlativa imponibilità vanno identificati con la materiale esecuzione della prestazione, di modo che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 3, a norma del quale “le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo”, va inteso nel senso che il conseguimento del compenso coincide non con l’evento generatore del tributo, bensì, per esigenze di semplificazione funzionali alla riscossione, soltanto con la sua condizione di esigibilità, estremo limite temporale per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione (Cass., sez.un., 21 aprile 2016, n. 8059). Il pagamento del corrispettivo non è per conseguenza essenziale al riscontro del carattere oneroso che l’operazione deve assumere per costituire presupposto dell’imposta, occorrendo, invece, aver riguardo alla fase in cui la prestazione è in concreto eseguita, per verificarne la relazione di reciprocità col corrispettivo. Occorre, in particolare, non soltanto la prova che dal rapporto giuridico siano scaturite le attribuzioni reciproche, ma anche che il compenso sia convenuto come “corrispettivo di un servizio individualizzabile fornito nell’ambito di un siffatto rapporto giuridico” (così Corte giust. 18 gennaio 2017, causa C-37/16, Minister Finansów c. Stowarzyszenie Artystów Wykonawców Utworów Muzycznych i Siowno-Muzycznych SAWP (SAWP), punto 27)”;

– in conclusione, in applicazione dei principi di cui sopra, che questo Collegio condivide e riafferma, deve escludersi l’assoggettabilità ad IVA dei premi in parola, in mancanza di un legame diretto ed immediato tra prestazione e corrispettivo, derivandone, in tale evenienza, l’esclusione del diritto del destinatario della prestazione alla detrazione dell’IVA, ipotizzabile solo quando l’imposta assolta sia dovuta;

– ciò posto, osserva il Collegio come dagli atti di causa non si desuma alcun elemento che dimostri la stipula di un accordo contrattuale sinallagmatico tra le due società;

– al riguardo, la CTR muove dal presupposto indimostrato – ed omettendo di considerare i plurimi elementi allegati dall’Ufficio alla pag. 14 del ricorso (dichiarazioni della stessa parte, risultanze relative agli accordi contrattuali contenute nel PVC), così da addossare impropriamente all’Ufficio un onere della prova più gravoso, incombendo, per contro, alla contribuente l’onere della prova contraria – che i premi impegnativa costituiscono una remunerazione specifica nell’ambito dell’attività di intermediazione svolta dai Centri Media, propugnando un’interpretazione dei rapporti contrattuali delle parti, avulsa dagli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza;

– emerge dunque l’erroneità della decisione impugnata, che non ha correttamente interpretato e applicato le disposizioni di legge rilevanti ed afferenti al presupposto impositivo IVA, attribuendo ai trasferimenti di denaro, pur non sussistendo contratti scritti tra la ricorrente e la Aegis, la qualificazione “di intermediazione”, inspiegabilmente trascurando gli elementi presuntivi addotti dall’Ufficio da cui emergeva che non erano avvinti da un vincolo di corrispettività;

– in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione per un nuovo esame e per la regolazione delle spese processuali, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021

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