LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6591-2017 proposto da:
C.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato MICHELE TORRE, per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ALGHERO, rappresentato e difeso dall’Avvocato MARIA GRAZIA MURRU, per procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 410/2016 del TRIBUNALE DI SASSARI, depositata il 10/3/2016, a seguito di ordinanza di inammissibilità pronunciata dalla corte d’appello di Cagliari a norma dell’art. 348 ter c.p.c.
in data 22/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 2/3/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’opposizione che C.A. aveva proposto nei confronti dell’ordinanza n. 158 del 26/9/2014 con la quale il Comune di Alghero, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 18 gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 1.505,88, a titolo di sanzione pecuniaria, per aver violato l’art. 18, comma 1, del regolamento CE 178/2002.
Il tribunale, in particolare, dopo aver premesso che l’ordinanza che ingiunge il pagamento di una sanzione amministrativa può essere motivata anche per relationem, e cioè mediante il richiamo di altri atti del procedimento amministrativo ed, in particolare, del verbale di accertamento, già noto al trasgressore in virtù della preventiva contestazione obbligatoria, ha ritenuto che l’ordinanza impugnata, avendo precisato la violazione addebitata al ricorrente, anche sotto il profilo temporale, e rinviando, per “la specificazione della condotta addebitata”, al rapporto della Capitaneria di Porto, era stata correttamente motivata.
Il verbale di accertamento e di contestazione, ha aggiunto il tribunale, è risultato “adeguatamente supportato da ragioni sia giuridiche sia soprattutto relative alla concrete circostanze di fatto emerse nel corso dell’accertamento”: gli agenti accertatori, infatti, nel verbale di accertamento del *****, hanno dato atto di aver accertato e contestato al C. la violazione degli obblighi in materia di rintracciabilità dei prodotti alimentari, “stante la mancata individuazione del soggetto che ha fornito l’alimento”.
Nel verbale di ispezione, peraltro, ha aggiunto il tribunale, è stato precisato che la violazione riguardava le prescrizioni di cui all’art. 18, comma 1, del regolamento CE 178/2002, punito ai sensi del D.Lgs. n. 190 del 2006, art. 2.
Ne’, ha proseguito il tribunale, rileva il fatto che, nel verbale, non si sia dato atto che l’alimento in questione fosse un determinato quantitativo di vongole posto che, come risulta dal verbale, il C. era presente al momento dell’ispezione e, sebbene non abbia dichiarato nulla agli accertatori, è stato chiaramente edotto circa il fondamento della sanzione per cui il suo diritto di difesa non è stato in alcun modo pregiudicato.
Il verbale di accertamento, infine, ha concluso il tribunale, notificato al C. il giorno stesso dell’ispezione, fa piena prova, fino a querela di falso (che, nel caso in esame, non è stata proposta), dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, le cui risultanze, pertanto, possono essere senz’altro utilizzate al fine di accertare l’intervenuta violazione.
C.A. ha proposto appello avverso la sentenza del tribunale.
La corte d’appello di Cagliari, con ordinanza depositata il 22/12/2016 e comunicata in pari data, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., non avendo il gravame una ragionevole probabilità di essere accolto.
C.A., con ricorso notificato il 22/2/2017, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza del tribunale.
Il Comune di Alghero ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, ha lamentato la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies in relazione agli artt. 1325 e 1418 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale non ha dichiarato la nullità dell’ordinanza-ingiunzione perché privo, in violazione della L. n. 241 cit., dell’art. 21 septies dell’elemento essenziale costituito dall’oggetto della condotta contestata all’opponente, e cioè il tipo di alimento per il quale la sanzione amministrativa è stata elevata, al pari, peraltro, del verbale di accertamento della condotta contestata, che rende, quindi, inefficace la motivazione per relationem dell’ordinanza-ingiunzione opposta.
2. Con il secondo motivo, il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, ha lamentato la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale, dopo aver ritenuto che l’ordinanza-ingiunzione può essere motivata per relationem mediante il richiamo agli atti del procedimento amministrativo ed in particolare al verbale di accertamento, ha, poi, contraddittoriamente, affermato che era irrilevante il fatto che il verbale non aveva dato atto che l’alimento in questione fosse un determinato quantitativo di vongole.
3. Con il terzo motivo, il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, ha lamentato la violazione/falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 18, comma 2 e della L. n. 241 del 1990, art. 3 censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale non ha dichiarato la nullità dell’ordinanza-ingiunzione perché motivata per relationem mediante il richiamo ad un altro atto del procedimento che, a sua volta, era sprovvisto dell’oggetto della condotta contestata.
4. Con il quarto motivo, il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, ha lamentato la nullità della sentenza e del procedimento per motivazione assente o meramente apparente e per violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale non ha dichiarato la nullità del provvedimento per indeterminatezza dello stesso nonostante la genericità della descrizione dell’oggetto della condotta contestata.
5.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. Intanto, trova applicazione il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 8649 del 2006; Cass. n. 16316 del 2020), condiviso dal collegio, in forza del quale l’ordinanza ingiunzione irrogativa di una sanzione amministrativa non deve avere una motivazione analitica e dettagliata come quella di un provvedimento giudiziario, essendo sufficiente che sia dotata di una motivazione succinta, purché dia conto delle ragioni di fatto della decisione, che possono anche essere desunte per relationem dall’atto di contestazione. Nel caso di specie, a meno di travisamenti delle risultanze processuali (peraltro neppure dedotte e, comunque, denunciabili non in sede di legittimità ma con la revocazione di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4), la sentenza impugnata non è incorsa in malgoverno dei suesposti principi, avendo dato espressamente atto che l’ordinanza-ingiunzione impugnata era dotata di motivazione, sia pur per relationem, e cioè mediante il richiamo agli atti del procedimento amministrativo ed, in particolare, per ciò che riguardava “la specificazione della condotta addebitata”, al verbale di accertamento (incontestatamente già noto al trasgressore), il quale, a sua volta, come accertato dal tribunale, ha esposto tanto i fatti emersi nel corso dell’accertamento, e cioè la mancata individuazione del soggetto che aveva fornito l’alimento, quanto le norme delle quali è stata contestata la violazione, e cioè il D.Lgs. n. 190 del 2006, art. 2 che punisce l’inosservanza degli obblighi in materia di rintracciabilità dei prodotti alimentari di cui all’art. 18, comma 1, del regolamento CE 178/2002.
5.2. Ne’, d’altra parte, rileva il fatto che l’ordinanza non avesse indicato il tipo e il quantitativo di prodotto fornito: il provvedimento con cui l’autorità amministrativa irroga al trasgressore una sanzione amministrativa e’, infatti, censurabile da parte del giudice dell’opposizione solo nel caso in cui l’ordinanza impugnata risulti del tutto priva di motivazione (ovvero corredata di motivazione soltanto apparente), non anche nell’ipotesi in cui la stessa risulti insufficiente posto che l’eventuale giudizio d’inadeguatezza motivazionale si collega ad una valutazione di merito non spettante al giudice ordinario, il cui giudizio, a seguito dell’opposizione, ha per oggetto non già, come sembra ritenere il ricorrente, il provvedimento (ed i suoi eventuali vizi, qual e’, in ipotesi, la motivazione inadeguata per la mancata indicazione dell’alimento costituente l’oggetto della condotta punita) ma solo il rapporto sanzionatorio (del quale, peraltro, il giudice conosce con pienezza di poteri e su tutti i profili, tanto di fatto, quanto di diritto) ad esso sotteso (Cass. n. 2959 del 2016; Cass. n. 11280 del 2010), e cioè, in sostanza, la effettiva commissione della condotta (attiva ovvero omissiva) contestata all’opponente e la sua riconducibilità alle norme che prevedono la sanzione che gli è stata inflitta.
6. Il ricorso, per l’infondatezza di tutti i suoi motivi, dev’essere, quindi, rigettato.
7. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
8. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 1.600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 2 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021
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