LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 31680-2020 proposto da:
M.P., Z.R., elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE DEI MELLINI, 24, presso lo studio dell’avvocato CARLO CONTALDI LA GROTTERIA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO DE NARDIS giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALFREDO FERRARI giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché contro PROCURA REGIONALE, Z.A., M.B., ZA.ST., B.P.;
– intimati –
avverso il decreto della CORTE CONTI TRENTINO ALTO ADIGE SEZ. GIURISD. di TRENTO, depositata il 16/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/07/2021 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO;
Lette le memorie depositate dai ricorrenti.
RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE
1. La Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per il Trentino Alto Adige/Suedtirol – Sede di Trento, con la sentenza n. 45 del 2020 depositata in data 30/9/2020 ha definito il giudizio di responsabilità contabile promosso dalla Procura Regionale presso la Corte dei Conti di Trento nei confronti di Z.R., M.P., Z.A., Za.St., M.B. e B.P., in relazione al danno erariale derivante dall’esecuzione di un trattamento antiscivolo sulla pavimentazione del complesso ospedaliero “*****” di Pergine Valsugana, riconoscendo, a fronte della iniziale richiesta della Procura Regionale, un danno complessivo di Euro 1.637,90 (pari allo 0,75 % delle iniziali richieste oggetto di contestazione), imputando in particolare al M. ed allo Z. una quota del 10% pro capite.
Nel corso del processo, la Corte territoriale aveva disposto una consulenza tecnica d’ufficio affidata all’ing. G.R., al fine di descrivere i lavori eseguiti e di individuare le cause del lamentato danno erariale, consulenza alle cui risultanze la Corte si era sostanzialmente attenuta.
Con Decreto n. 40 del 2020 del 16 novembre 2020, il Presidente ha liquidato il compenso in favore dell’ausiliario d’ufficio determinandolo nell’importo di Euro 15.942,93, oltre accessori di legge, ponendolo in solido a carico di tutti i soggetti nei cui confronti era stata proposta la domanda di responsabilità erariale.
2. Per la cassazione di tale decreto hanno proposto ricorso straordinario ex art. 111 Cost., comma 7, Z.R. e M.P..
G.R. ha resistito con controricorso.
Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.
In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato memorie.
3. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 133,112 e 113 c.p.c. nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 2740 c.c..
Si evidenzia che la sentenza che ha deciso la controversia dinanzi al giudice contabile è stata pubblicata il 30/9/2020 mentre il decreto impugnato è stato depositato il successivo 16/11/2020.
Con la pubblicazione della sentenza il giudice però si spoglia del potere decisionale e conseguentemente non poteva nemmeno statuire sulla liquidazione dei compensi dovuti all’ausiliario, con la conseguente violazione degli artt. 133,112 e 113 c.p.c..
Inoltre, il procedimento di liquidazione è stato attivato in carenza di potere ed in difetto di contraddittorio, con la violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost..
La liquidazione lede altresì il principio della garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c., in quanto il debitore risponde con il suo patrimonio solo nei confronti dei creditori muniti di un valido titolo.
Si richiamano altresì i precedenti di questa Corte che hanno affermato che, una volta definito il giudizio, il giudice non ha più il potere di liquidare i compensi al proprio ausiliario, sicché il provvedimento tardivamente emesso è suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost..
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 51 comma 1, art. 52 comma 1, in quanto la liquidazione non terrebbe conto dei parametri normativi in esame, essendo stato liquidato un compenso che eccede il valore massimo dovuto in base allo scaglione di riferimento, essendo altresì carente una specifica motivazione circa le ragioni in base alle quali il compenso massimo sia stato raddoppiato.
4. Il ricorso è inammissibile.
Ritiene la Corte che debba darsi continuità ai principi ricavabili da Cass. S.U. n. 22375/2020 che ha per l’appunto affermato che, in tema di sindacato della S.C. sulle decisioni del Consiglio di Stato, è inammissibile il ricorso avverso il decreto di liquidazione del compenso del verificatore per violazione di legge, anche ove proposto al solo fine di denunciare l’abnormità del provvedimento per intervenuta decadenza, il D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 71, né, in tal caso, è configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale, non venendo in rilievo una ipotesi di difetto assoluto o di difetto relativo di giurisdizione, bensì la prospettazione di “errores in procedendo o in iudicando”, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente i limiti interni della giurisdizione.
Nel precedente richiamato era stata invocata l’abnormità e, quindi, la nullità del decreto del Consiglio di Stato, per la violazione degli artt. 66 c.p.a., 71 TU n. 115/2002, nonché la violazione dei criteri di liquidazione del compenso, ed è stato affermato che sul decreto di liquidazione del compenso del verificatore reso dal Consiglio di Stato non è comunque certamente ammissibile la proposizione di ricorso per cassazione per violazione di legge, nemmeno al fine di denunciare che il giudice non avesse il potere di procedere alla liquidazione in favore dell’ausiliare.
In relazione alla liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice contabile, va ribadita la generalizzata applicabilità delle norme di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, per effetto della previsione espressa di cui all’art. 2, mentre, quanto alle regole procedurali, va ricordato che, ai sensi del D.Lgs. n. 174 del 2016, art. 97 comma 6 (codice della giustizia contabile), il compenso complessivamente spettante al consulente d’ufficio è liquidato, al termine delle operazioni, dal presidente con decreto, ponendolo provvisoriamente a carico di una delle parti e che con la sentenza che definisce il giudizio il collegio regola definitivamente il relativo onere.
Anche in relazione al decreto qui impugnato deve ritenersi inammissibile la deduzione della violazione di legge, ancorché finalizzata a far rilevare che il giudice avesse perso il potere di procedere alla liquidazione del compenso, assumendosi che sia maturata una decadenza tale da rendere il provvedimento abnorme.
Ne’ risulta configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale da parte del giudice speciale censurabile in cassazione, non potendosi estendere il controllo di giurisdizione su provvedimenti, pur prospettati come abnormi o anomali, ove si tratti di denunciare, non una ipotesi di difetto assoluto o di difetto relativo di giurisdizione, come definiti dalla Corte costituzionale con sentenza n. 6 del 2018, quanto errores in procedendo o in iudicando, il cui accertamento rientra nell’ambito del sindacato afferente ai limiti interni della giurisdizione.
5. Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza, come liquidate in dispositivo Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, per gli intimati che non hanno svolto attività difensive.
6. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2021